La vittoria dello Stato

La vittoria dello Stato La vittoria dello Stato (La legge è uguale per tutti) Molti si sono stupiti per le richieste del p.m. al processo di Torino contro le Br considerandole inadeguate. Così poco, si domandano, \..r coloro che hanno formato bande armate, hanno compiuto sequestri e rapine, e si sono proclamali ideologicamente e moralmente corresponsabili dei delitti dei loro compagni in libertà? Così poco per gli imputati di un processo, che già è costato la vita dell'avv. Croce, che ha visto la città in preda alla paura per le continue minacce e per i ripetuti omicidi, tanto fu rinviato nella impossibilità di trovare i giudici popolari, e richiese una norma apposita perché il presidente potesse, dopo infiniti sorteggi, formare la giuria? La sorpresa nasce da una condizione emotiva accompagnata da scarsa conoscenza del codice. Dobbiamo ricordare che le pene proposte dal p.m. si riferiscono a episodi ben precisi, che debbono essere valutati secondo le leggi di quel tempo, e non contemplano né omicidi, né ferimenti, né la solidarietà con gli assassini fuori dell'aula. Può anche darsi che le richieste siano miti, ma è lo Stato che le propone per bocca di un suo rappresentante e in ubbidienza ai suoi regolamenti. Il cittadino può criticare, nulla mutare. Queste leggi del nostro Stato vengono applicate anche per coloro che sono insorti con le armi nel proposito di abbattere le istituzioni che le hanno emanate e instaurare un regime dove non ci sarebbe posto per le libertà, ma solo per la violenza e il più lucido fanatismo. Basti pensare al cosiddetto processo Moro con la strage della scorta, le atrocità di una lunga prigionia, senza possibilità di difesa, con la condanna assurda all'assassinio. Il processo di Torino si avvia alla conclusione. Non sono mancate le polemiche per il modo con cui il presidente lo ha condotto. Confessiamo di essere stati tentati più volte di protestare contro una tolleranza che ci pareva eccessiva, quasi da sconfinare con la debolezza. Ma ci convinsero le parole di un amico magistrato: il solo modo per arrivare alla fine è non prestarsi all'abile gioco degli imputati che, con le sospensioni (qualora fossero riusciti ad ottenerle) dovute ai ripetuti processi per oltraggio o minacce, miravano a bloccare il dibattimento, dopo che non erano riusciti ad impedirlo con gli omicidi dei loro compagni. Altri processi per oltraggi e minacce si potranno fare dopo. Arrivare alla sentenza è una vittoria dello Stato, come è una vittoria dello Stato giudicare senza che mai prevalga l'emotività o il sentimento di vendetta. Nella diversità del comportamento tra i servi dello Stato di diritto, che riescono ad applicare le leggi in cui credono, e i seguaci della violenza vediamo la prima sconfitta delle Br. Il nostro ordinamento vuole che si condanni un imputato per quello che ha commesso e non per le sue teorie e neppure che si tenga conto di quanto poi è seguito ai fatti addebitati. Il giudizio giuridico si ferma qui: il giudizio dei cittadini, ma è un giudizio morale, considera questi uomini delle Br responsabili anche della grande violenza che loro hanno preparato e che altri hanno ampliato e che ha reso l'Italia un Paese insicuro per tutti. Si chiamano « capi storici »: essi sono gli avvelenatori di tanti giovani che hanno plagiato spingendoli ad una criminalità politica, espressione della criminalità comune. Il processo di Torino ha stupito (o indignato) tante anime semplici con le richieste di condanne, ritenute, « miti » e di assolutorie, e forse sorprenderà con la sua sentenza. Eppure conferma quella garanzia che la legge è eguale per tutti. La formula, bella nella definizione, sempre imperfetta nella realizzazione umana, è la grande conquista della civiltà democratica. Nessun sacrificio è eccessivo per conservarla. ^

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