Ancora un assassinio politico che è stato subito rivendicato di Gino Mazzoldi

Ancora un assassinio politico che è stato subito rivendicato Ancora un assassinio politico che è stato subito rivendicato Un maresciallo delle carceri ucciso da un commando delle Br a Milano Prestava servizio a San Vittore, aveva 52 anni, era nato a Barletta - E' stato fulminato a colpi di pistola alla testa - Il gruppo terrorista era formato da tre persone, forse c'era anche una donna - Lascia due figli DAL NOSTRO CORRISPONDENTE MILANO — Ancora un atroce delitto compiuto dalle Brigate rosse, in una allucinante spirale di terrore. Un maresciallo delle guardie carcerarie di San Vittore è stato ucciso ieri mattina a Milano: l'attentato è già stato rivendicato con una telefonata fatta ad una agenzia di stampa da uno sconosciuto, che ha affermato di far parte dell'organizzazione terroristica. La vittima è Francesco Di Cataldo, nato 52 anni fa a Barletta, in provincia di Bari. Da trent'anni faceva parte del corpo delle guardie carcerarie e ricopriva il grado di maresciallo maggiore: per la sua anzianità era stato assegnato all'infermeria di San Vittore come responsabile del centro clinico. Era sposato, con due figli, entrambi studenti. I terroristi hanno teso l'agguato dopo aver studiato le abitudini della vittima: ogni giorno, infatti, il maresciallo usciva di casa tra le 7 e le 7,15; percorreva un centinaio di metri, prendeva l'autobus, trasbordava sul metrò e arrivava nei pressi di S. Vittore. Così ha fatto anche ie- ri. Alle 7,15 ha salutato la j moglie. Maria Violante, di 52 anni. I figli Alberto, 19 anni, studente al settimo istituto industriale, e Paola, 16 anni, iscritta al liceo linguistico, erano già usciti da qualche minuto. Il maresciallo ha varcato il portone di casa, in via Ponte Nuovo 48, a Lambrate, e per prendere l'autobus si è incamminato lungo le strisce pedonali, passando tra due auto in sosta. Si era scostato di un paio di metri dal marciapiede, quando davanti a lui si sono parati due giovani, entrambi a viso scoperto, scesi da una 128 blu (targata a quanto pare MI V95209). ferma a un paio di metri di distanza con le portiere aperte e il motore acceso. Al volante era rimasta un'altra persona, forse una donna. Non si sa se uno dei due abbia parlato al maresciallo o se invece gli abbia subito sparato a bruciapelo. Sta di fatto che qualche istante dopo il panettiere Francesco Belgio, di 34 anni, che stava uscendo dal suo negozio, ha udito alcune secche detonazioni, ha visto Francesco Di Cataldo barcollare e cadere, mentre i suoi aggressori fuggivano con la « 128 ». Il panettiere è corso verso il maresciallo per prestargli i primi soccorsi: Francesco Di Cataldo, le braccia spalancate, il soprabito marrone sbottonato sul petto, rantolava. Francesco Belgio gli ha sollevato la testa, ma in quel momento Di Cataldo è morto. Veniva dato l'allarme. La moglie del maresciallo è scesa in strada, ma i presenti non l'hanno lasciata avvicinare al cadavere, riportandola in casa. E' stato chiamato un sacerdote che ha impartito la benedizione alla salma. La polizia ha recuperato 7 bossoli di ima pistola calibro 32. Il magistrato di turno. Paolo Colella, ha cominciato le indagini. Sono stati interrogati i testimoni. Le descrizioni fatte degli attentatori hanno consentito di ricostruire i volti dei killers in tre «fotofit»: nessuna di queste immagini riconduce in qualche modo a personaggi già noti agli inquirenti nella «mappa» del terrorismo. Proprio mentre le prime indagini stavano sviluppandosi, alla redazione dell'Ansa giun- geva ima telefonata. Una voce senza inflessione dialettale, ansimante, diceva: «Sono uno delle Brigate rosse. Voglio avvertirvi che abbiamo giustiziato il maresciallo Francesco Di Cataldo, in forza al carcere di San Vittore :ome torturatore di detenuti». Il direttore di San Vittore, Amedeo Savoia, non appena appreso il contenuto del messaggio telefonico delle Brigate rosse, ha detto: «Francesco Di Cataldo era un uomo dalle indiscusse doti morali. Gli volevano bene tutti e a quanto mi risulta i più tangibili riconoscimenti gli sono venuti proprio dai detenuti. Non so proprio come si faccia ad affermare che era un torturatore». Anche i colleghi della vittima sostengono la stessa cosa. «Forse i brigatisti rossi — ha dichiarato la vicedirettrice del carcere, Giovanna Fratantonio — on avevano nulla espressa-mente contro di lui, ma colpendo un maresciallo delle guardie carcerarie hanno voluto intimidire tutti i colleghi, già provati con l'uccisione avvenuta giorni fa dell'agente dì custodia delle carceri torinesi Lorenzo Cotugno». Il cadavere di Francesco Di Cataldo è stato trasportato all'obitorio e sarà sottoposto ad autopsia. Al momento non si sa ancora con precisione da quanti colpi è stato raggiunto alla testa. Da un primo esame dovrebbero essere tre e tutti mortali. Sul posto del feroce attentato per tutta la giornata sono accorsi cittadini che hanno deposto fiori Gino Mazzoldi

Luoghi citati: Bari, Barletta, Milano