Così i famigliari vivono il dramma di Giuseppe Fedi

Così i famigliari vivono il dramma Dopo l'ultimatum delle Br Così i famigliari vivono il dramma ROMA — La solitudine, la sensazione d'impotenza, i dubbi agghiaccianti della famiglia Moro, lasciano il posto a una esile speranza. Mentre sta per scadere l'infame ultimatum delle Brigate rosse, Eleonora Moro e i quattro figli intrecciano contatti, sempre più febbrili, con i parlamentari «fedelissimi» e i collaboratori dello statista. Gli atroci presentimenti posti dalla minaccia dei brigatisti non scalfiscono la dignità di Eleonora Moro e dei quattro figli del leader e lo stesso appello, rivolto ieri mattina alla de, attraverso la segreteria di Moro, è un esempio di misura. I familiari — conclude il comunicato — «chiedono che la democrazia cristiana, assumendo un atteggiamento realistico, dichiari la propria disponibilità ad accertare quali siano in concreto le condizioni per il rilascio del suo presidente ». «Aldo non deve essere barattato in nessun caso»: la frase, attribuita ad Eleonora Moro alcuni giorni dopo il sequestro, era stata seccamente smentita dalla signora. Sembra estremamente improbabile che una donna, che sin dal primo momento ha sperato in una trattativa, si sia lasciata sfuggire una dichiarazione così incauta. Nella sua dignitosa compostezza, Eleonora Moro ha rinnovato alla de e al governo «la ferma richiesta che venga salvata la vita» del marito. Da ieri Eleonora Moro e i figli hanno infittito gli incontri e gli scambi di idee con gli amici più stretti. Nell'attico di via del Forte Trionfale sono saliti Nicola Rana e Corrado Guerzoni, il ministro Tina Anselmi e il sottosegretario alla Marina, Rosa, il senatore Cervone, gli onorevoli Rosati e Berloffa e il sottosegretario alla Giustizia Dell'Andro. Si è parlato di un vertice fra morotei, convocato dalla moglie del presidente democristiano per concordare una azione da compiere sul partito. Ma la voce non ha trovato alcuna conferma. Gli stessi partecipanti alle visite hanno puntualmente smentito, limitandosi a confermare per l'ennesima volta che Eleonora Moro «sta bene e sta reagendo con forza e nobiltà di comportamento». Disorientata, la pattuglia di cronisti che staziona sotto l'attico di via del Forte Trionfale, cerca delucidazioni presso la segreteria dell'onorevole Moro senza avere l'atteso chiarimento. Un tentativo con gli autisti in attesa nelle auto ministeriali si rivela altrettanto infruttuoso. Arriva una troupe della «Cnbc», mentre un operatore del «canale 13» della tv argentina assiste un telecronista che cerI ca in qualche modo di tirar fuori un servizio. Un assiduo frequentatore della famiglia Moro — almeno così si qualifica — calca la l mano sui particolari annotati durante le sue visite. «Vivono come in un bunker assediato — si premura di informare —, evitano persino di affacciarsi e di mettere piede sulla terrazza per non essere ripresi dai fotografi perennemente appostati. La signora Eleonora ha sospeso le lezioni di catechismo che impartiva alla parrocchia di San Francesco e le poche volte che è uscita j di casa lo ha fatto per andare a messa, accompagnata dal figlio Giovanni o da una delle figliole. L'unico che sia riuscito in questo periodo a strapparle qualche sorriso è stato il nipotino. E' rimasta molto scossa dalle voci allarmanti — continua — circolate subito dopo il rapimento sulla salute del presidente, descritto in gravi condizioni e bisognoso di cure assidue». Sul marciapiede di fronte all'ingresso della palazzina di via del Forte Trionfale, ieri come nei giorni scorsi ha sostato a lungo in preghiera Maria Chiara, una terziaria francescana che spera «in una grazia della Madonna per restituire Aldo Moro all'affetto dei suoi cari». «Cerco di immedesimarmi nelle sofferenze del presidente della democrazia cristiana e dei suoi familiari — spiega —. Ai brigatisti che lo tengono prigioniero da quasi quaranta giorni voglio dire questo: "Potrebbe essere vostro padre, cercate di rispettarlo"». Giuseppe Fedi

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