Otello, il sergente di ferro

Otello, il sergente di ferro Il "pensionato,, Del Monaco torna al cinema Otello, il sergente di ferro Nel film di Dino Risi il celebre tenore è un severissimo direttore di casa di riposo - A 60 anni è in ottima forma fisica - Una carriera piena di applausi (Nostro servizio particolare) Roma, 12 marzo. Il tenore Mario Del Monaco ha deposto pennelli e tavolozza (perché adesso dipinge) e lasciato la sua villa di Treviso per affiancarsi a Ugo Tognazzi e Ornella Muti sul set del film «Primo amore» diretto da Dino Risi. S'è installato nell'appartamento di un residence dall'alto del quale domina una silenziosa vallata. Lo accompagna Rina Federa Filippini, sposata nel 1941, e che è la sua donna ombra. Anche ora, durante il nostro incontro. Anzi, ogni tanto vuol mettere bocca, per precisare un particolare, così che lui si secca e affettuoso la rimprovera che l'intervista la sta facendo lui. La signora, discreta: « Chiedo scusa, tesoro ». Pur avendo passato i sessant'anni, è ancora asciutto, appena brizzolato. Qua e là, parlando, come è tipico dei cantanti lirici, dà un saggio della sua voce a riposo, «ancora validissima» assicura, Ecco, sì, anche in salotto, nella comoda poltrona, ha il timbro maschio e denso come fosse su un palcoscenico. Ma deve fare attenzione alla salute. Non mangia nulla, si nutre solo col cibo degli astronauti, un bianchiccio beveraggio vitaminico. Il fatto che un regista italiano si sia ricordato di lui, in un momento di così vasta disoccupazione, dopo una pausa di ben 24 anni (l'ultimo film fu «Casa Ricordi» nel 1954) lo ha sorpreso: «Forse Risi, che non conoscevo, mi ha sentito cantare, o visto in un Otello». Sarà. Comunque Otello è un generale autoritario: e un personaggio autoritario è appunto quello che gli è stato affidato: direttore di una casa di riposo per artisti, duro, militaresco, che all'alba butta già dal letto quei vecchietti per sottoporli a massacranti esercizi ginnici. Non è facile mettere ordine ad una conversazione che cerca di ripercorrere tutta una vita scandita da musiche e applausi. Vediamo di sintetizzare. E' nonno di due nipotine avute dai due figli, uno albergatore a Parigi e l'altro regista in Germania. «Con loro — dice — siamo sempre a contatto e malgrado abbiano superato la trentina non fanno nulla senza consultare me o mia moglie». Del cinema preferisce ricordare il primo film, «L'uomo dal guanto giallo» che è del '47, diretto da Mastrocinque. «Si divideva il teatro di posa con De Sica che stava realizzando Ladri di biciclette». Sosteneva, è ovvio, il ruolo di cantante, come in tutti i suoi film. Ma in questo di Risi la lirica è solo nell'aria. In quel '47 aveva già deciso per il canto, però il cinema gli serviva per conquistare più popolarità. Fu poi chiamato ad Hollywood per «Il principe studente» che avrebbe dovuto fare Mario Lanza: si era così impinguato che lo sbatterono fuori sostituendolo con Del Monaco. «Subì- to dopo sono esploso: inaugurazione della Scala, inaugurazione del Metropolitan, e poi Cuba, Messico, Giappone. La lirica mi ha travolto e per il cinema non ho avuto più tempo». Il fulcro della sua carriera, il momento d'oro, fu tra il '57 ed il '63. Stecche? Scivoloni? «Mai! Sedici anni trascorsi come un sogno meraviglioso fino all'incidente automobilistico». L'apice della soddisfazione l'ha raggiunto nel '59, al Bolscioi di Mosca. La folla lo scortò all'albergo e lui dovette affacciarsi al balcone. «Cantai O sole mio e la gente in delirio urlava viva Del Monaco, viva l'Italia! Ecco — esclama con orgoglio — io sono riuscito a far gridare viva l'Italia a Mosca». Krusciov non se lo lasciò scappare. «Ho saltato la cena per non perdervi, mi disse, e sussurrava all'ambasciatore Pietromarchi: peccato che in Russia non abbiamo una personalità musicale come Del Monaco! Mi decorò con l'ordine accademico di Lenin». Ma il suo più grande amico è il maresciallo Tito. «Mi ha ospitato per una settimana nella sua villa di Brioni. In un certo senso ho svolto un compito diplomatico, difatti ci fu una maggiore distensione con l'Italia». Politica dell'acuto invece che del ping-pong. Poi ci sono l'imperatore del Giappone e Nixon. Il Mikado fece uno strappo alla regola ed emerse dal palazzo per recarsi in teatro. «Nixon lo conobbi che non era ancora presidente. Venne a raccomandarmi la figlia di Truman: voleva fare la cantante». Davanti a Truman cantò Otello che è il suo cavallo vincente. Assicura: «Resteranno nella storia, per Otello, solo Tamagno, che fu il primo a farlo, e Mario Del Monaco. Io l'ho cantato in ogni angolo del mondo, per 427 volte. Oggi potrei cantare ancora, ma ho preferito mettermi da parte per rispetto alla mia stessa carriera»._ Ha certamente guadagnato moltissimo. «Ma ho anche speso molto. Mi è rimasto quel tanto che basta pe* vivere. E' coi concerti che ho guadagnato di più. Nel '60 in Germania mi davano 22 mila marchi, in Giappone 6000 dollari». Chissà che superlavoro per il fisco. Ha mai avuto grane? Ha pagato tutto? «Sì, sempre e dovunque. Anzi tre anni fa mi hanno restituito 27 milioni che avevo pagato in più». Ma adesso cosa fa? Non si annoia? «Sono un pensionato, ad un milione e centomila al mese. Scrivo critica musicale su "Opera International", e poi dipingo». Che genere di pittura? Vende anche? «Pittura metafisica. Ho esposto a Montecarlo e a Venezia. Qualche quadro l'ho venduto per due milioni. Da ragazzo avevo studiato all'Accademia di belle arti »,'. Cosa pensa dell'opera contemporanea, di autori come Nono, per esempio? «Sono esperimenti interessantissimi, ma per interpretarli occorre un allenamento particolare, con cantanti speciali, perché sono musiche dodecafoniche, atonali. Tro vo interessanti anche Sciarrino, Alfano, ma non fanno parte del mio repertorio tradizionale». Fra i cantanti italiani chi sta venendo fuori, ponendosi sulla sua stessa scia? «I grandi divi nascono ogni cinquanta anni. Dopo Caruso abbiamo avuto Gigli e dopo Gigli, Del Monaco. Oggi? Potrei citare Luciano Pavarotti. Sul piano vocalistico potrebbe inserirsi nella mia scia». E in campo internazionale? «Placido Domingo. Ma anche Pavarotti è su piano internazionale, gli fa difetto solo il fisico». Il ricordo più bello della sua vita sentimentale? «Quando coronai il sogno d'amore con mia moglie. Per me è stata la migliore donna del mondo. Non avrei raggiunto questi livelli se non fosse stata al mio fianco». Eppure avrà avuto non po¬ che occasioni, qualche tentazione extra... «Sì, c'è stato qualcosa, ma in genere ho lasciato perdere, con qualche bugia per sottrarmi». E sua moglie come si comportava? «Meravigliosamente. Un po' mi lasciava fare, aspettava con comprensione e delicatezza che mi passasse il capriccetto». E la signora Rina, bonaria, piazza il suo «Eh, già, gli uomini son fatti così.'». Cosa c'è che più di ogni altra cosa le fa paura? «La morte. Perché è un fatto ineluttabile. Mi consolo con la fede. Vede, io sono carmelitano. Da bambino volevo fare il sacerdote. Mi sarebbe piaciuta la vita monastica, serena». E' stato forse tentato di ritirarsi in un convento? «Proprio così. E più volte. Quando ho avuto crisi psicologiche, di depressione, quando c'è stata qualche caduta vocale. Soprattutto dopo l'incidente automobilistico che ha Ì7iterrotto la carriera. Ma gliel'ho detto, io sono carmelitano, quasi frate». E altre proposte di lavoro ci sono? «Mi hanno offerto di dirigere un'orchestra stabile in Jugoslavia. Ci penso». C'è stato un episodio negli ultimi tempi che l'ha commosso e turbato? «La morte di Chaplin. Ho pianto come un bambino». Lamberto Antonelli Mario Del Monaco con Ornella Muti durante una pausa del film di Dino Risi