L'America e il dramma italiano di Furio Colombo

L'America e il dramma italiano IL "GASO MORO,, HA SUSCITATO UN'EMOZIONE PROFONDA L'America e il dramma italiano NEW YORK Il Neio I l'orA: Magatine di questa set- timana dedica all'Italia l'intero numero. Esquire ha dedicato alla Stampa e alla sua lotta contro il terrorismo un lungo articolo. Il New York Times ha fatto calare su Ro- ma tre dei suoi migliori gior- nalisti (Flora Lewis da Pari-1 gi, Pful Lewis da New York e Paul Hoffman da Vienna) che saranno affiancati al cor-1 rispondente Henry Tanner.1 Ogni sera le notizie da Roma aprono il telegiornale della sera in quasi tutte le stazioni televisive americane. I gior- 1 nali della sera, dal Iti marzo, hanno quasi sempre, nel grosso titolo in nero, il nome di I Moro. «Hanno trovato Moro?». domanda la gente, chiunque, ! al supermercato o nell'ascensore, non appena si accorge di parlare con un italiano. Raramente un fatto non americano, e non legato all'immagine o agli interessi di questo Paese, ha colpito in modo cosi esteso l'attenzione di massa. Forse non era mai accaduto per una vicenda che appare più umana che politica. Eppure questa è solo la parte emergente di una emo- zione molto diffusa e molto profonda. Si deve a questa emozione se l'argomento «Ita- lia», spesso affrontato con ap-prossimata informazione, con ironia facile, con tradizionale scetticismo, appare ora cir- eondato da una nuova, im- pensata delicatezza. Con delicatezza ne parlano a Washington i personaggi del governo, che pure stanno I attenti a non fare dichiarazio- ni e a prendere posizioni pub- bliche. Ma si sa che il presidente Carter è in continuo contatto con l'ambasciata di Roma, e che il destino di Moro è considerato come un tratto di angosciosa incertez za tra frasi che sono rimaste 1 in sospeso. 1 1 Con delicatezza i giornali titolano articoli e editoriali, guardandosi dal dare giudizi e dal proporre solu- zioni. Un cambiamento sen- sazionale, rispetto al pas-sato. I resoconti si sono fatti precisi, nessuno sbaglia : più la grafia dei nomi o dei ; luoghi, nessuno scherza sul. melodramma della natura ita- i liana. «Ma la gente, da voi, sente il problema con la stessa ah- goscia che qui in America?»,chiede inaspettatamente il ca- 1 po dei servizi esteri del .Veto j York Times. Domanda stra- I na, che ci sì potrebbe aspetta- re piuttosto al contrario. Pe- n rò sincera. E fedele alla realtà. Non è un'esagerazione dire che l'opinione americana aspetta col fiato sospeso di sapere che cosa sta per acca- dere in Italia. «Sapere» vuol i , dire qualche altra cosa che «capirei). Il Paese dell'investigative journalism non sta cercando di svelare segreti. Affiora un legame con l'Italia, una solidarietà naturale che forse gli americani non sapevano neppure di avere. Forse una delle ragioni può essere cercata nell'origine, anche recente. dell'America, o almeno delle sue grandi concentrazioni urbane. Questa è la terra in cui. non più di quarant'anni fa. si sono rifugiate le vittime del terrore europeo. C'è ancora moltissima gente in giro che ricorda e racconta quel terrore. Un fatto va precisato: la tensione che circonda l'Italia e il nome di Moro in questi giorni non è solo di natura politica. Lo aveva detto per prima cosa, con pronta e lucida intuizione, un editoriale del New York Times dopo il - ; 16 marzo. «Abbiamo dato -1 consigli all'Italia. Abbiamo o discusso sulle sue decisioni e a ' le sue possibili scelte. Piccole i cose, a confronto di quello l, che sta succedendo». -1 Ma anche chi si occupa prò- ! fessionalmente e politicamen- e ; te dell'Italia sembra parteci-1 pare all'attesa, non più ,] esperto, non più informato - ; degli altri. Nella nostra trageo : dia c'è qualcosa di nuovo che -1 allarma per il suo mistero. - j Questo senso angoscioso dei fatto tragicamente originale e politicamente illeggibile si propaga dai centri di informazione all'opinione comune, dagli specialisti all'uomo della strada. Qui la tradi¬ zione culturale è poco incline a proporre teorie. E non c'è. come in Europa, un'antica separazione fra il giudizio colto e quello comune. Le affermazioni di «estraneità» o di neutralità di Sciascia e Moravia, nel mezzo di un simile dramma, lasciano a bocca aperta anche gli intellettuali più sofisticati. In qualche università sono state materia di discussioni e di se minari. Si può essere estranei e neutrali accanto alla morte e alla minaccia di morte? Si poteva nel 1933, nel 1938? E se non si poteva allora, perché adesso? Forse quello Stato era migliore? Stupisce anche il profondo silenzio (da lontano appare o quasi un letargo) della eunu¬ ra. Soprattutto del cinema, che in America è sempre stato lo strumento più importante della comunicazione con la realtà italiana. Dove sono i grandi maestri in que- sto momento? I copioni e le proposte continuano ad arrivare numerosi da Roma alle grandi società di produzione. «Siamo sicuri che questa roba viene dall'Italia?» all'erma di avere detto un produttore ordinando alla segretaria di guardare i timbri del pacco. Storie allegre, storie boccaccesche, storie d'amore, storie d'altri tempi, qualche incesto, qualche dignitoso riferimenti-' al fascismo, datato quaranta o cinquant'anni all'indietro. Del grande cinema che aveva strappato l'ammirazione delle platee americane non c'è traccia. Del cinema militante che aveva preannunciato a Venezia nuove stagioni non si trova segno. Oltre lo stupore interessato dei produttori, il silenzio culturale non piace, lascia un senso di disagio, rappresenta un mistero difficile da spiegare come l'onda di terrore che sale. Forse questo silenzio incoraggia il bisbiglio piuttosto che la discussione, il reporta se secco e semplice piuttosto che la raccolta di ipotesi. E nei televisori americani si vede ogni sera l'immagine triste di Moro accanto alla faccia preoccupata del commentatore. Ripetono la notizia anche se non è una nuova notizia, e lasciano l'immagine un poco più a lungo dei necessario, aspettando. Furio Colombo

Persone citate: Flora Lewis, Henry Tanner, Moravia, Moro, Pari, Paul Hoffman, Sciascia