Quella lettera ritrovata

Quella lettera ritrovata UN AUTOGRAFO DI GIACOMO LEOPARDI Quella lettera ritrovata Questa lettera di Giacomo Leopardi che io ho ritrovato è la 418" dell'epistolario curato per Mondadori da Francesco Flora. Il Viani nella seconda edizione (Le Monnier, 1856) la colloca al 256° posto. Ci riferiamo a questa edizione in quanto, arricchita di altre lettere, è più completa. D'altra parte l'epistolario del Viani è un libro-mastro per tutti gli epistolografi leopardiani, compresa la ben nota raccolta del Moroncini (Le Monnier). Dall'indice numerato ed analitico che il Flora pone a fine del suo epistolario leopardiano, sappiamo che la presente lettera è considerata perduta, mentre l'apografo si trova nell'archivio di Stato di Reggio Emilia. L'autografo ci è stato dato in cortese visione dalla signora Olga Cozzani attualmente residente a Ceccano (Prosinone) avendolo costei ereditato dal padre, e qu.Jti dal nonno. Ho fatto una fotocopia che qua riproduciamo, tenendo però presente che, essendo passati oltre centocinquanta anni dacché fu scritta, la carta ha subito delle alterazioni, ma non tanto che la lettera non sia tuttora visibile e leggibile. Ho fatto anche delle fotocopie di altri autografi dei familiari di Giacomo, ossia d'una lettera del padre Monaldo, d'una breve missiva della sorella Paolina, di un brano in latino del fratello Carlo: di questo materiale si potrà discutere in appresso su queste colonne. Nella comparazione noi teniamo presenti l'autografo e la lettera riportata dal Flora, la quale non si differenzia in nulla da quella del Viani, tranne che per una virgola (Carineciò mio,) in quest'ultimo, e per un punto al posto della anzidetta virgola (Carluccio mio.) in Flora, e inoltre per due puntini di reticenza in meno, per il tratto mancante, nell'edizione mondadoriana. Secondo noi, è da dire che alcune varianti riscontrate sono dipese da una erronea interpretazione, o da un affrettato riscontro, di Prospero Viani, mentre ci pare abbastanza chiaro chi. costui abbia modificato di proposito la punteggiatura, e certi minimi elementi ortografici, per dare una versione eletta anziché lasciare la rapida fresca vaghezza che emana dalle pagine scritte di getto. E temiamo che simile manomissione sia stata eseguita dal Viani in altre lettere delle quali non ci sono pervenuti gli autografi. Questo fatto si può facilmente dedurre dalle alte espressioni elogiata ve usate dal Viani nella intro- duzione all'epistolario leopardiano dedicato agli allora viventi fratelli, Carlo e Pierfrancesco, e alla sorella Paolina. Eccole: « Giacomo, vostro fratello, assai chiaro e famoso per la dottrina e gli scrìtti suoi, non sarà giudicato men ragguardevole e degno d'altrettanto onore e meraviglia per le sue lettere... ». Noi a nostra volta pensiamo che la presente lettera fu regalata a qualche illustre personaggio (un letterato?) da parte della sorella Paolina, usa a simili omaggi. Infatti sappiamo, per es., che lei regalò lettere del fratello al conte Antonio Carradori (la n. 832 dell'epistolario curato dal Flora), alla contessa Antonia della Torre (la n. 836), al siciliano professor Parlatore (la n. 808), ecc. Il taglio breve apportato, e sconosciuto sino ad oggi, nella lettera in questione, è facilmente comprensibile. Ecco il passo: « Avrei ben caro di sapere i dettagli della tua querela del Casino, ma capisco che saranno cosa lunga, e ti annoterà scriverli ». Certamente il dissapore, o vero dissidio tra Carlo ed esponenti del Casino dei Nobili di Recanati (viventi di sicuro al momento della pubblicazione dell'epistolario curato dal Viani) doveva ancora essere vivo nella mente dei recanatesi che ne erano a conoscenza. Noi ci riserviamo di appurarne le precise ragioni. Qui sotto, in parallelo, pubblichiamo l'autografo e la lettera riportata dagli epistolografi affinché si rilevino le tante varianti. Come si può facilmente notare le varianti sono diverse e attribuibili, come detto, alla precisa volontà, in gran parte, del Viani (chissà se dietro indicazioni de! fratelli Leopardi e della stessa Paolina, ma non crediamo). Nelli seconda pagina della nostra fotocopia, che corrisponde al tergo dello stesso e unico foglio usato da Giacomo nello scrivere la lettera (allora venivano quasi sempre suggellate con ceralacca), si può intravedere, ombrato dal tempo, l'indirizzo: « Al Nobil Uomo/Signor Conte Carlo Leopardi/Recanali ». Certamente, lo stesso foglio piegato ad arte dava luogo ad una specie di busta. Non crediamo che spettasse il titolo di conte a Carlo, secondogenito di casa Leopardi, ma tutto questo ci fa capire come fosse viva allora, anche in un poeta come Giacomo, l'appartenenza ad un gruppo familiare nobiliare. Da aggiungere che comunemente il poeta, come lui stesso ebbe a dire in una lettera, non firmava le missive che mandava alle persone intime. Per concludere, diciamo che in alto, a sinistra di chi guarda, è appena visibile la data 24 Febb. 26 scritta ci pare dallo stesso Leopardi. Giuseppe Bonaviri ■tfm w jAr mt- ,4* 0. 5 / fyu fai M pt&.ffT* j" ir pus

Luoghi citati: Ceccano, Prosinone, Reggio Emilia