Venticinque aprile, data che riacquista vigore di Giuseppe Galasso
Venticinque aprile, data che riacquista vigore Nell'Italia scossa dalle Brigate rosse Venticinque aprile, data che riacquista vigore Con gli anni il 25 aprile (è impossibile negarlo) stava assumendo quel tanto di polveroso, di convenzionale e di burocratico che inevitabilmente accompagna tutte le celebrazioni. Quest'anno non sarà così, e il perché è facile a vedersi. Può darsi che i capi delle Brigate rosse scelgano quella data per qualche gesto o per qualche notizia clamorosa. Può darsi che gesti e notizie non siano soltanto clamorosi, ma anche dolorosi. Può darsi che un'atmosfera di particolare tensione venga alimentata per una giornata di celebrazioni, che è anche una giornata di vacanza e che quindi, nella distensione della vacanza, può offrire echi più vasti e maggiori sussulti in risposta a gesti e notizie di rilievo. Ma, anche se così non fosse, anche se (come è da augurarsi) la giornata sarà tranquilla e nulla verrà a turbarne il carattere commemorativo e festivo, egualmente il 25 aprile 1978 non sarà come quello degli ultimi anni, egualmente sarà una ricorrenza che avrà un aspetto davvero diverso e servirà per riflessioni e meditazioni anch'esse differenti da quelle solite, proprie di tale celebrazione. E quali riflessioni! e quali meditazioni! Il 25 aprile del 1945 segnò, con l'insurrezione patriottica che preluse alla fine della guerra in Italia, i' -nomento più drammatico dello scontro fra le due Italie che si erano affrontate non solo negli ultimi due anni di guerra, ma in tutto il ventennio precedente. Segnò, dunque, la conclusione della guerra civile aperta nel Paese dall'avvento del fascismo. A 33 anni di distanza una nuova guerra civile solca il Paese con manifestazioni che delineano un crescendo preoccupante e che ne fanno temere possibile, in un prossimo futuro, una generalizzazione assai più estesa. Questa volta l'Italia democratica ha in mano lo Stato e la rappresentanza costituzionale dell'immensa maggioranza del popolo e degli interessi nazionali e sociali. Ciò che essa ha di fronte non è un movimento partigiano, interprete di grandi masse e di tutta una tradizione civile e nazionale; è, invece, una frangia di dissenzienti, che stravolgono in una direzione assurda e colorano di un significato sanguinario le stesse tendenze estremistiche affiorate nell'Italia degli ultimi anni. Per questa frangia di dissenzienti il terrorismo non è, come può accadere in una guerra partigiana, lotta simbolic ed eccezionale che eventualmente accompagna la prassi e le forme delia lotta condotta contro l'aggressione o contro l'opposizione. Per questa frangia il terrorismo è una tecnica assurda e disperata per imporre attraverso lo stillicidio delle violenze e delle stragi una tendenza a cui la coscienza civile e politica del Paese non è minimamente incline. Alla lotta clandestina ricorre, inoltre, chi altre forme di lotta e altre possibilità di affermazione non trova davanti a sé e deve scegliere tra quella lotta e un'inerzia inaccettabile, tra la milizia partigiana e il sacrificio di ogni possibilità di agire per i propri ideali e i propri valori morali e sociali. Questa fu la scelta del Risorgimento; questa, nel tempo nostro, la scelta della Resistenza. Ma chi può sostenere che questa sia la scelta inevitabile in un'Italia in cui grandi organizzazioni di massa e gruppi minoritari possono esprimersi con eguale efficacia e hanno una possibilità estesissima di far va¬ lere le loro esigenze e le loro rivendicazioni? Non per nulla sull'orizzonte della Resistenza — come, a suo tempo, su quello del Risorgimento — aleggiava l'idea luminosa di una più alta realizzazione sociale dei valori di libertà, di giustizia, di umani- ! 4„ll„ ~. 1 _ . 1 tà propri della grande tradizione democratica europea; sull'orizzonte del terrorismo aleggiano soltanto gli spettri paurosi di un futuro cieco, fatto di sangue, di violenze, di fantasmi disumani. La ricorrenza del 25 aprile si configura perciò quest'anno come necessità di una riscoperta e di una ripresa ben lontane da ogni spirito formalistico di celebrazione. Ed è chiaro che riscoperta e ripresa non possono che riaccendere lo spirito di un'intransigenza assoluta, come quella dell'Italia resistente e partigiana di allora, ed anche maggiore di quella di allora, se è vero che oggi è in gioco non solo il diritto di esistere della demo¬ crazia italiana, ma anche il pa tfimnn;,-! Ai nmnnicci m i!. i r : ■ j ! \ l trimonio di progressi materiali e morali che essa ha costruito in un terzo di secolo. Forse mai questa lezione di intransigenza civile e morale che scaturisce dalla storia e dal-; la tradizione è, peraltro, venuta a coincidere con le necessità di fermezza dettate, oggi, fin troppo evidentemente, dalla saggezza politica. Non c'è dubbio: ricorderemo il 25 aprile 1978 come quello del 1945. Giuseppe Galasso
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