Un bel tuffo nel Mar Morto

Un bel tuffo nel Mar Morto ISRAELE TRA ALBERGHI E IMPIANTI INDUSTRIALI Un bel tuffo nel Mar Morto DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE TEL AVIV — L'anno scorso sono venuti in Israele più di un milione di turisti, quest'anno anche il muro del milione è destinato a essere superato: si arriverà, prevedono al ministero del Turismo a Gerusalemme, a un milione duecentomila, una cifra impensabile, che porta ormai l'industria dell'ospitalità al primo posto tra le fonti di reddito israeliane. E' un vero boom che si scorge in ogni angolo del Paese, da Tel Aviv dove un intero lungomare che si estende per oltre cinque chilometri è costellato di grandi alberghi che raramente risalgono a più dì sei-sette anni or sono sino all'alta Galilea, dal Lago di Cafarnao a Nazaret al Carmelo a Haifa, sino alle sponde del Mar Morto, sino alla soleggiata, caldissima, esotica Eilath dove il mare è d'un azzurro incomparabile e le scogliere del golfo, trapunte di madreperla e di coralli, offrono al subacqueo visioni al cui confronto si avvicinano, forse, soltanto alcuni atolli del Sud Pacifico. Pochi anni fa Eilath non esisteva, era un approdo inospitale aperto ai brucianti venti del deserto, un ammasso di pietraie e di rocce. Oggi è una città con grandi alberghi, un porto che monopolizza una quarta parte del traffico marittimo del Paese (soprattutto olio combustibile) e un aeroporto capace di ricevere i più grossi transatlantici del cielo. Vi sta sorgendo il più grande impianto di desalinizzazione dell'acqua che mai sia stato progettato in alcuna regione, nemmeno nei ricchissimi e assetati emirati arabi del petrolio, è entrato in servizio un osservatorio antisismico tra i più sofisticati del mondo, interamente scavato nella roccia, e inoltre un istituto-museo oceanografico specializzato in pesci e in crostacei tropicali e infine, per la gioia dei bimbi, spiagge e sole e palestre e campi dì gioco. Qualcosa di simile è avvenuto sul Mar Morto, dove un succedersi di grandi alberghi, da Qumrah a Kaleme alla biblica Engaddì, permette all'ospite di godere l'esperienza, unica al mondo, di tuffarsi nell'acqua più salsa del pianeta (dieci volte più mineralizzata della normale acqua di mare) e di starsene | poi a prendere il sole senza i affondare, seduto sull'acqua. sospeso sulle lentissime onde. Ma il turismo israeliano non punta le sue carte migliori su queste bellezze naturali. Il vero richiamo per lo straniero è riassunto in due aspetti. Il primo è la novità dell'esperienza statale e civile israeliana che offre materia di studio e spesso di ammirazione al politico e al sociologo; basterebbe ricordare i kibbutz, le soldatesse, la ricerca scientìfica, il sindacato - imprenditore Histadruth che costituisce un'organizzazione che non ha eguali altrove. Il secondo aspetto, ma forse preminente, è il fascino impareggiabile che esercitano in questa «Terrasanta» i ricordi del passato, soprattutto delle tre grandi religioni storiche. L'archeologia Non c'è dubbio che anche questo valore economico concorre a spiegare la rinascita archeologica che Israele sta vivendo in questi anni, una vera frenesia di scavi e di ricerche che lo stesso governo fa fatica a controllare e che ha provocato, qualche anno fa, una spiacevole vertenza con l'Unesco. Ma la ragione essenziale di questo fervore archeologico è un'altra: l'archeologia è la scien- za che più di ogni altra fa rivivere il tempo trascorso, sofferenze e tragedie d'altre epoche vengono rievocate e quasi rivissute. E' la più «umona» delle scienze. E per gli israeliani è una riaffermazione della propria identità, il «popolo del Libro» sembra ripiegarsi su se stesso per rivivere emotivamente il proprio passato. «Quando voglio rilassarmi dalle formule chimiche, mi dice un giovane scienziato dell'Istituto Weizmann, prendo in mano un piccone, per me è una cosa naturale». Si tratta d'un vero boom archeologico che si stava preparando da qualche anno ma è esploso, letteralmente, dopo la guerra dei Sei Giorni e non accenna a finire. Sono in corso esplorazioni e scavi in tutto il Paese; anzitutto a Gerusalemme, dove subito presso il muro del pianto (o muro occidentale, come lo chiamano gli ebrei, perché limitava a Occidente il Tempio) è i\ nuto alla luce, in una serie di strati dall'alto verso il basso, un complesso di costruzioni di cui avevamo ricordi storici contrastanti e poco sicuri: il superbo palazzo degli Ommijadi, la roccaforte eretta dai Crociati nel 1102, la città bizantina, il tempio di Erode il Grande, edifici ebraici dell'epoca dei Re, insediamenti neolitici, vestigia paleolitiche. Accennare ai ritrovamenti degli archeologi israeliani (il più eminente è Yigael Yadin, professore all'Università ebraica di Gerusalemme, fra uno scavo e l'altro capo di stato maggiore dell'esercito israeliano e attualmente vicepresidente del Consiglio dei ministri, a fianco di Begin) vuol dire ripercorrere a poco a poco il cammino di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, l'esodo dall'Egitto, Mose inseguito dal faraone, Giosuè e i Giudici e gli antichi profeti e Saul e Davide e Salomone. Vedere Masada Da più di vent'anni ormai è nota la scoperta dei rotoli del Mar Morto: lunghi brani dell'Antico Testamento fisaia. Salmi) e libri di sette ebraiche, soprattutto degli Esseni, anteriori o contemporanei a Cristo. Ma pochi sanno che le esplorazioni in corso nelle innumerevoli caverne che circondano il Mar Morto dalla parte della Giudea hanno portato ad altri rinvenimenti e che ancora oggi, quasi ogni settimana, si trova qualcosa. Nel «grande vallone» del Murabbaat, per esempio, è stato identificato, fra l'altro, quello che fu l'estremo rifugio degli insorti di Bar Kochba nell'ultima rivolta contro i romani (132-135 dopo Cristo). E' stala rinvenuta una raccolta di lettere scritte dal « Figlio della Stella » ai comandanti d'un accampamento vicino. Ma il successo più prestigioso, lo scavo più sconvolgente degli archeologi israeliani non è Gerusalemme, né la caverna di Bar Kochba, né un focolare paleolitico trovato in Samaria e che sembra vecchio di settecentomila anni. E' Masada. Masada è ormai diventato il tempio nazionale di Israele, il clima del deserto e la natura delle rocce in quel desolato angolo della Giudea tra il Mar Morto e il deserto del Negev, anzi già in pieno deserto, ha fatto sì che venisse conservata in ogni particolare la scena, quasi la pianta topografica scritta sul terreno, della disperata battaglia combattuta dagli ebrei contro i romani all'epoca di Vespasiano e Tito. Lo storico Flavio Giuseppe ci racconta come l'ultimo centinaio di difensori diede battaglia all'orgogliosa Dicima Legio e ci riferisce come i superstiti si uccisero l'un l'altro, di propria mano, per rimanere liberi. Tutto questo, un'epopea di eroismo e di disperazione, si legge oggi nella pietra. La collina di Masada, eguale a cento altre, sorge tra una sterminata distesa di rocce scabre e bruciate dal vento, un paesaggio qua¬ lesentprnslcvprlplssdtrmem le deve essere apparso agli esploratori della Luna; nessun cratere, ma il resto è eguale a ciò che si è visto nel film documentario girato da Barman con l'Apollo, pietre e anfratti e rocce e dirupi. E un silenzio sovrumano, per distanze infinite. Poi all'improvviso, appena scesi dal pullman sul piazzale dove arrivano i turisti c i cosiddetti conforts della civiltà (berretti di tela per i più sprovveduti, casse di birra e ahimè, ricordini e radioline), ecco veramente all'improvviso, folgorante, giunge la rivelazione. Tutto il paesaggio di pietra e roccia rossastra si trasforma, dall'alto della collina si identificano tutt'attorno alcune linee, si riconoscono alcuni avvallamenti, si chiarisce ogni cosa: ecco, quelli sono gli alloggiamenti romani, il quadrato per i comandanti delle coorti, i recinti dei posti di guardia, la lunga muraglia costruita dagli ausiliari per impedire ogni sortita agli assediati. E al centro, proprio sotto i nostri piedi, il colle dirupato si rivela per quello che era agli inizi dtlla nostra era, una poderosa fortezza munita di bastioni e arricchita di piscine, palazzi, magazzini, cisterne per l'acqua dei soldati di Erode e del proconsole Lucio Silva. Ci sono ancora, in alto, il «calidario», dove il signore della guerra romano prendeva il bagno di vapore e si faceva ungere d'olio dagli schiavi, monili, fibbie, recipienti per i profumi, specchi d'argento. Si scorgono con chiarezza le condutture, i serbatoi, il canale per il deflusso delle acque nelle grandi cisterne sotterranee. Il pavimento non è grezzo, è un mosaico, un dio mitologico che insegue una qualche ninfa tra piastrelle rosa e nere. Poco più oltre il giovane archeologo dell'Università di Gerusalemme che ci fa da guida arresta il passo, la sua voce si alza appena. Qui, o signori, e indica una vasta sala con un rialzo al centro, la scoperta che ci ha stupiti e commossi di più. Vedono, signori, questo rialzo in centro, si può dimostrare che è di cinquant'anni più recente delle pareti della sala, vedono questo scalino tutt'attorno, questa specie di focolare. Non c'è dubbio, signori, qui c'era una sinagoga, la più antica che sia mai stata trovata, una sinagoga costruita nella piscina che era appar- tenuta al comandante roma- no. Qui gli Zeloti, dopo che gli insorti ebbero espugnato la fortezza pagana, ne fecero il proprio rifugio. Pensate, qui attesero i romani, qui diedero battaglia alla Decima Legio, qui si diedero la morte l'un l'altro, con terribile freddezza, per non vivere da schiavi. Umberto Oddone La grande raffineria di Ashdod, al termine dell'oleodotto di Eilath (DFP)

Persone citate: Barman, Begin, Erode, Flavio Giuseppe, Lucio Silva, Umberto Oddone, Yigael Yadin