A Genova è ormai guerra aperta fra le "Br,, e la sinistra storica

A Genova è ormai guerra aperta fra le "Br,, e la sinistra storica Pei e Cgil impegnati in una ferma difesa delle istituzioni A Genova è ormai guerra aperta fra le "Br,, e la sinistra storica GENOVA — Tra la sini- J stra ufficiale ed « organica » ' e le « Brigate rosse » a Ge-1 nova è ormai guerra aperta, Per la verità, considerato il | rigore la disciplina tradizio- j nali della sinistra genovese j (qui ci si riferisce in parti-1colare al pei, ai suoi quadri je alla Cgil ed i suoi vertici che sono di fatto due realtà in osmosi), nei confronti del terrorismo e dei brigatisti jnon ci sono mai stati, nep-.pure nel passato più remoto, segni di comprensione ne ammiccamenti. S'è detto molte volte, forse con una punta di superficiallità, che il pei e la Cgil ge- J novesi erano intrisi di stali- ' nismo: un'affermazione vera 1 sino a metà, nel senso che lo stalinismo ha generato lea- | der come Novella e Adamoli, j prima di Natta, solo per ci- j tare i nomi più noti, « duri » 1 sul piano del rigore, ma ani j mati sostanzialmente da spi- rito costruttivo. Il pei a Genova ed in Liguria ha assorbito, volendo j ricorrere ad un'immagine . culturale, il senso « gianseni | stico » della cosa pubblica, prima della Repubblica di Genova, poi risorgimentale, quindi repubblicano e socialista. E' un pei laico, più « francese » che sovietico, un po' grigio, ma animato da spirito costruttivo. Non va dimenticato — e anche questo riferimento storico è importante — che gli operai genovesi dell'Ansaldo e dell'Uva (antesignana dell'Italsider), impegnati nella Resistenza, pagarono in molti con la vita per salvare le strutture produttive ed i macchinari delle loro aziende dai tentativi di distruzione dei tedeschi. La scelta del salvataggio fu precisamente « politica » perché si pensava, senza ombre di dubbi, ad un avvenire di ricostruzione. Oggi, la direzione ligure del pei e della Cgil. sia a livello ufficiale, sia a livello ufficio- 1 j ! iso- non si discosta da questa i linea culturale e politica. Ce ,una disponibilità i 1 « Brigate rosse » che sembra-no quasi cercare di raccoglie- re frutti seminati da altre mani o germinati spontanea- mente, i difficili rapporti da ed un impegno precisi « a difendere e a sostenere le istituzioni », a costo di pagare certi prezzi di impopolarità. Questo spiega, più che i volantini delle qualche tempo instaurati tra partiti e sindacati ufficiali e certi ambienti di lavoro particolarmente «difficili» (anche per la presenza di spinte fortemente corporative e qualunquistiche) come il porto ed il pubblico impiego. Con il volantino di ieri mattina, con il quale le « Bri- gate rosse» hanno rivendica- ! to il ferimento del presidente ! dell'associazione industriali ! della provincia di Genova, ! Felice Schiavetti, la « guer ! ra » di cui si accennava, è 1 diventata definitivamente a- ' ufficiale. Le « Bri-1 perta ed gate rosse » hanno chiesto l'appoggio di tutti i dissidenti dalla politica del sindacato e del pei, soprattutto all'interno delle fabbriche, segno che il movimento ter- rorista intende passare ad una seconda fase della sua strategia, cioè, in qualche modo, uscire in campo aporto e manifestarsi come realtà che tende a rappresentare precisi interessi, istanze e addirittura ad identificarsi se non con categorie, quantomeno con fasce sociali di qualche consistenza. Questo passaggio, appare, però, in particolare a Genova, estremamente pericoloso: negli ambienti della sinistra, e non solo della sinistra, si osserva che l'allargamento della base del consenso potrebbe risultare la fine delle « Brigate rosse ». Sino ad ora le loro azioni sono state coronate da un triste successo, proprio per l'esiguità presunta delle loro schiere, esiguità che tende ad eliminare, se non addirittura ad annullare i rischi di tradimenti od errori. Al limite, ad una polizia e ad uno Stato, è più agevole ((schiacciare» un movimento di minoranza che abbia una sia pure minima consistenza, non foss'altro per la possibilità di poterlo identificare e quindi colpire, piuttosto che domare « comman1 do » formati di pochi ele ; menti addestrati alla guerri j glia. ' Lo scontro eventuale però, ! nell'ambito del mondo del lavoro, tra « ultrasinistri » simpatizzanti o quasi del terrorismo e i partiti ed i sindacati storici preoccupa fortemente il pei genovese. Sin dall'inizio degli Anni Sessanta, i « duri » di Genova avevano provveduto ad elimina- j re ed emarginare (se non ad ' dirittura espellere) gli ele1 menti considerati, in termini leninisti, « deviazionisti di sinistra »: è il caso, abbastanza ,vistoso, del prof. Gianfranco Faina, il docente università- rio attualmente latitante, con siderato uno degli « ispirato ri » del terrorismo genovese, e ricercato perché accusato di aver preso parte ad un tentato sequestro di persona. Faina venne espulso dal pei una quindicina d'anni fa e con lui alcuni esponenti, sia pure a livello di quadri, del partito e della Cgil, che erano considerati ricini alle analisi dei famosi « quaderni rossi », teorie considerate poi già « eretiche » dal pei di Togliatti, che già stava maturando la sintesi del famoso « memoriale di Yalta ». Poco, e non solo da parte della polizia che forse non dispone dei mezzi culturali, è stato fatto per mettere in luce quegli episodi negli Anni Sessanta di espulsione o di abbandono del partito. In un certo senso, passando talvolta tra le esperienze frammentarie e contraddittorie degli infiniti « gruppetti » e movimenti dell'ultrasinistra, s'è sviluppato bene o male, proprio nella città più « seria e disciplinata » e sostanzialmente antifascista (la cui borghesia fu la meno compromessa con il regime), una sorta di « contropartito » che non è mai stato sostanzialmente preso sul serio. Il « contropartito » però ha gettato i suoi semi nel mondo tiniversitario e in quello, non meno in fermento, degli emarginati, dei disadattati, che la crisi economica ha esasperato. Questi gruppi hanno i a Genova circoli, associazioni, club e persino bar e caffè che ne recano ancora oggi i, segni e la « storia », se si potesse chiamarla così. Adesso, dopo gli attentati ; ai de di sinistra, agli im-1 prenditori « illuminati » e ai manager « aperti » ai quali il « nuovo pei » stava guar- J dando nàsce la sfida più dura, alla quale la sinistra genovese sembra disposta a ri- ' spondere con non inferiore durezza. p. 1. I

Persone citate: Adamoli, Faina, Felice Schiavetti, Gianfranco Faina, Natta, Togliatti

Luoghi citati: Genova, Liguria, Yalta