Parlano gli avversari di Senghor di Alfredo Venturi

Parlano gli avversari di Senghor VIAGGIO NEL SENEGAL 18 ANNI DOPO L'INDIPENDENZA Parlano gli avversari di Senghor E' il solo Paese africano nel quale l'opposizione non sia alla clandestinità -1 limiti di una democrazia illustrati senza reticenze DI RITORNO DAL SENEGAL — «Vorrei sottrarmi a quel ricordo del passato », dice Mamadou Dia. E' un ricordo vecchio di 15 anni, e I di questi 15 anni Dia ne \ ha passati tredici in carcere, i Accusa di alto tradimento, i una condanna a vita interrotta, esattamente un anno \ fa, dall'amnistìa voluta da \ un presidente Senghor in | pieno rilancio pluralista. Che cosa era accaduto nel dicembre del '62, che cosa i aveva portato all'arresto dell'allora primo ministro di Senghor - Mamadou Dia si limita ad accennare a «divergenze politiche fondamenta- li », preannuncia l'imminen- te pubblicazione di una memoria «su ciò che chiamano il mio colpo di Stato». Qualche settimana fa Dia è stato appena un pochino più loquace, con un collega tedesco: gli ha parlato di una mozione di censura parlamentare che era, in realtà, una «rivolta contro il partito», della sua decisione di rivolgersi alle istanze superiori del partito stesso, di Senghor che mobilita reparti paracadutisti sema con¬ suUare ma primo ministr0 p ministtm ridia TìHesn e ministro della Difesa. «Parliamo del presente», insiste l'ex capo del governo senegalese. Oggi Mamadou Dia è a capo di un gruppo di opposizione politica che parla mensilmente al Paese dalle colonne del periodico Ande Sopì. L'opposizione di Dia non Centra nel quadro del «multipartitismo pilota to» della recente riforma co stituzionale. Opposizione non legalizzata, dunque, ma non per questo clandestina, come dimostra la regolare uscita di questo giornale, in cui si definisce «antinazionale, antidemocratico, antipopolare» il partito socialista di Senghor; nient'altro che «un'appendice del ps», il partito democratico senegalese di Abdoulaye Wade; una «creazione del potere» lo stesso partito africano per l'indipendenza di Majhmout Diop. Un giudizio globale I sull'esperimento senghoriano: «Questa non è assolutamente democrazia, è una mistificazione destinata ad ingannare l'opinione straniera». / tredici anni di carcere non hanno apparentemente intaccato il vigore polemico di Mamadou Dia. «Come si può definire democratico l'avere arbitrariamente fissato tre modi di pensare, riducendo ad uno schema triangolare la ricchezza del dibat tito politico?». E che dire del fatto che il capo dello Stato è anche segretario generale del partito al potere? Le elezioni? Sono state «organizzate e controllate» dal partito di Senghor, i giochi erano già stati fatti prima del voto, tanto che si sapeva già che alla cosiddetta opposizione sarebbe andeia una ventina di seggi (di fatto, sono diciotto): «Vedete, dice l'ex primo ministro con un lampo d'ironia, qui da noi si fanno sondaggi molto precisi...». Ma torna subito serio: ; ; ; , 1 «Siamo il Paese delle libertà limitate». Che cosa si propone, dunque, il gruppo Ande Sopì? La sua eterogeneità interna (comprende marxisti come Maguette Thian, capo del sindacato degli insegnanti, socialisti autogestionari come lo stesso Mamadou Dia: è vicino a quella parte del pai che non ha seguito Majhmout Diop nella «trappola elettorale ») gli consente una visione compromissoria del problema politico senegalese. «Bisogna creare un fronte del rifiuto per il cambiamento» , dice Dia. «E per la restaurazione di una democrazia vera nel Senegal». L'ex primo ministro insiste sul significato della sua testata: Ande Sopi vuol dire, in lingua uolof, «unirsi per cambiare». Dall'opposizione tollerata all'opposizione legale. Eccoci di fronte a Majhmout Diop, nel piccolo studio attiguo alla sua farmacia in un quartiere elegante della capitale. Studioso marxista, un burrascoso passato di militante, molti anni di esilio sulle spalle. Il suo partito africano per l'indipendenza. 0 per meglio dire quella parte del pai che ha accettato con lui la regola elettorale senghoriana, non ha avuto seggi all'assemblea nazionale. Eppure, dice Diop con sorridente paradosso, «noi abbiamo vinto le elezioni». Infatti, spiega, sapevamo fin dall'inizio, e lo avevamo detto, che certe pratiche elettorali legate all'esperienza coloniale avrebbero completamente falsato il gioco, ciò che ci proponevamo era semplicemente la nostra presenza nelle masse in quanto marxisti. Il programma per 1 prossimi anni? «Continuare la lotta per l'indipendenza del Senegal, perché questa non è indipendenza». Preparare un dopo-Senghor «davvero democratico» ; diciotto anni dì governo sono tanti in Africa. Nonostante questa constatazione. Diop sembra rassegnato ai tempi lunghi: «Certo, Senghor potrebbe durare ancora molti anni». Ma tante cose potrebbero accadere: «Se la democrazia non trionfa, potrebbero anche partire azioni disordinate o violente». Quanto a Dia. «non c'è concretezza nelle sue proposte unitarie». Un dato sociologico, infine: ciò che è carente nel Senegal, dice lo studioso marxista, è una borghesia nazionale realmente interessata all'indipendenza del Paese. La classe al potere è invece una borghesia burocratica, ugualmente rappresentata dal ps di Senghor e dal pds di Wade. Eccolo, Abdoulaye Wade. competitore di Senghor alle recenti elezioni presidenziali, capo del partito che col voto del 26 febbraio ha portato all'assemblea nazionale un gruppo di opposizione. Wade è avvocato, economista, è stato nell'università di Dakar decano della facoltà giuridica. I suoi avversari politici hanno fatto dell'ironia sul suo lucidissimo cranio, caratteristica che del resto condivide con l'altro oppositore legale, Majhmout Diop: «Chi non porta un solo capello in testa, come potrebbe portare il Senegal sulle spalle?». Wade è deciso: «I risultati del 26 febbraio non riflettono assolutamente il rapporto di forze esistente nel Paese». L'avvocato articola una dura requisitoria: capitolo primo le irregolarità, capitolo secondo le iniquità. Irregolarità: pressioni sugli elettori da parte di prefetti, sottoprefetti, governa¬ tori regionali; corruzioni, acquisti di suffragi: «Il gioco del denaro ha falsato il gioco politico». C'è stato un ricorso di Wade alla corte suprema, ma la corte lo ha respinto convalidando le elezioni. Iniquità: quando anche si è rispettata la legge, si trattava di «legge scellerata», il codice elettorale non stabilisce forse, in contrasto con la Costituzione, che la segretezza del voto è facoltativa? Risultato: quegli elettori che vogliano isolarsi in cabina manifestano in questo modo la volontà di votare «contro», e non tutti hanno il coraggio di farlo. Inoltre il presidente del seggio può espellere chi voglia, e «i nostri rappresentanti sono stati espulsi in massa». Il partito di Wade dispone comunque di un gruppo parlamentare. Quale uso intende farne? L'avvocato smentisce implicitamente i propositi aventiniani che gli erano stati attribuiti: «Controlleremo strettamente l'attività del governo, ci batteremo contro tutti gli atti politici che sono contrari alla nostra linea». Che è una linea laburista, «abbiamo accettato l'etichetta liberale perché era la sola disponibile, e del resto siamo liberali nel senso che auspichiamo una libertà senza limiti». Certo, dice Wade, non siamo interventisti in economia, com'è il ps di Senghor; né siamo comunisti: la differenziazione dagli altri due partiti legali è dunque netta. Sulla politica economica del governo: «Lo spreco non è socialismo». Sulla riforma costituzionale: «Tutti i movimenti politicamente significativi vanno legalizzati, quindi anche il blocco nazionale democratico (rnd) di Cheikh Anta Diop». Un'accusa a Senghor: «Per lui la politica è come un balletto, un partito di qua, un partito di là, adesso vuole legalizzare un gruppo di destra, il movimento repubblicano senegalese di Boubacar Gueye; ma come può un partito di opposizione essere a destra del potere?». Nutriti dunque dei malumori polemici degli avversari, eccoci nell'ufficio del presidente Senghor. Presidente - monarca, lo definiscono gli oppositori, riferendosi alla designazione del successore nella persona dell'attuale primo ministro Abdou Diouf. E forse anche pensando allo spirito di questa «democrazia elargita», che assomiglia un poco alla Charte octroyée di Luigi XVIII. Il delicato poeta della négritude sa trovare accenti di durezza, quando tratta dei suoi oppositori. Come quando definisce «intellettuali insignificanti» gli uomini del rnd. «La democrazia senegalese è reale», dice il presidente. Ad una domanda sull'indipendenza del potere giudiziario, cita i 64 casi su cento in cui la corte suprema ha annullato atti di governo. «Se la corte non ha accolto i ricorsi di Wade sulle elezioni, vuol dire che erano infondati». Sai limiti della riforma costituzionale: « La democrazia è difficile, un multipartitismo limitato ma reale è meglio di un pluripartitismo selvaggio». Non dobbiamo smarrire, dice Senghor, quel senso della misura che è tipico della civiltà africana. Indica le sculture antiche d'Africa occidentale che decorano il suo studio: «E' quello, vedete, il nostro senso della misura». Alfredo Venturi Leopold Sedar Senghor, presidente del Senegal e famoso poeta africano (.La Stampa)

Luoghi citati: Africa, Dakar, Majhmout Diop