I "dissensi,, a confronto

I "dissensi,, a confronto AL DIBATTITO SULL'EST IN CORSO A TORINO I "dissensi,, a confronto TORINO — Il «dissenso» dell'Est ricorda da vicino l'« eurocomunismo » deil'Ovest. Ci sono, tra i «dissidenti» dell'Europa orientale, alcuni filoni ideali unitari (lotta comune per la democrazia, per le libertà fondamentali), così come ci sono tra i partiti «eurocomunisti» dell'Europa occidentale. Ma, se dai principi si scende alla prassi, se si definiscono con più precisione gli obbiettivi e i modi per realizzarli, ecco che l'uno e l'altro — «dissenso» e «euro- | comunismo» — si frantumai no in tante vie nazionali con collegamenti assai tenui. Se si dice — come si dice sem! pre più spesso e come i fatti | più recenti sembrano confer! mare — che non esiste un '' « eurocomunismo », ma semmai tanti « eurocomunismi », | allora bisogna anche dire che | non esiste un «dissenso», ma | tanti «dissensi». Non è una constatazione di ; oggi, anche se la carica emotij va e politicamente irrazionaI le, che ha contraddistinto fi- I nera l'approccio al problema , del «dissenso» da parte del i mondo occidentale, ne ha imI pedito un'analisi e uno svilup| po adeguato. Ma la rassegna j torinese sul «dissenso» ha : contribuito a confermarla e a chiarirla. In tre serate succesI sive, abbiamo ascoltato l'enunciazione della via russa al «dissenso», poi quella tedesco-orientale e, infine, quella cecoslovacca. Alcuni connotati comuni esistono tra la seconda e la terza, ma entrambe differiscono profondamente dalla prima. Il «dissenso» sovietico, almeno come è interpretato da Grigorenko e Bukovskij, è anti-marxista e, fondamentalmente, anche anti-socialista. Vorrebbe proporsi come un movimento agnostico; in realtà è fortemente ideologizzato proprio perchè si pone in antitesi ad una ideologia, quella marxista-leninista del regime, elevata, come ha detto Bob| bio, a «dottrina di Stato». Sul piano della prassi è un movimento confuso, che denuncia i limiti di una elaborazione modesta, colpa in grande misura del fatto che lUrss è da troppi anni un ghetto politico e culturale. Il «dissenso» tedesco-orieni tale è socialista utopista. Il suo ideologo, Rudolf Bahro, ha scritto un libro significativamente intitolato L'alternativa ora pubblicato in Italia a dalla SugarCo. Ma alla lucidità d'analisi critica del cosiddetto «socialismo reale » cioè del modello sovietico, non fa seguire un'esposizione altrettanto lucida deir«altemativa» che propone. Prendendo a prestito da Marx giovane, da Lenin e da Trockij, da Mao e da Djilas, ipotizza una ristrutturazione della società in un'n associazione di comuni» autogestite e un partito inteso come « organizzazione aperta », che amalgama le energie rivolte all'emancipazione generale. Il «dissenso» cecoslovacco (protagonista del dibattito di venerdì con Jiri Pelikan, Zdenek Mlynar, Antonin Liehm, Jan Kavan, Karel Skalicky, Michael Konupek, l'ultimo degli emigrati involontari di «Carta 77») è il più concreto. Innanzitutto perché rifugge dalle generalizzazioni, dalle impostazioni manichee tipiche invece del «dissenso» sovietico, dagli schematismi. Ha detto Liehm, ieri l'altro, che il socialismo «non è necessariamente o bene o malie». Difatti, la «primavera» di Praga viene comunemente inI dicata come un esperimento di «socialismo dal volto umano», in quanto esiste anche jun socialismo dal volto disumano; eppoi, sempre secondo Liehm, non bisogna dimenticare che il socialismo non è diritto esclusivo delle società 'dell'Est, ma è stato applicato — e con successo — nelle società dell'Ovest europeo. Proprio le diverse posizioni idei «dissidenti» dovrebbero I indurre a riflettere sulla reale ! collocazione geopolitica dei , Paesi dell'Europa orientale. I I movimenti di contestazione !in Cecoslovacchia, in Polonia le nella Germania Orientale si I sentono fortemente attratti dall'Occidente, mentre questo non accade per i «dissidenti» sovietici e neppure per quelli bulgari o romeni. Sintomatici, in proposito, sono gli stessi legami stabilitisi tra i partiti «eurocomunisti» e i movimenti del «dissenso» all'Est: molto forti con i cecoslovacchi e i polacchi, buoni con i tedeschi orientali, eppoi via via più tenui con i romeni, i bulgari e i sovietici (dove, più che di legami, si dovrebbe parlare di «solidarietà conflittuale»). E' significativo in proposito che i comunisti italiani, notati soltanto per la loro assenza | ai primi due dibattiti organizjzati dalla Gazzetta del PopòHo, fossero presenti (sia pure con un giornalista dell'Unità, che sosteneva di essere là a Ititolo personale) alla tavola I rotonda sulla «Carta 77». D'altra parte, lo stesso An, tonin Liehm ha sottolineato ■ che, sul piano storico, è proponibile un'analisi comparativa tra il partito comunista cecoslovacco e quello francese (li ha definiti «i fratelli gemelli»), non quello sovietico. Anzi, secondo Liehm, il dibattito critico in corso nel pcf dopo l'insuccesso elettorale ricorda da vicino il processo di revisione iniziatosi nel pc cecoslovacco nel 1962-'63 e sfociato poi nella «primavera» del '68, con una differenza fondamentale, che il pcc era al potere e il pcf non lo è. ! Perciò, ha detto Liehm, «una ìapprofondita analisi del caso ìcecoslovacco potrebbe essere I molto utile ai partiti occiden! tale e all'Occidente tutto». Paolo Garìmbertì I | i Antonin Liehm e Zdenek Mlynar (Stampa - Selavaggione)

Luoghi citati: Cecoslovacchia, Europa, Germania Orientale, Italia, Polonia, Praga, Torino