Sindacato contro Barre? Il primo test alla Renault di Paolo Patruno

Sindacato contro Barre? Il primo test alla Renault Tensione nella maggior industria francese Sindacato contro Barre? Il primo test alla Renault DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PARIGI — «Se la Renault sternuta, tutta la Francia ha l'influenza» sentenzia una vecchia massima sindacale per dimostrare il grado d'incidenza che le vicende sindacali della grande fabbrica automobilistica nazionalizzata hanno sull'insieme del mondo del lavoro francese. E siccome dalla fine della scorsa settimana due stabilimenti della Renault, a Cléon (Rouen) e a Flins sono paralizzati da scioperi ed occupazioni ci sarebbe da preventivare un rapido deterioramento del clima sociale in tutta la Francia, se non da ipotizzare addirittura un «terzo turno» sociale, dopo i due elettorali del marzo scorso, capace di far pagare un elevato costo produttivo, economico e sociale al governo Barre e agli imprenditori. Ma questa volta, anche se «la Renault sternuta», la maggior parte degli osservatori 6 concorde in una diagnosi non del tutto pessimistica sulla prospettiva d'una ondata di scioperi e agitazioni quasi alla vigilia delle ferie. La situazione si presta in realtà a interpretazioni più sfumate, che lasciano largo spazio all'incognita sugli sviluppi futuri della vertenza alla Renault. Nello stabilimento di Cléon, che impiega ottomila lavoratori, lo sciopero e l'occupazione della fabbrica sono stati approvati ieri da poche centinaia di operai. Poco dopo il tribunale di Rouen, accogliendo il ricorso della società, ha ordinato agli scioperanti di evacuare lo stabilimento entro 48 ore. Passato questo termine la direzione potrà ricorrere alla forza pubblica per far eseguire la sentenza della magistratura. Nello stabilimento di Flins, invece, gli addetti alle grandi presse occupano i locali da giovedì impedendo la lavorazione e l'accesso ai ventimila dipendenti. Come prima risposta, la società ha disposto la chiusura della fabbrica per tre giorni, chiedendo poi al tribunale di intervenire. Ma il magistrato di Versailles non ha pronunciato la stessa sentenza di quello di Rouen, non disponendo lo sgombero degli occupanti (che consentono alle squadre di sicurezza la manutenzione degli impianti), ma ha dato egualmente alla direzione la possibilità di far intervenire la polizia in caso di incidenti. Ieri sera la situazione appariva perciò bloccata in una fase di rottura, che non sembra però irrimediabile mentre i sindacati del personale della Renault si riunivano a Boulogne-Billancourt, alla periferia di Parigi. C'è infatti da rilevare che sinora il movimento di rivendicazione (partito da richieste di miglioramenti salariali e delle condizioni di lavoro respinte dalla società) non si è esteso all'insieme degli altri stabilimenti della società. Scioperi ed occupazione sono attuati da poche centinaia di lavoratori, in maggioranza giovani, molti immigrati, che adottano un atteggiamento spesso violento disapprovato dalla maggioranza. Non si tratta tuttavia di un movimento «selvaggio», perchè i sindacati lo hanno fatto proprio pur lasciando ampia libertà di manovra alla «base» della periferia. Ma dall'«osservatorio» centrale di Parigi, i leaders sindacali guardano alla vertenza della Renault con estremo interesse, come a un «test» per saggiare il grado di combattività dei lavoratori, che dopo tre mesi hanno ormai assorbito lo choc della sconfitta elettorale della sinistra. Cosi il leader della comunista Cgt, Georges Séguy, loda la «combattività» dei lavoratori, mentre il segretario generale della Cfdt Edmond Maire, mette in guardia il governo contro «il risveglio sociale che si amplificherà inesorabilmente se il padronato non si decide a trattare seriamente». E al coro si è unita anche la voce di André Bergeron, leader della moderata «Force ouvrière», il quale a sua volta invita il primo ministro Barre a non «sottovalutare le conseguenze d'una degradazione del clima sociale». A parte il «caso» della Renault, dove in 48 ore di teorica «tregua» potrebbero essere riallacciate le trattative, c'è infatti da considerare il quadro generale della situazione sociale nella Francia post-elettorale. La dottrina neo-liberale del governo (il «barrismo», come ormai la si definisce qui) si è tradotta finora per i francesi in un aumento considerevole delle tariffe pubbliche e dei prezzi dei prodotti agricoli, nella «liberalizzazione» dei prezzi j industriali, in un rincaro del costo della vita (1,1 per cento in aprile) costante negli ultimi mesi. E' un ventaglio di misure che suscita il malumore dei lavoratori. Paolo Patruno

Persone citate: André Bergeron, Barre, Boulogne, Edmond Maire, Georges Séguy

Luoghi citati: Cléon, Francia, Parigi, Rouen, Versailles