Applausi per Rocca e gli altri subalpini

Applausi per Rocca e gli altri subalpini Con Taverna all'Auditorium Applausi per Rocca e gli altri subalpini TORINO — // ventiduesimo concerto della stagione sinfonica della Rai è stato interamente dedicato a musiche di cinque compositori torinesi contemporanei. Apriva il programma il Momento sinfonico dall'opera «Monte Ivnor» di Ludovico Rocca, già direttore del Conservatorio di Torino dal 1940 al 1966 ed apprezzato autore di opere teatrali che le ragioni della moda hanno quasi completamente espulso dal repertorio do- ve un tempo avevano una certa continuità di presenza. Ed immeritatamente: ogni volta che i corsi e i ricorsi della fitta programmazione musicale ci danno modo di ascoltare un pezzo di Rocca resta infatti il disappunto di non conoscere meglio questo compositore che sempre colpisce per l'elevatezza e la compiuta originalità del suo pensiero musicale. Il Momento sinfonico, eseguito l'altra sera sotto la direzione puntualissima e vibrante di Giampiero Taverna, è uno squarcio fiammeggiante di musica orchestrale in cui si ammira, accanto al magistrale dominio della strumentazione, la densa e pastosa fluenza del discorso sinfonico. C'è in questa musica del 1939 l'eco della tradizione italiana, nella dilatata espansione del canto, ma insieme un'inquietudine, una densità come di vulcano in ebollizione, che fanno pensare ad una sorta di Berg mediterraneo per le furibonde escursioni altimetriche dell'espressione e la rapidità travolgente del passo temporale. Rocca è stato festeggiato a lungo dal pubblico, per la verità un po' scarso, presente in sala; attorno a lui, come al loro decano, si stringevano pure gli altri quattro compositori protagonisti di questa piccola sagra della musica subalpina: Correggia, Ferrari, Quaranta e il giovanissimo Ferrerò. Del primo si è ascoltato Galaxies in prima esecuzione assoluta: un pezzo che ripropone la scrittura raffinata di questo musicista, vicino alle posizioni avanzate dell'avanguardia di cui ha fatto proprio l'interesse per la fissazione del suono in fasce statiche, prive di decorso temporale e trascoloranti in una multiforme varietà timbrica e dinamica; particolarmente curioso il finale in cui il discorso pare improvvisamente tematizzarsi e chiudere la pagina in una sorta di trionfalistica perorazione wagneriana (vien quasi in mente l'esito del Rheingoldj. Al pezzo di Correggia seguiva il Concerto a quattro di Giorgio Ferrari. L'organico di questa composizione comprende un quartetto con pianoforte (che l'altra sera era addirittura il Quartetto di Torino formato da Mosesti, Pozzi, Brancaleon e Giarbella) ed un'orchestra sinfonica in chiave vivacemente dialogante con il gruppetto del «concertino»: nel quale i tre archi rappresentano le ragioni del lirismo e del canto mentre il pianoforte partecipa, alternativamente, al discorso dei solisti e a quello più scattante, ritmico ed energetico dell'orchestra. Dopo questo pezzo che si ascoltava per la prima volta ed in cui si può riconoscere la vena tipicamente artigianale, in senso stravinskiano ed hindemithiano, di Giorgio Ferrari, il programma proponeva la cantata San Miguel per baritono ed orchestra di Felice Quaranta su testo di Garda Lorca. Quaranta è l'attuale direttore del Conservatorio di Torino: possiede una scrittura limpida e delicata che in questa cantata avvolge la voce declamante del baritono con una raffinata trama timbrica in cui l'economia dei mezzi è stimolo ad un'invenzione eclettica e chiaroscurata, Per finire, il programma presentava il Siglied del ventiseienne Lorenzo Ferrerò che del «gruppo» è il più giovane: il suo pezzo è uno studio sui suoni armonici basato su un frammento della pucciniana Manon Lescaut, peraltro irriconoscibile, e dilatato in una fissità ipnotica che ricorda il misticismo contemplativo della scuola americana, particolarmente quello di Feldmann. L'orchestra sinfonica della Rai è stata guidata con estrema perizia da Giampiero Taverna che della musica d'avanguardia ha fatto una propria specialità personale: il successo non poteva mancare ed è stato caloroso per tutti gli autori presenti in sala e chiamati insistentemente dai direttore sul palcoscenico. p. gal.

Luoghi citati: San Miguel, Taverna, Torino