Che cos'è la primavera di Pechino di Ennio Caretto

Che cos'è la primavera di Pechino IN CINA E' INCOMINCIATA LA SECONDA "LUNGA MARCIA,, Che cos'è la primavera di Pechino Prima si affermava: "Dare la precedenza alla formazione intellettuale significa staccarsi dalla linea proletaria" - Ora si ribatte: "Il miglior modo d'essere comunista è studiare, studiare e ristudiare" - Si costruiscono alloggi, sono scomparsi i " tazebao " DI RITORNO DALLA CINA — Molto è cambiato negli ultimi mesi, e molto camolerà ancora nei prossimi, nel vasto Paese senza Guardie Rosse del presidente Hua Kuo-feng e del vicepresidente Teng Hsiao-ping. Dopo quasi tre lustri di conflitti, inaugurati dalla «grande rivoluzione culturale proletaria», e chiusi dalla cattura della «banda fascista dei quattro», il nuovo corso degli eredi di Mao Tse-tung e di Ciu En-lai prevede che «si rimetta profondamente ordine attraverso la terra ». Tutto indica che il 1978 è un anno di svolta o, come dicono i cinesi, l'inizio della seconda lunga marcia. E se le forti inquietudini e i contrasti che si celano dietro l'impegno unitario del partito rendono difficile prevederne gli sviluppi, l'obiettivo finale appare invece chiaro: trasformare la Cina in «un potente, avanzato Stato socialista con le quattro modernizzazioni dell'industria, dell'agricoltura, della tecnologia e della difesa». / cambiamenti sono incominciati all'XI Congresso comunistcLt a meno di un an. no dalla morte di Mao Tse-tung, nell'agosto del '77. Cooptando le istanze di Ciu En-lai, Hua Kuo-feng e Teng Hsiao-ping hanno mobilitato forze e istituti già paralizzati dagli eccessi anarchici. Stesa la nuova Costituzione, indetto il V Congresso Nazionale del Popolo, essi hanno cercato di rivitalizzare le antiche strutture dello Stato. Dalla cruciale conferenza tecnologica e scientifica dello scorso marzo, che ha sancito i principi dell'efficienza e del professionalismo («rossi ed esperti»), altre si sono susseguite senza interruzio- ni: le conferenze sulla metallurgia e sull'agricoltura per il rilancio dei prodotti di base, quella militare per il miglioramento dell'esercito, quella degli scrittori e degli artisti. E per l'autunno sono in preparazione congressi decisivi: l'XI dei Sindacati, il primo dal lontano 1957, e quello della Lega Giovanile. I segni esteriori del rinnovamento, che hanno indotto un veterano della diplomazia francese quale Francois Missoffe a parlare (impropriamente) di una «primavera di Pechino», si affacciano sicuri e numerosi. E' in costruzione nella capitale una grande quantità di alloggi, mentre i negozi denunciano una relativa abbondanza di generi primari di consumo. Torna in auge il teatro classico, prima bandito dalla formidabile consorte di Mao Tse-tung, la «dittatrice culturale» Chiang Ching, anima «dei quattro». Viene incoraggiata la dialettica dei cittadini, in base al detto maoista: «Lasciamo sbocciare cento fiori, lasciamo rivaleggiare cento scuole». Scompaiono i tazebao dai muri delle fabbriche e delle università e i « Libretti rossi » dalle vetrine delle librerie. Si condanna la xenofobia, ripubblicando Balzac, organizzando concerti di Beethoven e aprendo le frontiere al turismo di massa occidentale. Colpisce per la sua perentorietà il rinnovamento nella scuola, nella scienza, e nel lavoro. Dove «i quattro» affermavano che «dare la precedenza alla formazione intellettuale significa staccarsi dalla linea proletaria», Hua Kuo-feng e Teng Hsiao-ping asseriscono che il miglior modo d'essere comunista per un giovane « è studiare, studiare e ristudiare». Essi non chiedono più alle ultime generazioni di ribellarsi ma di obbedire, e propongono come metro di misura il merito anziché l'agitazione. Ripristinati gli esami di anno in anno, rese più rigido il sistema del numero chiuso all'università, esigono altresì «una triplice unione» dagli insegnanti, dalla società e dalla famiglia. L'attività delle organizzazioni studentesche viene limitata al tempo libero e alla «critica civile» dell'insegnamento. E su tutto si ergono, condizionanti, le esigenze dello sviluppq_nazionale, la mèta del 2000. E' rovesciato altresì l'as- n e e e a e e o n e e l . i a e i i sioma «fittizio di sinistra» secondo cui vale di più «un operaio poco istruito che un aristocratico colto». Al primato indiscusso del dogma politico subentra la rincorsa tra rivoluzione ideologica e rivoluzione tecnologica. Si riconosce alla ricerca, già osteggiata « dai quattro ». non solo il bisogno di stru menti adeguati, ma soprattutto di tranquillità morale. Restituita alle sue tradizionali funzioni di controllore del volontarismo e di garante del progresso, l'Accademia delle Scienze si presenta come il futuro, autentico interlocutore del partito. Il suo presidente, il più che ottuagenario poeta Kuo Mo-jo, immagina un Rinascimento della Cina socialista, paragonandolo a quello della storia occidentale, «un'epoca che, bisognosa di giganti, partorì giganti». La vecchia obiezione di Winkle a Stalin: «Ma non avete paura d'istruire tanta gente?» incontra la risposta: «Non si può impedire a un bambino d'imparare a camminare per il timore che possa cadere». Il rinnovamento rivela il suo senso più schietto, di ripulsa del «revisionismo» di Liu Shao-chi, l'ex-capo dello Stato amico di Kruscev, e degli « estremismi » di Lin Piao e «dei quattro», nel settore dell'industria. L'organo amministrativo delle fabbriche creato dalle Guardie Rosse, il Comitato Rivoluzionario, viene sostituito da una direzione tecnica, mentre si studiano altre forme di partecipazione operaia nelle aziende. Sull'onda del recente aumento salariale di circa metà della manodopera cinese, si preparano gli incentivi materiali sanciti dalla Costituzione e le prime ferie continuate — sette giorni all'anno — della Repubblica popolare. Addossando all'assemblearismo e all'assenteismo la colpa delle perdite di 100 miliardi di yuan nella produzione industriale tra il '74 e il '76, Hua Kuo-feng e Teng Hsiao-ping invitano a lavorare «duro e bene» coi principi: «Compiere tutti gli sforzi; avanzare sempre; badare alla quantità, alla rapidità, alla qualità e all'economia». Ulteriori cambiamenti s'evidenziano nella ricerca di un consenso politico più ampio, e nella rettifica dei rapporti tra partito e Stato. Depositario della centralità del pensiero di Mao Tse-tung nel «sistema», il presidente Hua chiede l'appoggio anche delle religioni e degli «elementi urbani piccolo-borghesi». Il Congresso Nazionale del Popolo ritrova il suo ruolo di «organo supremo del potere statale» nel momento in cui s'attenua «la direzione partitica su esso», sebbene le cariche di vertice sovente s'identifichino nelle medesime persone. In nome della divisione del lavoro e dei compiti, i tecnici vengono anteposti con frequenza crescente ai burocrati e a coloro che «sono esperti della virata di 180 gradi». Per i molti organismi di nuova formazione, in genere specializzati, sì scelgono gli uomini con le qualifiche migliori, sia pure di fede collaudata, come lo scienziato Liu Hsi yao. Non si sottrae ai cambiamenti neppure la politica estera cinese. La norma dei «Tre Mondi):, che divide la terra in tre strati orizzontali, le superpotenze, i Paesi industrializzati, i Paesi in via di sviluppo (ai quali ultimi appartiene la Cina), ha qualche eccezione. Vengono guastandosi le alleanze col Vietnam e con la lontana Cuba, «bracci armati del socialimperialismo sovietico» in Asia e in Africa. Migliorano le relazioni con la Jugoslavia, punto di riferimento per i suoi esperimenti economici, con l'America e spe¬ cialmente con la Cee, che il vicepresidente Teng vedrebbe volentieri più unita e armata, «perché insignificante è la forza di un dito, ma pos- sente la forza di un pugno». Ferve la ricerca di tecnologie e armi in Occidente, nella doppia logica dell'espansione dei commerci e del contenimento dell'orso russo. Unico, apparentemente insormontabile, resta il problema di Taiwan, che preclude tra le altre anche un'apertura al Vaticano. Ha dichiarato Hua Kuofeng: « Realizzare le quattro modernizzazioni in meno di un quarto di secolo, in uno Slato socialista come il nostro, che rappresenta un quinto della popolazione mondiale, è un'impresa titanica». Lo è non solo per le difficoltà obiettive che si frappongono al grandioso piano a duplice scadenza, 1985 e 2000, varato al Congresso di marzo, ma altresì per quelle soggettive. L'opera di unificazione e di stabilizzazione del partito e dell'esercito, tornato, dopo la rivoluzione culturale, al ruolo di preminenza della prima lunga marcia, non è ancora conclusa. Esistono fermenti tra i ragazzi abituati un tempo a rivoltarsi ai superiori, cresciuti nell'egualitarismo più cieco, e in pericolo ora di essere schiacciati da una più giovane generazione di tecnocrati. E la burocrazia politica, talvolta o corrotta o inefficiente, secondo le accuse dello stesso Hua, costituisce una terza, grave incognita. «Il nuovo corso ha conosciuto uno sviluppo difforme» ha detto Hua. «Un piccolo numero di regioni e di unità l'hanno iniziato in ritardo, o non l'hanno condotto in maniera soddisfacente: le inchieste dunque devono proseguire con severità e decisione... soprattutto dove incontrano più forte resistenza». E' possibile individuare sintomi precisi del disagio là dove martellante è la propaganda, come a Shanghai, ex-roccaforte «dei quattro». In quella sconfinata città cinese di 12 milioni di abitanti, centro dell'industria e delle arti, ho assistito durante il Festival di Primavera alla divulgazione del nuovo corso e della Costituzione. Centinaia di teatrini improvvisati erano sorti all'aperto, lungo il porto, nelle strade, agli ingressi delle fabbriche e delle scuole. Artisti famosi e bambini suonavano e cantavano insieme inneggiando alla «seconda liberazione» della Cina. E dicevano: «Siamo i girasoli del partito e del Presidente Hua». Ennio Caretto