Manifestazione di una cultura

Manifestazione di una cultura La Mostra della carrozzeria Manifestazione di una cultura La mostra «Carrozzeria italiana: cultura e progetto», aperta in questi giorni a Torino nella palazzina della Società Proinotrice delle Belle Arti, al Valentino, non si colloca «in margine» al Salone internazionale dell'Auto inaugurato l'altro ieri, ma vi si pone idealmente al centro, come merita ogni manifestazione che attraverso la prospettiva della storia riesca a far meglio intendere anche l'attualià. Diciamo subito che si tratta di una esposizione non soltanto interessante per i tecnici e gli appassionati dell'auto, ma affascinante per ogni persona che abbia anche soltanto visto passarsi a fianco per istrada, qualche «generazione» di queste macchine che più di ogni altra hanno veramente non soltanto condizionato, ma caratterizzato la vita del nostro secolo. L'esposizione, promossa da un comitato presieduto dall'ing. Dante Giocosa, è stata ordinata da Angelo Tino Anselmi e Vittorio Gregotti che con Pierluigi Cerri, Richard Enseki e Friedmann Kaltbruniter ne ha curato anche l'allestimento, e tende a porre in luce il ruolo che i carrozzieri italiani hanno svolto e svolgono nell'evoluzione dell'automobile: un oggetto non soltanto significativo (anzi il «più» significativo, scrive Gregotti). della civiltà industriale, ma emblema, o «sintomo», sociologico, magari discusso e discutibile, nei riflessi «consumistici» o in altri effetti secondari, ma con un ruolo di protagonista in campo economico e industriale, come in quello delle infrastrutture, e non meno nell'ambito d'una storia della tecnologia o delle scienze applicate e della storiografia del manufatto industriale: massimamente, poi. sotto il profilo di quella cultura nota col nome di «design», legata all'idea progettuale. Ad intenderne il «ruolo» può forse esser utile ricordare anche la discendenza etimologica del nome: da «carro» (per il trasporto d'ogni carico generico), a «carrozza» (adibita al trasporto di persone) e a «carrozzeria», appunto, che, dunque, è pelle e abito, insieme, ideata quasi in rapporto con il meccanismo di supporto, e quindi rispondente ad una funzione derivata, ma con una propria autonomia, una propria linea di sviluppo. Di qui, appunto l'importanza di una verifica offerta dalla mostra che. per la prima volta al mondo, richiama l'attenzione su questo elemento fondamentale d'un veicolo divenuto per tanti uomini importante quasi quanto la casa. La carrozzeria costituisce di fatto un elemento che ogni volta assume linee e forme in cui vorrebbe vedere essenzialmente un influsso d'arte e di gusto, interpretato dal «designer», dal grafico o dall'architetto, e quindi un valore estetico, mentre nelle realizzazioni dei carrozzieri proprio in questa rassegna sembra di poter cogliere la testimonianza di uno sviluppo formale legato in maniera preponderante ad una logica della produzione industriale, capace di rappresentare un fatto culturale a se stante. Non si dice, con questo, che nelle carrozzerie dei primi lustri del secolo manchino i riflessi di gusto propri dell'Art Nouveau, così come più tardi si coglieranno echi di Art Déco, soprattutto in particolari esornativi, e tanto più un influsso delle tendenze razionaliste, dalla Bauhaus in qua. Si vuole riconoscere piuttosto, almeno come ipotesi, la caratterizzazione di questo tipo di prodotto: ciò che consente intanto di isolare il fenomeno della carrozzeria italiana nel contesto internazionale d'una morfologia della automobile; poi, all'interno della produzione italiana, quella non meno individuabile, legata alla ideazione offerta dal singolo carrozziere o dall'equipe operante sotto il nome dell'impresa. Nessun altro prodotto può d'altra parte rappresentare meglio dell'automobile il risultato di una vera cultura collettiva, tenendo conto di quanto, attraverso il tempo, è entrato in questa sorta di sintesi generatrice attraverso apporti rimasti anonimi, ma operanti, anche in quella serie di «nodi» rappresentata da ognuno degli esemplari esposti nelle sale della Promotrice. Questi sono stati scelti neppur tanto per un'eccellenza estetica o per un'esigenza di cronologia («la storia della carrozzeria... non è lineare, ma fatta di andirivieni complessi», ricorda una nota del catalogo che vale un trattato) quanto per la tipica problematica che vi si esprime. Di qui viene anche l'idea di mettere in evidenza otto momenti capaci di riassumere le tappe essenziali dell'evoluzio ne stilistica della carrozzeria italiana. Con la Fiat tipo Zero torpedo (1912-15) ad un decennio da quando l'automobile si è proposta come mezzo di trasporto, la macchina assume una propria figura esterna, una sua «linea» veramente autonoma. Tocca ai carrozzieri piemontesi e lombardi di darle, tra il 1920 e il '50, non soltanto un'impeccabile realizzazione ma quella misura compositiva che si definisce come «classica» (Alfa Romeo tipo R.L.SS, carrozzata da Castagna, nel 1925), mentre si configurano i caratteri delle diverse «scuole» dei grandi carrozzieri dell'epoca. Segue una più attenta individuazione dei fattori aerodinamici, ma si tratta in realtà soprattutto di una più viva sug gestione offerta dall'idea della velocità, connessa anche con i primi impieghi agonistici; emergono in questo momento i profili curvilinei che segnano il carattere delle macchine degli Anni Trenta (Fiat 6C 1500, berlina di serie, 1955). Matura intanto la concezione delta carrozzeria intesa come spazio plastico unitario: nella seconda metà del decennio, con l'integrazione del parafango nella fiancata, l'automobile si presenta come un volume funzionalmente modellato, col quale si supera la guerra (Cisitalia tipo 202, berlinetta Pininfarina, 1947). La tecnologia suggerisce quindi l'adozione di forme largamente delineate e avvolgenti, facilmente stampabili per le quali anche sotto l'esempio americano si abbandona la preoccupazione di un'efficienza aerodinamica (Fiat 1400, 1950). Notevole, nella seconda metà degli Anni Cinquanta, il raggiungimento di nuovi valori formali con la riaffermazione dei canoni del design italiano, con l'assetto perpendicolare delle intersezioni, sottolineate da nuove suggestioni aerodinamiche date dalla snellezza del le superfici attraverso modulate carenature delle fiancate, e l'appiattimento del padiglione. (Lancia Flaminia, berlina di serie, 1957). E si giunge all'avvento da un lato del veicolo cuneiforme in cui si esaltano le prestazioni aerodinamiche (Alfa Romeo 55.2 «Carabo», Bertone, 1968), dall'altro la vettura urbana che pur lasciando alle «medie» la maggiore flessibilità di prestazioni, tende a rispondere in maniera specifica alla congestione del traffico e alla crisi energetica. Angelo Dragone Il progetto di auto elettrica « Ecos » in collaborazione tra Pininfarina e Fiat Ecco uno studio di vettura sportiva a due posti dello stilista Coggiola Il coupé sportivo « Microsport » con meccanica Ford Fiesta proposto dalla Ghia La scocca della Lancia Apriiia (1936) esposta alla Mostra della carrozzeria

Persone citate: Angelo Dragone, Angelo Tino Anselmi, Castagna, Dante Giocosa, Gregotti, Pierluigi Cerri, Pininfarina, Richard Enseki, Vittorio Gregotti

Luoghi citati: Torino