Il "diario" di un uomo che è tornato alla vita di Primo Levi

Il "diario" di un uomo che è tornato alla vita "La tregua" di Primo Levi oggi alla radio Il "diario" di un uomo che è tornato alla vita Parte quasi segretamente oggi alle 17 e 10 su Radicamo lo sceneggiato in sette puntate La tregua di Primo Levi. Dico quasi segretamente perché nessun organo ufficiale della Rai si è degnato di farne menzione e nessuno di quei bollettini, che pure sono così zelanti e solleciti a informare anche di piccole cose, si prende la briga di annunciarlo. E' per lo meno un fatto curioso, dal momento che la trasmissione mi sembra molto importante, e di notevole rilievo letterario e radiofonico. Ricordo anzitutto che cos'è La tregua. E' il libro che Primo Levi ha scritto nel 1963 a distanza di sedici anni da Se questo è un uomo di cui è il seguito: avventuroso, eccezionale racconto del ritorno in Italia dello scrittore deportato in Germania, attraverso peripezie di ogni genere e attraverso un viaggio in carro bestiame sino in Polonia e poi sino in Unione Sovietica, e in Romania, in Ungheria, in Austria e finalmente in Italia, a Torino. Il libro è meno conosciuto di Se questo è un uomo e meno apprezzato. Ogni paragone è però impossibile. Se questo è un uomo resta l'altissimo documento di una tremenda esperienza di sterminio e sopraffazione e insieme di recupero dell'ultimo, disperato residuo di dignità umana nell'inferno di un lager nazista, un'esperienza rievocata lucidamente, analiticamente, con una partecipazione che non diventa mai né retorica celebrativa né rabbia cupa. La tregua è un'altra cosa. E' il diario di chi sfuggito alla morte torna alla vita e ne riacquista pian piano il sapore, anche se di continuo ha dei regressi da incubo all'orrida esistenza di prima (la fame, la malattia). A me è sempre piaciuto, l'ho trovato sempre un libro aperto, pieno di fantasia e di colore, una cronaca fitta di immagini straordinarie. E' inutile che qui mi metta ad elencare episodi e personaggi. Tuttavia certe cose che rimangono più impresse vanno ricordate: la Casa Rossa in Unione Sovietica, mostruoso edificio abbandonato e adibito a ricovero degli italiani, dipinto di rosso di dentro e di fuori, una costruzione allucinante «cresciuta senz'ordine in tutte le direzioni come una colata vulcanica», con una quantità incredibile di ambienti e soprattutto di scale, d'ogni lunghezza e forma e tortuosità, alcune interrotte e altre, come uno scalone ciclopico in un cortile invaso dall'erba, che non portano in'nessun posto; e le tumultuose- proiezioni cinematografiche con la platea gremita di soldati sovietici; e le interminabili tradotte; e le città diroccate; e un incalzare incessante di incontri con straccioni, prostitute, profughi, ufficiali «stupidi e variopinti come galli», truffatori e brava geme, il tutto reso con un linguaggio semplice e vivo e con un umorismo talora amaro e talora lieto. L'opera è stata definita picaresca. E' giusto. Però è anche un'opera epica (non eroica) perché narra la gigantesca odissea di masse oscure e sterminate di ogni nazionalità che nel 1945 vagano per le immense pianure dell'Europa (immense, quasi non concepibili dalla mente umana per la loro dimensione di spazio infinito) e per i boschi di esili betulle; masse sbattute qua e là dal caso, dalla necessi¬ tà, dalla burocrazia, e tese disperatamente a una patria dove dovrebbe concludersi la loro lunga notte di dolore. Più di un produttore cinematografico ha pensato a La tregua. Ma il progetto non è mai andato in porto, presumibilmente per l'impossibilità di ritrovare intatta una vastità simile di scenari. L'ha realizzato la Radio, e il regista Edmo Fenoglio si è servilo di un copione approntato dallo stesso Levi, che è stato costretto a sacrificare molte pagine ma che è riuscito a mettere nel racconto, ovviamente meglio di chiunque altro, quello che gli interessava di più, cioè tutto quello che esprimeva più compiutamente lo spirito e il clima del libro. La lavorazione ha comportato grosse difficoltà. La tregua è affollata di uomini e donne che parlano le lingue più diverse, e Fenoglio ha voluto che — a fianco degli attori italiani, in testa Luigi Diberti che è Primo Levi — ci fossero a recitare autentici russi, autentici polacchi, e tedeschi, e ungheresi, e francesi, romeni, slavi ecc. ecc. L'impresa di reclutamento, cui ha attivamente collaborato Eva Erber (che fa anche la parte di una berlinese che nel 1938 aveva scritto a Hitler spiegandogli come la sua politica fosse tutta sbagliata) ha convogliato negli studi di Torino le schiere più disparate di stranieri; una Babele e, a tutta prima, alcune occhiate sospettose se non ostili tra i vari gruppi, poi cancellate dal fervore della registrazione. Come potrà risultare La tregua per radio? Logicamente il dialogo sarà privilegiato, anche se si è cercato di rendere atmosfera e paesaggi attraverso le parole e i suoni. Sarà soprattutto un grande coro di voci e, al di sopra del realismo delle annotazioni quotidiane, sarà un canto di speranza dopo la violenza cieca e l'odio della guerra. Ugo Buzzolan

Persone citate: Edmo Fenoglio, Eva Erber, Fenoglio, Hitler, Luigi Diberti, Primo Levi, Ugo Buzzolan