Montale nell' American Academy di Alfredo Venturi

Montale nell' American Academy Montale nell' American Academy Milano, 30 marzo, i Eugenio Montale ascolta compunto, nei suoi occhi j chiari c'è il fastidio dei lam-1 pi fotografici e c'è anche una impressione di controllata ironia. Ascolta Richard Gardner, ambasciatore degli Stati Uniti, che lo accoglie nell'American Academy of Artsand Letters. Una nuova consacrazione internazionale, dopo il Nobel del '75, ma anche una ] nuova prova per l'uomo che | a suo tempo aveva preso le distanze dai « poeti laureati», quelli che « si muovono soltanto fra le piante / dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti ». Gardner lo sa be- ! ne, e per questo cita accor- j tamente Montale che gli siede accanto, lo definisce « un I genio che non chiede la fan-1 farà », che non ama « essere \ conficcato nella storia ». Ma resta il fatto che « i suoi versi appartengono ormai alla cultura umana. trascendono I i confini linguistici e geografici deali Stati ». L'amoasciatore consegna al poeta il diploma di socio onorario dell'Accademia. Ha appena letto la motivazione: « Eugenio Montale ha per più di cinquantanni scritto versi di grande purezza formale e intensità simbolica attingendo le tante immagini dal suo aspro paesaggio ligure. La sua limpida e severa concezione della condizione umana ne fanno agli occhi dei lettori di tanti Paesi il Più grande poeta italiano dopo Leopardi ». Adesso tocca al vecchio poeta di accostare al microfono quel suo mobilissimo viso. « Avevo pochi titoli per entrare in questa accademia », dice. Ma ce n'è uno che è stato giudicato sufficiente: « Un sentimento di profonda simpatia » verso l'America e il popolo americano. E la letteratura americana, che Montale giovane tradusse per il pubblico italiano: « Non ho lavorato soltanto per vivere », c'era di mezzo la «profonda simpatia». Un intenso e lungo contatto culturale con l'America. Montale ricorda questo con- i tatto. Cronista, più di venti- cinque anni fa, all'inaugura- ; zione di un collegamento ae- transatlantico. Diciotto di viaggio, allora si an- dava coi quadrimotori a scop-pio, e il comandante che ras- reo ore sicurava i passeggeri: vedre- te che arriveremo sani e salvi. La brevissima sosta a New York, poi le diciotto ore j del ritorno. Il cronista-poeta « sano e salvo » fra i suoi ossi di seppia. Montale ha finito, si sottopone paziente al rito delle congratulazioni nell'affollata sala di lettura dell'Usis di Milano, che è a pochi passi da casa sua, in quella medesima via Bigli dove sopravvive, contro l'emergenza, la crisi. le banalità, la grazia antica della città. « Grazie per il sof. fletto », dice al suo biografo ! Nascimbeni, che sul Corriere j ha parlato di lui e dell'avveI nimento. | Come sempre, gli fa una ! guardia vigile e attenta la goj vernante Gina. Riconosce vecI chi amici, ne scruta curiosa| mente di nuovi. Lo festeggiano, con gli ospiti americani, I compagni di lettere e di gior; nalismo, la Milano della culi tura e dell'editoria. Si parla della sua presenza nelle 11| brerie di lingua inglese: le I edizioni americane della New ! Directions. la traduzione a i cura di Edith Farnsworth, | quella dell'indiano Singh, ita-ì lianista nell'università di Bel- 1 fast, il rilancio e le ristampe ; dopo il Nobel. i Poi il poeta al braccio di | Gina riprende la breve via di i casa, e fra gli scaffali del- : l'Usis si parla di questa ac- , cademia americana che ha vo- ! luto Montale fra i suoi soci j onorari. E' un'istituzione fon¬ data ottant'anni fa, poi consacrata dal presidente Wilson nel 1913. Il nostro poeta vi si trova in buona compagnia: Henry Moore, Marc Chagall, Alexander Solzenicyn, Arnold Toynbee. E fra gli italiani Silone, Moravia, Bassani, Nervi, Manzù, Dallapiccola. E il musicista Petrassi, con il poeta-senatore neofita della pre- stigiosa istituzione ameri¬ cana. Alfredo Venturi i j 1 ] | ! !,.;;t ' 1*1!' «i• »i» • « '**bP>m*' j I Eugenio Montale e l'ambasciatore Gardner (Publifoto)

Luoghi citati: America, Milano, New York, Stati Uniti