Incontro con Dubuffet a Torino di Angelo Dragone

Incontro con Dubuffet a Torino L'ARTISTA FRANCESE STA CURANDO "COUCOU BAZAR II Incontro con Dubuffet a Torino TORINO — Jean Dubuflet, il padre dell'Ari Brut, ha trascorso due giorni a Torino per la preparazione della sua mostra spettacolo promossa e realizzata dalla Fiat, in allestimento nelle sale della «Promotrice», al Valentino. L'abbiamo incontrato ieri durante una sua visita, ormai affiatato con Gualtiero Rizzi, il regista di Cocou Bazar II che sarà al centro della manifestazione, e con Anna Sagna che ne cura l'interpretazione mimica (che impegnerà una ventina di ballerini) e segue anche la messa a punto della colonna sonora realizzata dallo stesso artista. Accompagnato da madame De Trantenian, direttrice della Fondazione Dubuffet che sovrintende anche al complesso lavoro di segreteria, l'autore era visibilmente sod¬ disfatto. Gli abbiamo domandato: perché ha accettato la proposta di dar vita ad una sua realizzazione a Torino? Prima ancora che con le parole, risponde con un movimento del viso, che si distende, mentre socchiude gli occhi quasi per meglio ricordare. «Ne sono stato sorpreso, poi contento... molto contento. "Coucou Bazar" era andato in scena per la prima volta al Museo Guggenheim di New York, poi, con la stessa troupe, al Grand Palais a Parigi, ma non m'avevano soddisfatto». Dubuffet si era sentito quasi tradito da una interpretazione che s'era rivelata infedele nei confronti della sua idea. «Non era facile ricominciare. Riprendere tutto. Ma ora va bene; anche se, evidente- mente, c'è ancora parecchio da fare». E con Anna Sagna parla anche della «musica», alla quale in questa nuova edizione ha voluto provvedere di persona. Da quando si è interessato di musica? «Iniziai ad occuparmene nel '61: per alcuni mesi mi dedicai ad esperienze musicali che ripresi nel '74. L'importante era dimenticare il condizionamento musicale della cultura, cancellare tutto quanto ha ricevuto fino ad ora il nome di musica e ripartire in maniera diversa». Pensando ad una sorta di partitura ho domandato come avesse fissato questa sua musica probabilmente «improvvisata». Le cose devono essere andate viceversa molto più modernamente e, quel che è importante, in maniera più aderente al personaggio. «La musica scritta è falsa, la musica non può esser scritta». Dubuffet lavora sviluppando e registrando la sua ideazione sonora con strumenti tradizionali come con qualsiasi altro oggetto, sì che rumori e note possono fondersi in una espressione articolata, più consona al nostro tempo. «La musica alla quale io penso, spiega Dubuffet, rifugge dall'intervento ordinato e selettivo concepito dall'uomo umanista, per riflettere piuttosto il frastuono delle voci indistinte che ci è presentato dal nostro stesso universo». Dubuffet si sofferma poi a spiegare come sono stati realizzati, con un complesso procedimento tecnico, i costumi che sembrano rendere viva l'ideazione dell'Hourtoupe, personaggio nato dalla fertile genialità d'uno spirito burlesco in cui v'è quanto di più squisitamente francese possa immaginarsi, ma insieme lualcosa d'intensamente vissuto in termini di attualità. Soltanto di fronte alle sculture praticabili che popolano la scena di questo spettacolo, nella vivacità delle loro strisce nere, rosse e blu dai timbri vinilici che spiccano sui fondi bianchi all'interno della sala tinteggiata tutta di nero, ci si rende conto che qui si entra in contatto con universo fittizio, rigorosamente coerente nella propria incoerenza, dove tutto ci si può attendere salvo un'immagine di tradizionale razionalità. E' la prima volta che Dubuffet viene a Torino. Quale impressione ha avuto della città? «Come i suoi abitanti, Torino ha un suo carattere severo ma molto aggraziato. Ho potuto vedere la città soltanto dai finestrini dell'automobile che m'ha portato da un posto all'altro, ma avete una bella collina, le Alpi sull'altro lato; è una città che ha una sua grazia». Ha visto i suoi monumenti; ma ciò che Illa incuriosito, passando per via Roma, non è il Cavai 'd Brons, bensì il semovente monumento antimilitarista di Gino Scarsi, col suo soldato nudo e inerme trafitto da un mostro a tre teste. «Ma, aggiunge, tornerò a Torino la settimana prossima». Come dire che una volta andato in scena lo spettacolo e allestita la mostra in ogni suo settore, vorrà dedicare un po' del suo tempo anche alla città che lo ospita. Angelo Dragone Jean Dubuffet a Torino (La Stampa - Alessandro Bosio)

Luoghi citati: New York, Parigi, Torino