Perché non possiamo non dirci democratici di Nicola Adelfi

Perché non possiamo non dirci democratici Perché non possiamo non dirci democratici (Anche se siamo il "ventre molle" d'Occidente) Intimiditi dalla temeraria efficienza delle Brigate rosse, ogni giorno gli italiani si interrogano ansiosamente su quel che sarà il nostro Paese appena domani. La sensazione comune è che il buio intorno a noi diventa sempre più buio. Tuttavia, per quanto deprimente possa essere la realtà, essa va guardata senza lasciarci annebbiare la mente da una rassegnazione inerte o, peggio, dalla paura. La realtà è presto riassunta: l'Italia è il « ventre molle » dell' Occidente. L'espressione, inventata 35 anni fa da Churchill, si riferiva alla mollezza dell'Italia nello schieramento bellico nazifascista. Torniamo al presente. A farci quel che siamo, possiamo attribuire le colpe maggiori alla democrazia cristiana, ma non dobbiamo trascurare altre colpe, principalmente l'opposizione lunga e sistematica, talora paralizzante, da parte del pei e delle sue « cinghie di trasmissione » nei più diversi settori della società italiana. A farne l'autocritica sono oggi persino autorevoli esponenti del pei. E Berlinguer non è di certo lieto se gli si ricorda che fino a pochi anni fa andava a Mosca per vantarsi che la combattività del suo partito aveva portato le masse italiane ad attestarsi stabilmente al primo posto nel mondo per il numero delle ore scioperate. Tuttavia, in un momento come questo, lasciamo perdere i processi al passato. Non sostiamo a domandarci come e perché le strutture della nostra società si sono corrose; non solo le strutture pubbliche, ma anche le individuali, quelle che determinano i nostri comportamenti come cittadini e come privati, nei luoghi di lavoro e nelle famiglie, di fronte al nostro prossimo e davanti alla nostra coscienza. Lasciamo perdere: sono discorsi intempestivi. Quando ci si trova nei vortici di una tempesta e con la nave in disordine, l'importante è pensare come salvarsi e agire coerentemente. Perciò cominciamo innanzi tutto col prendere lucida coscienza del fatto che l'Italia è oggi « il ventre molle » dell'Occidente. Ed è una situazione che non si può modificare in poco tempo. Immaginare che in Italia esista chi possa con un pugno di ferro stritolare all'istante il terrorismo, è un fantasticare a vuoto. Quell' uomo o quel partito non c'è: e se ci fosse, se avesse la velleità di ripristinare l'ordine con spietate misure repressive, la reazione sarebbe una guerra civile catastrofica, senza precedenti nella storia italiana. Teniamo a mente che per trent'anni abbiamo vissuto nella de-1 mocrazia: squilibrata finché si vuole, ma pur sempre democra- j zia. Ne abbiamo respirato l'aria, la nostra mentalità ne è stata modellata, le nostre abitudini quotidiane sono le stesse dei Paesi democratici; e quando pensiamo all'avvenire dei nostri figli, I la nostra speranza è che possano vivere in una società più giùsta e meglio ordinata dell'attuale, ma che sia pur sempre di Lio- ! mini liberi, dunque una società j schiettamente democratica nei suoi aspetti esteriori e nei suoi contenuti essenziali. Siamo fatti cosi, e nessuno potrà mai estraniarci durevolmente fuofi del nostro ambiente naturale, la democrazia. Campi di concentramento, carceri e fucilazioni sommarie possono servire a tenere quieto un popolo privo | di tradizioni democratiche, ma altrove hanno un esito incerto e una durata provvisoria. Questo è per l'appunto il caso dell' Italia, vaccinata dal fascismo, rinata nella Resistenza e cresciuta nella democrazia. La maturata consapevolezza di questo dato di fatto è il motivo principale che ha convinto il pei a ripudiare lo stalinismo e a farsi, o apparire, sempre meno leninista, sempre più socialdemocratico. In definitiva !a democrazia in Italia è screditata, ma non rinnegata. La si vuole migliore, ma non abolire. Anche a chi ne parla con sprezzo ponete alcune domande semplicissime, e vedrete che anche lui inconsciamente sta dalla parte della democrazia. Per esempio, domandategli: « Allo scopo di reprimere la criminalità politica e comune, vuoi tu che sia lo Stato a decidere come e dove tu debba lavorare, quanto guadagnare, come spendere, chi frequentare, che cosa leggere, quali studi e lavori siano assegnati ai tuoi" figli? ». Oppure: « Ti piacerebbe vivere in un Paese dove la polizia, anche se tu sei innocente, ha il potere di metterti a tempo indeterminato, senza un processo regolare, in un carcere, in un campo di lavoro forzato o in un manicomio? ». Eccezioni a parte, le risposte saranno sempre le stesse: no, no, no. La verità è che dopo trenta anni di vita democratica noi italiani non possiamo non essere democratici; e infatti le nostre critiche, anche le più aspre ed emotive, non si appuntano con¬ tro la democrazia, ma contro gli abusi e le manchevolezze di essa, contro le frodi e le angherie compiute tra le pieghe di una democrazia fin troppo permissiva, chiamiamola anche fiacca. E riprendiamo cosi a discorrere sulla mollezza del ventre italiano. I brigatisti rossi, e coloro che li manovrano, siano italiani o stranieri, sbagliano i conti se basano la loro strategia paragonando l'Italia di oggi con quella che contribuì al crollo del regime fascista. Nel 1943 la grande maggioranza degli italiani era nettamente ostile alla guerra e a chi l'aveva voluta: sicché, allo sfacelo delle istituzioni fasciste, alla disfatta delle forze armate, si sommava allora l'avversione popolare contro il regime. In pratica, Mussolini e i pochi seguaci rimasti a lui fedeli erano isolati dal resto della nazione. Di conseguenza « il ventre molle » si trovava esposto nudo di fronte alla potenza bellica degli Alleati. Oggi però è diverso. Oggi a proteggere « il ventre molle » c'è uno scudo che non si vede, ma di buona lega. Consiste nel fatto che la quasi totalità degli italiani è decisamente contro chi vorrebbe metterci in ginocchio con le armi del terrore. E così, più in alto i terroristi alzano la mira, maggiore diventa lo spessore dello scudo protettivo. Nel campo politico vediamo attenuarsi i motivi di discordia, e viceversa aumentare lo spirito di collaborazione, farsi più concreta la decisione di anteporre il bene comune agli interessi particolari; e nel contempo constatiamo che l'opinione pubblica accetta volentieri la limitazione di alcune libertà personali allo scopo di rendere più efficienti le forze dell' ordine. Così stando le cose, i terroristi prima o poi saranno presi o dispersi. Potranno colpire ancora, con crescente furore, ma dovranno infine convincersi, specialmente coloro che li manovrano, che « il ventre molle » non è vulnerabile. Sempre più pochi, sempre più stremati, i terroristi si troveranno a camminare in un deserto di solitudine; e sempre in tondo, sempre a vuoto, fino all'esaurimento di ogni residua capacità di nuocere. Lo dicono la logica e l'esperienza storica: il terrorismo è sempre sconfitto quando non è portatore di un programma politico capace di suscitare vaste adesioni popolari. Va da sé che la fine del terrorismo non significherà l'eliminazione dei tanti e poi tanti guai che angustiano il nostro Paese. Purtroppo, anche senza le Brigate rosse, eravamo già « il ventre molle » dell'Occidente. E Io saremo anche domani se non riusciremo a diminuire di molto il carico dei nostri guai. Questo è il problema vero, il problema di fondo. E dovremmo sempre tenere presente con estrema serietà che fino a quando resteremo come siamo oggi, ricorrenti saranno le tentazioni, interne ed esterne, di assoggettare l'Italia a un regime dispotico e di farne un Paese di anime morte. Nicola Adelfi

Persone citate: Berlinguer, Churchill, Mussolini

Luoghi citati: Italia, Mosca