Meglio la chirurgia o i farmaci contro l'embolia polmonare?

Meglio la chirurgia o i farmaci contro l'embolia polmonare? Meglio la chirurgia o i farmaci contro l'embolia polmonare? // tro.tco dell'arteria polmonare che si stucca dal ventricolo destro ed è lungo 5 centimetri e ha diametro di 5, si divide in due rami, destro e sinistro, ciascuno dei quali raggiunge il polmone omolaterale e vi si ramifica in vasi di diametro sempre più piccolo fino a creare quella fittissima rete di capillari che è in contatto con gli alveoli polmonari. All'arteria polmonare confluisce il sangue di tutte il sistema venoso: ed è appunto dal sistema venoso, specie dai suoi distretti più periferici, che possono venire grossi guai. Nei pazienti a Ietto per un intervento chirurgico, o che in passato abbiano avuto flebite o che presentino una qualche causa di eccessiva coagulabilità, possono formarsi — soprattutto a livello delle vene profonde degli arti inferiori — dei coaguli (trombi), di dimensioni, numero e sede variabili, potenzialmente capaci di trasformarsi in pericolosi emboli, veri Consulenza scientifica del prof. Ezio Minetto proiettili tintemi» che, spinti dal torrente circolatorio e superato il cuore destro, vanno ad incunearsi nel tronco dell'arteria polmonare (o in uno dei suoi rami) bloccando l'afflusso distrettuale del sangue al polmone, con conseguenze acute critiche e drammatiche. In chirurgia il rischio dell'embolia, non cos'i raro come si pensa, può manifestarsi sia nel periodo intra che post-operatorio. Durante un intervento anche di media entità, come la riduzione cruenta di una frattura del collo femorale, in un paziente sino a quel nto- mento perfettamente controllato dall'anestesìsta-rianimatore. compare all'improvviso intenso colorito bluastro della cute (cianosi) ed alterazioni sempre più gravi della respirazione, della pressione e del polso che possono sfuggire ad ogni tentativo di controllo farmacologico. Nel giro di pochi minuti il cuore può arrestarsi senza che a nulla valgano le più sofisticate manovre di rianimazione. All'autopsia la triste diagnosi dell'evento — apparentemente de! tutto sproporzionato ed inatteso — è di embolia ostruttiva de! tronco dell'arteria poimoitare. In altri casi il quadro clinico è più sfumato e tra l'inizio dei sintomi e l'arresto cardiaco possono trascorrere periodi di tempo più o meno lunghi: una statistica, relativamente recente, del Massachusetts General Hospital dimostra che, dei pazienti colpiti da embolia polmonare fatale, il 50 per cento è rimasto in vita per 50 minuti, il 25 per cento per 60 minuti, il 15 per cento per 6 ore e il 9 per cento per 12 ore. Sin dal I90S si era pensato alla possibilità chirurgica d'asportare tempestivamente l'embolo, dopo aver aperto l'arteria polmonare. Dopo i primi insuccessi di Trendelemburg. che fu l'ideatore di questo intervento. Kirschner riusci a portare a termine felicemente, nel 1924. la prima embolectomia polmonare. Ciononostante permaneva l'eccezionale difficoltà della realizzazione chirurgica (tra il 1924 ed il 1952 solo 12 pazienti sono sopravvissuti a questo tipo di intervento). La necessità di dover operare immediatamente e con estrema rapidità, le difficoltà tecniche di un intervento di altissima chirurgia a torace aperto su pazienti agonici, la non sempre facile diagnosi, giustificano i modestissimi successi ottenuti anche nei centri più qualificati. Dopo il 1952. con la circolazione extracorporea, sono certamente aumentate le possibilità di successo. Gian Paolo Zocche Primario di Anestesia e Rianima/ione de: Centro Traumatologico Ortopedico e dì Malattie Sociali e del Lavoro di Torino

Persone citate: Ezio Minetto, Gian Paolo Zocche, Ietto, Kirschner

Luoghi citati: Massachusetts, Torino