Chiusi i manicomi nessuna assistenza

Chiusi i manicomi nessuna assistenza Chiusi i manicomi nessuna assistenza Mancano ambulatori, comunità alloggio, servizi psichiatrici, tutte le strutture alternative La macchina manicomiale si è finalmente fermata dopo 74 anni di disonorevole servizio, ma il problema del malati di mente è rimasto in piedi perché la riforma non ha fatto altro che ribaltare all'esterno tutti i nodi dell'assistenza, senza avere pensato a creare in tempo le strutture adatte per risolverlo. Il sindacato dei medici che lavorano negli ospedali psichiatrici in via di smantellamento, ha denunciato questa lacuna e all'assessore regionale alla Sanità, Enrietti, ha ripresentato nei giorni scorsi un documento ricco di proposte. E' lo stesso che gli psichiatri hanno inviato alla Regione 11 21 novembre dello scorso anno e che fa rilevare come deve essere strutturato il servizio sul territorio. Hanno detto: « La nuova legislazione è molto vaga a proposito delle strutture intermedie (ambulatori, comunità alloggio, ospedali diurni, centri di prevenzione e di riabilitazione) e genericamente parla di cure extraospedaliere. Noi riteniamo che proprio fuori dei reparti si debba svolgere la maggior parte del nostro lavoro, ma a tutfoggì non esiste alcun centro idoneo ». Il documento afferma che alla chiusura del manicomi bisogna dare risposte differenziate e articolate, avendo come quadro costante di riferimento « lo spostamento dell'asse assistenziale e come obiettivi fondamentali la lotta alla cronicizzazione, all'emarginazione e la promozione del benessere psico-sociale dei cittadini ». Per attuare questi principi dicono che una seria politica psichiatrica deve prevedere l'Istituzione di un « ambulatorio o dispensario di salute mentale », destinato all'attività di diagnosi, cura e consulenza, di un « servizio di psichiatria dipartimentale » dotato di guardia medica e composto da unità di ricovero e di strutture para ospedaliere. Inoltre aggiungono che è necessaria la creazione di un « ospedale diurno », a struttura zonale, per 1 trattamenti curativi e riabilitativi, di una « comunità alloggio "protetta" » per quella fascia di persone che non hanno la possibilità di essere autonome, di strutture differenziate per gli alcolisti e 1 tossicomani, e di strutture con compiti prevalentemente assistenziali e di promozione sociale per i soggetti non più bisognosi di cure. Perché i medici affermano che le loro proposte devono diventare operative nel più breve tempo possibile? Dice il dott. Annibale Crosignani: « In questa fase di transizione i pazienti corrono tre pericoli: l'abbandono, la criminalizzazione, la privatizzazione del servizio. Nel primo caso ci vuole molta attenzione e bisogna premettere che l'infermo non ha coscienza del suo male e che l'approccio terapeutico è sempre difficile. Se mancano le strutture adatte sarà in balìa della società e pagherà duramente ogni sua azione », Non meno importante è la criminalizzazione del soggetto che soffre di disturbi mentali, visto che con la riforma al malato non viene più negata la capacità d'agire, salvo casi eccezionali derivanti dal ricovero obbligatorio « che per legge non potrà mai essere definitivo ». In merito ai ricoveri in ospedale aggiunge il dott. Giuseppe Luciano: « Ci finiranno solo i casi gravissimi, ma quelli che chiedono di essere ospitati, dove li metteremo? Molti finiranno in strada e correranno il rischio di restare nella disperazione della loro malattia ». L'ultimo rischio per il paziente, se la riforma non raggiunge in breve tempo gli obiettivi previsti, è quello di finire in un manicomio di lusso, la casa di cura privata. Afferma il dott. Mario Perini: « La privatizzazione è in agguato e già in passato sono stati compiuti errori. Mi riferisco allo sfoltimento degli ospedali psichiatrici che si è risolto con la convenzione di 900 posti letto nelle cliniche. E' stata una falsa demanicomializzazione, la stessa che avverrà se la legge non riuscirà ad impostare servizi efficienti, che stanno fra gli ospedali e gli ambulatori ». Emanuele Monta

Persone citate: Annibale Crosignani, Enrietti, Giuseppe Luciano, Mario Perini