Quello uno scrittore? si vedrà fra cent'anni di Giorgio Manganelli

Quello uno scrittore? si vedrà fra cent'anni UN METODO PER SCOPRIRLO Quello uno scrittore? si vedrà fra cent'anni Che siano tempi duri per gli scrittori, è difficile negarlo. Basse tirature, poche traduzioni, nessuna stroncatura, e per giunta adesso si mettono a mandarli in esilio e a buttarli in galera. In tutto il mondo, le prigioni, i campi di concentramento, i manicomi criminali, i centri di rieducazione pare che brulichino, letteralmente, di scrittori. Non sapevo di vivere nell'epoca d'oro della letteratura, contrassegnata dalla divisa, « tutti scrittori, tutti in galera »: in prospettiva, sogno un pianeta di tutta letteratura, tutta in prigione: a fare da custodi resteranno, suppongo, i basilischi e gli ircocervi Di questo andazzo di mettere gli scrittori in galera s'è giustamente seccato il Pen Club, nel suo ultimo congresso australiano. Così non si può andare avanti, è il succo della risoluzione finale, i governi debbono impegnarsi a esercitare « una incessante tutela della libertà d'espressione degli scrittori, indipendentemente da razza, religione, lingua e opinioni politiche ». Se la sottile e coraggiosa risoluzione dovesse passare a livello mondiale, è chiaro che tutti gli scrittori potrebbero uscire di prigione, non solo, ma dovrebbero avere un documento governativo che li autorizza ad essere di qualsiasi razza, e soprattutto a pensare quello che vogliono. Questa idea che gli scrittori possano pensare impunemente, cosa che non pare richiesta per la generalità degli esseri umani, ha del fascino. Può significare che gli scrittori vanno giudicati innocui dementi, oppure che sono la versione laica dello Spirito Santo, o tutt'e due. * ★ L'unico punto irrisolto della bella e generosa proposta è che non si sa con precisione in che modo stabilire che un tale, essendo scrittore, ha diritto magari di essere un po' scuro di pelle e di pensare quello che vuole. Se qui non si mette in chiaro chi è lo scrittore, c'è da aspettarsi che un sacco di imbroglioni cerchi di farsi passare per tale, non per vera vocazione letteraria, ma per astute mire antisociali, insomma per poter « pensare impunemente » e magari essere anche ebreo o eschimese, tutte cose, è ovvio, che vanno consentite al solo scrittore. Il metodo buono, solido, è quello di aspettare cento anni dalla morte e poi fare un congresso: in tal caso, lo scrittore acclarato come tale potrebbe considerarsi amnistiato dell'intera propria esistenza, e restituito a libertà. Ma mi par di capire che il Pen Club ha in mente scrittori vivi, e qui son lacrime, perché uno scrittore vivo è quasi una contraddizione, sa di ossimoro. Bisognerà accontentarsi di una definizione un po' generica: il tale è scrittore, in quanto scrive romanzi. Anche piccoli piccoli? Diciamo, trecento pagine. Ma non usano più. Dueccntocinquanta. Anche se pubblicati a sue spese? Eh no, è una truffa. E se non trova l'editore? Ma se l'editore pubblicando un libro fa sì che l'autore diventi uno scrittore, e quindi possa impunemente pensare, non si creerà una casta degli editori che rilasciano salvacondotti di razza e lingua? * * E le poesie? Si potrebbe dire: venti poesie brutte o una poesia bella fanno uno scrittore. Ma chi dice che sono belle? La Cassazione? I professori di diritto estetico, quelli che debbono stabilire se un libro è opera d'arte, così che può anche essere osceno? E uno scrittore di storia o politica è uno scrittore? E che sciocchezze sono? In galera, altro che chiacchiere. Di questo passo, si dirà scrittore anche il compilatore di vo- lantini o manifesti. Neanche da I pensarci. E' chiaro che bisogna arrivare ad un esame di Stato e iscrizione all'albo. Ad esempio, si consideri « scrittore » chi in novanta minuti riesce a scrivere un sonetto. E' consentito l'uso del rimario. Oppure un romanze breve a tema obbligato, tempo un mese. Il tema obbligato, vi prego di considerare, è una finezza. Potrebbe essere di questo tipo: «La j lotta degli scrittori per la liber- j tà di pensiero e di critica». Ovviamente, è un tema sedizioso. Chi passa l'esame e viene nomi nato « scrittore » riceve il tesserino con fotografia recente e licenza di pensare; chi non riesce, viene arrestato all'uscita dall'aula, giacché tutto ciò che ho scritto, non essendo stato scritto da uno scrittore, è fortemen te sospetto di reato. A mio avviso, tutti gli aspiranti scrittori bocciati hanno, con la loro infondata aspirazione, svelato la loro brama di pensare impunemente, e dunque vanno gettati in oscure carceri, e possibilmente rieducati all'analfabetismo, magari con l'uso di macchine da scrivere con i tasti sbagliati. Giorgio Manganelli "Art d'écrire" da "Le tavole della Encyclopédie 1762-1777" (ed. Mondadori)