Ormai il malessere è diventato cronico nella scuola media di Benedetto Marzullo
Ormai il malessere è diventato cronico nella scuola media Ormai il malessere è diventato cronico nella scuola media Nelle ultime settimane, la violenza ha di nuovo divampato nelle scuole. Soprattutto fra gli studenti delle secondarie. Le cui iniziative si spostano, con inattese incursioni, fin dentro alle Università. Sconcerta il dilagare della rivolta, sorprende la determinazione di così giovani sco lari, colpisce la inusitata arroganza degli adolescenti. E' facile supporre, dietro la maculata mappa di simili exploits, un'accorta strategia. Collegarli con i puntuali atti di terrorismo, con la ribellione dei « non garantiti ». Assimilarli ad ogni altro fenomeno di « autonomia », che non soltanto tiene a distinguersi da strutture e prassi costituite, ma esplicitamente si propone di destabilizzarle, sov vertirle. I giovanissimi rappresenterebbero l'avanguardia, spesso inconsapevole, di un baluginante disegno rivoluzionario. Viene loro attribuita una mi nuscola guerriglia urbana, difficile da prevedere, localizzare, reprimere. Le istituzioni, ed in particolare quelle scolastiche, reagiscono disordinatamente. Dimostrano una inquietante impotenza, non solo a difendersi, ma ad arginare e soprattutto frenare atti di ribellione, inconcepibili fino a ieri. Le forze politiche, i sedi centi esperti scolastici dei partiti, si incontrano con il presidente del Consiglio, il ministro convoca la presiden za del neonato consiglio della Pubblica istruzione, mini stro e presidenza convocano d'urgenza l'intero consesso. Autorevoli voci si levano, a protestare, invocare. Si tentano approcci, mediazioni, con avversari incontenibili ma pur sempre lillipuziani. La confusa emotività dei con tendenti ci conferma un Pae se sorprendentemente giova ne, immaturo. Fenomeni ana loghi non si sono verificati altrove, non provengono né tanto meno si diffondono altrove. Il documento, faticosamente elaborato dai settantuno membri del sommo Consiglio scolastico, ribadisce, malgrado il sofferto impegno, una carenza quanto meno decisionale. Esso è frutto di forze, mentalità, ideologie diverse: riesce tuttavia a coagularsi intorno ad ipotesi non più che verbali, difetta di ogni e programmatica risoluzione. Un « compromesso all'italia na », è stato benevolmenta definito. Ricorda in realtà un avvocatesco consulto, non l'attesa diagnosi clinica. Esige, nei confronti dei giovanissimi devianti, « gli interventi previsti dalle leggi dello Stato anche in materia disciplinare ». Pretende « la revisione immediata delle norme disciplinari di cui al D.R. 1925 », sollecita « una ridefìnizione organica dei diritti e doveri degli studenti ». Della disciplina evidentemente persiste un concetto gesuitico oppure militaresco: la si identifica con un consenso forzoso, o semplicemente coatto. I giovani sono naturalmenl,e insofferenti di esteriori norme, costitutivamente sensibili a modelli comportamentali. Sospendendo, in via provvisoria, ogni ipotesi di strumentalizzazione, sembra sfuggire l'immagine che i nostri figli contraggono dell'attuale società. Se riuscissimo ad obicttivarla, nelle sue consuetudini compromissorie, nelle pratiche trasformistiche, nella provata incapacità di programma, di gestione, di responsabilità individuale e collettiva, se riconoscessima dunque l'aggrovigliato quadro che (a dispetto di non infrequenti eccezioni) continuiamo ad offrirgli, intenderemmo più agevolmente il loro rifiuto, soltanto in apparenza infantile. La secondaria, con una popolazione di circa tre milioni di alunni, attende dal 'tì2 una riforma, che, nello spirito e nella struttura, la ricolleghi all'aggiornata scuola dell'obbligo, la coordini con una rinnovata università (attualmente, per concezione e modalità, ancora medievale), costituisca una funzionale ri sposta alle esigenze operative ed occupazionali, ma anche culturali, di una ribollen te, massificata società. Soltanto disorganici, demagogici interventi ha subito negli ul timi anni la denegata isti tu zione. Assomiglia, malgrado isolati sforzi personali o di progressistiche fasce, ad un allucinato universo concentrazicnario. Destinato al nulla: ma anche ad esplodere, per sobillazione non di necessità esterna. Lo Stato difficilmente si difende con concertati allarmi, con volontaristiche mobilitazioni. Lo Stato è gestione razionale, finalizzata degli interessi comunitari. Supponiamo che i nostri giovani, pur reagendo perversamente, l'abbiano intuito. E' nostro dovere dimostrarglielo, in concreto. Benedetto Marzullo
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