Come Torino divenne santuario vivaldiano di Massimo Mila

Come Torino divenne santuario vivaldiano Come Torino divenne santuario vivaldiano In occasione d'un concorto ' della claviccmbalista Gabriella Gentili Verona s'era avuto occasione di accennare come al padre di lei si dovesse la romanzesca acquisizione del favoloso fondo di manoscritti musicali Foà-Giordano da parte della Biblioteca Nazionale, per cui To-1 rino è diventata, insieme coni Dresda, la capitale mondiale del. vivaldismo, Qualche lettore è riinasto incuriosito da quell'aggettivo «romanzesca», e ha manifestato il desiderio di saperne di j più Per accontentarlo non si può j che ricorrere al circostanziato racconto steso dalla clavicembalista stessa, dodici anni or sono. ! per la rivista «Accademie e Biblioteche d'Italia», ormai intro- [ vabile, e sarà una buona occasione per ricordare la figura di | quel pioniere della ricerca musi- ; cologica che fu suo padre Alberto Gentili, Nato a Vittorio Ve-j neto nel 1873, era approdato alla musicologia dopo una laurea in legge di cui non aveva fatto alcun uso, poiché contemporaneamente aveva svolto gli studi musicali. Prima a Padova coni Cesare Pollini, ch'era stato un poco il suo modello, in quanto, laureato in legge pure lui, s'era poi volto alla musica ed era diventato pianista, compositore e l musicologo, ò più esattamente teorico. Poi aveva studiato col Rheinbcrgcr a Monaco, e con ; Martucci a Bologna. Fece una dura pratica errabonda di direzione d'orchestra e j compose un paio d'opere teatrali, assicurandosi così una sicura conoscenza del mestiere musicale. Ma la sua vocazione non era né quella propriamente artistica né quella dello studioso di tipo storico, bensì quella dell'inventore. Pare che avesse fatto brevettare numerosi piccoli ritrovati e scoperte meccaniche. E con mentalità d'inventore si volse alla teoria musicale producendo quel grosso volume di Nuova teorica ; dell'armonia, che nel 1925 gli valse l'incarico di Storia della : Musica, fino allora non esistente, presso la Facoltà di Lettere di Torino. Qui mise a frutto i contatti che aveva avuto con la grande musicologia tedesca al tempo dei suoi studi a Monaco, dedicandosi all'esplorazione della musica strumentale e operistica nel Seicento, terreno allora quasi incolto. Intorno al 1930 teneva corsi sull'opera romana e faceva ascoltare in classe al pianoforte il Sant'Alessio (1632) di Stefano Landi, che ora, rappresentato a Salisburgo, viene sbandierato come una scoperta. Con l'età gli si era accentuata una singolare somiglianza con Giuseppe Verdi, sulla cui vec-1 chiaia conosceva, attraverso Umberto Giordano e l'albergatore milanese Spatz, molti curiosi aneddoti, e lui la coltivava con manifesta civetteria. A quest'uomo toccò in sorte, prima che le leggi razziali lo allontanassero dalla cattedra nel 1938, di assicurare a Torino quella Golconda di manoscritti musicali che sono i fondi Foà-Giordano della Biblioteca Nazionale, e bisogna riconoscere che ben difficilmente un altro studioso, magari più ferrato di lui in termini culturali, avrebbe saputo spiegare le qualità di segugio, di vigile e paziente cacciatore in agguato, che gli permisero di venire a capo dell'impresa. Nell'autunno 1926 — cito dalla memoria di Gabriella Gentili Verona — la Biblioteca Nazionale di Torino venne interessata alla perizia d'un lotto di volumi di proprietà del Collegio salesiano San Carlo, di Borgo San Martino nel Monferrato. Direttore della Nazionale era allora il musicologo Luigi Torri, che incaricò della perizia Alberto Gentili, da poco in servizio all'Università. Scoperta l'emozionante quantità d'autografi vivaldiani contenuti nei manoscritti di cui voleva disfarsi il rettore del Collegio per procurarsi i fondi necessari al restauro della cappella e delle aule scolastiche. Torri e Gentili si preoccuparono subito d'assicurarne il possesso alla biblioteca torinese, senza chiedere i fondi al Ministero, che avrebbe potuto anche scegliere un'altra destinazione per i preziosi manoscritti. Bisognava ricorrere a privati, e fu Gemili a trovare in un suo amico, l'agente di cambio torinese Roberto Foà, il mecenate disposto all'acquisto e alla successiva donazione, in memoria del figlioletto Mauro, da poco perduto. Quando la collezione fu assicurala alla Nazionale e Gentili si mise a studiarla con calma, mollo giovandogli le sue conoscenze della carta, poiché i suoi erano stati per alcune generazioni proprietari d'una cartiera, si avvide ben presto che vi si trovavano opere dolorosamente incomplete, o mancanti di parti, per cui appariva chiaro che la collezione doveva far parte di una più vasta unirà. E qui comincia il romanzesco della cosa. Per procedere alla ricerca della porzione mancante senza destare la concorrenza d'altri studiosi o bi¬ bliotecari; Torri e Gentili comin-j ciarono a spargere un gran poi- j verone di notizie false su gior- ' itali italiani e stranieri. Intanto I Gentili si diede a un'inquisizione poliziesca. Stabilì prima di tutto che il collegio di San Martino in Monferrato aveva ricevuto il suo patrimonio bibliografico dagli eredi di un marche- se Marcello Durazzo di Genova, Con la collaborazione del mar-1 chese Faustino Curio, dottissimo j studioso di usanze popolari, proverbi e costumi in Piemonte e Val d'Aosta (ricordato con affetto da Augusto Monti nei suoi scrìtti torinesi e nel primo capitolo de 17 cappello sulle ventitré) si studiò l'albero genealogico dei Durazzo, appurando che discendevano nientemeno da quel Giacomo Durazzo diplomatico genovese, che occupa un posto glorioso nella storia della musica perché, entrato nelle grazie dell'imperatrice Maria Teresa, divenne direttore del teatro di corte e poi degli spettacoli a Vienna, promuovendo l'incontro di Gluck con Ranieri de' Calzabigi per quella riforma del melodramma che a lui stava a cuore. Figurarsi i tesori musicali che quest'uomo doveva aver lasciato ai suoi eredi! i | ì i I quali, però, mol.to meno illu- ' minati e competenti di lui, un ! bel giorno, in occasione d'una successione ereditaria, s'erano I spartita la biblioteca avita così, j facendola a metà, come ci si po- j trebbe spartire un gregge o un can.po. e perciò metà dei fogli d'una composizione erano andati da una parte (ed ora erano nel fondo Foà della N'azionale) tetà dall'altra. Tramite il mar- I chese Curio e per i buoni uffici ; d'un padre gesuita. Antonio Ol- j drà. Gentili riuscì ad abbordare lo scorbutico marchese Giuseppe Maria Durazzo. nipote del j marchese Marcello che aveva ce- j duto la sua collezione al collegio monferrino. e piano piano riuscì a vincerne la scontrosa . diffidenza. Ora si trattava di trovare altri j fondi privati per ricongiungere le due metà della mela, e di nuova Gentili si diede da fare. ! L'industriale tessile torinese Fi- j lippo Giordano accettò di paga- I j re la somma richiesta per Tacj quisto della collezione del mar' chese Durazzo e di farne dono I alla Biblioteca Nazionale. Anche lui aveva perduto un figlio. Renzo, e lo volle ricordare con quel gesto munifico. Così, nel corso del 1930, la Biblioteca Nazionale di Torino accolse l'intero lascito musicale del grande Durazzo viennese. 1 quel fondo Foà-Giordano che, j dopo il Museo Egiziano, è pro¬ babilmente la maggiore attrattiva culturale della città, e che in questo anniversario vivaldiano risplende di particolare luce per i ventisette volumi in formato oblungo contenenti (come si deduce dall'accurato Inventario pubblicato da Piero Damilano nelle pagine della «Rivista Italiana di Musicologia-, III. 1) 318 composizioni strumentali del Prete Rosso. 30 cantate. 2 serenate, 47 arie. 64 brani vocali sacri, l'oratorio Juditha tritimphans e 20 melodrammi (due dei quali studiati da Massimo Bruni nella recente Storia dell'Opera di vari i autori a cura di Alberto Basso, | e uno. YOrlando furioso, recenì temente riesumato discograficamente). Com'è noto, la pubblicazione i di tutta l'opera strumentale di ' Vivaldi è stata recentemente por ! tata a termine dalla casa Ricor di. per opera dell'Istituto Italia I no Vivaldi posto sotto la dirczio j ne di Gianfrancesco Malipiero j Ma il fondo Foà-Giordano non si limita a Vivaldi. Contiene te- sori che aspettano ancora d'essere interamente esplorati, di Traetta. di Stradella (autore al quale Gentili dedicò i suoi mi- I gliori studi musicologici, pubbli- ; j j j . j ! j I candone tra l'altro l'opera Vorzti ' d'amor paterno), di Sacchini, Pergolesi. Galuppi. Masse. Bene-; detto Marcello, Peni. Bononci-j ni. Pistocchi. nonché di Gluck. j di Monsigny. Duni. Philidor e ! altri maestri dell'opera francese ; che stava tanto a cuore al grande j Giacomo Durazzo. tutto preso nel sogno intellettualistico di promuovere la riforma del me- j lodramma attraverso il connubio ; tra la spontaneità del genio ita- i liano e la nobiltà culturale del teatro transalpino. Massimo Mila Antonio Vivaldi, in una caricatura del 1725