Quattro drammi tra le migliaia vissuti da giovani angosciati, preda della droga di Liliana Madeo

Quattro drammi tra le migliaia vissuti da giovani angosciati, preda della droga La società ha strutture inadeguate per affrontare il problema terribile Quattro drammi tra le migliaia vissuti da giovani angosciati, preda della droga Roma, 5 marzo. La città tira avanti nella sua vita di tutti i giorni. E il dramma di migliaia di giovani che sprofondano nell'angoscia, la solitudine autolesionista, l'aggressività antisociale, la tossicodipendenza, si consuma fra l'inadeguatezza delle diagnosi, degli interventi, dei progetti o impegni per il loro recupero. Ogni giornata è costellata di storie dolorose. Sabato 24 febbraio, ore 12, al «Centro per le malattie sociali» di Via dei Riari, noto a Roma come centro antidroga comunale, arriva una ragazza accompagnata da una amica. Ha il volto pallido affilato, occhiaie scure, il mento e le mani che tremano. «Sto male, aiutami, subito», dice a un medico. C'è altra gente intorno. La ragazza non si preoccupa di nessuno. E' in una crisi di astinenza, il suo problema appanna ogni altra sensazione relativa al mondo esterno. «Sono venuta qui di nascosto — aggiunge. — Se mio marito lo sa, mi ammazza di botte. La settimana scorsa mi ero bucata ancora. Mi ha pestata che ancora ho i segni sulla testa. Mia suocera minaccia di togliermi la bambina. Aiutatemi, e qui. Non posso andare al centro vicino casa: mi vedrebbero, ho paura». I medici la conoscono, sanno benissimo qual è la sua storia di tossicoma¬ ne e di complicati rapporti familiari. Ma non possono farci niente. «C'è una legge della Regione per cui noi non possiamo accettarti. Devi andare al "Centro" della tua circoscrizione. E' la legge. Adesso telefoniamo perché non ti facciano aspettare. Vai, vai subito», le dicono. La ragazza ha un tremito ancor più violento che le contrae il volto. Se ne va senza aggiungere parola. Metà febbraio. Un ragazzo accusato di rapina viene assolto dal tribunale e torna in libertà. Ha 18 anni ed è completamente solo al mondo. Tra carcere minorile e prigione, ha trascorso dentro mesi e mesi. Da qualche anno ha incominciato a bucarsi: ruba per procurarsi la roba, si buca psr compensare i vuoti della sua esistenza. La sua scarcerazione avviene all'improvviso. Non la prevedono, perché del processo non erano stati informati, gli operatori socio-sanitari che lo hanno seguito a Regina Coeli e di cui fa parte anche il vice-direttore del carcere. Due giorni dopo fa uno scippo e torna dentro. Lo rimettono in libertà e ora dorme nelle case disabitate nei pressi di piazza Navona, mangia qualcosa, qualche volta. E' tornato a bucarsi. Ha tentato due volte il suicidio. «Il trattamento del carcere (nel centro clinico per chi vuole il rico¬ vero, nei reparti comuni per chi preferisce rimanere in mezzo agli altri; n. d. r.) ha un senso se ci si preoccupa dì evitare che, una volta fuori, si riproponga per il giovane la stessa situazione che 10 ha portato alla devianza e alla droga. Dovremmo potergli trovare un lavoro. Dovremmo "reinserire" il soggetto: è contemplato dai nostri compiti istituzionali. A parte il fatto che di lavoro non ce n'é, figuriamoci quando si parla di uno con problemi, "etichettato". Inoltre: quelli che finiscono dentro sono per lo più studenti, disoccupati, lavoratori con una occupazione insoddisfacente. 11 problema vero è inserirli nella società. Altro che reinserimento!», dice il dott. Gianni Biondi, psicologo, membro dell'equipe che opera a Regina Coeli per la cura e il trattamento dei tossicodipendenti. Fine dicembre '77, carcere Regina Coeli. Un giovane drogato si uccide. Era dentro da tre mesi, era sottoposto a terapia disintossicante nel centro clinico (dove finisce la minoranza dei tossicomani, gli altri restano nei bracci dove — come più volte e da più parti è stato denunciato — la droga continuerebbe a circolare, e il circuito malavita-spaccio-consumo di stupefacenti si rinsalderebbe): si esclude che a determinare il tragico gesto i sia stata una crisi di astinenza. Poi si scopre che il giorno di Natale ha mandato ai suoi un biglietto: «Voi non mi avete fatto gli augu ri, e questo mi fa soffrire. Ma io non posso fare a meno di ricordarvi, e di volervi bene». Subito dopo si è ucciso. «Dovremmo essere in grado di evitare che il mondo esterno si configuri come giudice che condanna, quando il drogato viene scoperto. Dovremmo, soprattutto, poter intervenire presso le famiglie, per informare, educare, mettere in grado di prevenire il problema o fronteggiarlo quando il "dramma" scoppia. Non esiste una ricetta per risolvere la piaga della droga. Non l'hanno trovata altri Paesi, che prima di noi si sono trovati con questa tragedia in casa. La soluzione non è il metadone (il farmaco usato prevalentemente nelle cure disintossicanti), né l'ospedale (dove le strutture indicate dalla Regione per curare alcolisti e tossicodipendenti, come i Centri di Igiene mentale e le condotte mediche, tendono a spedire i pazienti, per lavarsene le mani, per impreparazione specifica), né il carcere. Bisogna guardare ai meccanismi patogeni della società, per risalire a monte del problema. Scendendo su un terreno più spicciolo, bisogna pensare a interventi globali. che riguardano la scuola, la famiglia, i luoghi di lavoro, i centri di aggregazione e di ricreazione da creare, i momenti di lavoro e creatività da cui far nascere le motivazioni di cui i giovani hanno bisogno per non sentirsi così disperati», dice il dott. Michele Virno, del Centro antidroga del Comune di Roma, autore di un manuale, «Le tossicodipendenze da oppiacei», destinato a ufficiali sanitari, medici, psicologi, assistenti sanitari e sociali. Febbraio '78. Scoppia il «caso» di Villa Maraini, una comunità agricola e artigianale nel cuore di Roma, dove da un anno e mezzo la Croce Rossa finanzia un esperimento di terapia, lavoro, recupero di drogati. La Croce Rossa annunzia che chiude il Centro. I medici e i volontari che vi operano, una quarantina di giovani che qui trascorrono la giornata, annunziano che occuperanno questa loro «casa». Il presidete generale della Croce Rossa, Savini Nicci. precisa: «L'esperimento è stato condotto con metodi organizzativi artigianali, con l'impiego dì volontari, che non può protrarsi, per legge, oltre un certo termine. La delibera fu presa dal Consiglio direttivo con scadenza 31 dicembre 77. Noi non possiamo farci carico di questo enorme problema. Tocca alle pubbliche amministrazioni intervenire. L'esperimento è stato positivo. Sarebbe un peccato che finisse nel niente. Abbiamo prorogato la vita del Centro fino al 31 marzo. Intanto sono in corso trattative con il Comune e la Regione perché siano messe a punto le dovute convenzioni». Al Centro antidroga del Comune cosi commentano la situazione: «Tra questi ping pong delle autorità si rischia di buttare a mare due anni di lavoro, uno dei risultati più positivi su scala nazionale che si siano ottenuti nella lotta contro la droga». Le strutture decentrate previste dalla Regione per la cura e riabilitazione dei tossicomani stentano a funzionare (la legge che regolamenta la materia è del 29 dicembre '77). Il consumo dell'eroina continua a crescere, da almeno tre anni a questa parte. Liliana Madeo

Persone citate: Gianni Biondi, Maraini, Michele Virno, Savini Nicci

Luoghi citati: Comune Di Roma, Roma