Proust non fa miracoli di Giovanni Bogliolo

Proust non fa miracoli Proust non fa miracoli "L'Indifférent" resterà memorabile solo come un buon affare editoriale Non si è ripetuto il miracolo di Jean Santeuil e degli altri inediti di Proust che tanta parte hanno avuto nella conoscenza postuma dello scrittore: la pubblicazione de L'Indifférent, la novella ritrovata da Philip Kolb, resterà memorabile solo come exploit editoriale, per la perizia del tipografo che ha saputo dilatare lo smilzo testo proustiano in una trentina di pagine e per la sottigliezza esegetica d :1 Kolb che è riuscito a premettergliene altrettante di introduzione così da dare al tutto almeno la parvenza di un volume della prestigiosa Collection Bianche di Gallimard. Nel "52, di fronte all'importanza della scoperta, si poteva discettare sulla liceità del recupero di un brouillon che lo scrittore aveva voluto accantonare o dissentire dall'arbitrario montaggio che Bernard de Fallois aveva fatto dei materiali di Jean Santeuil; oggi si è costretti a registrare la quasi assoluta irrilevanza della nuova acquisizione. Il solo merito di questa novella non inedita — giacché Proust l'aveva pubblicata in una delle tante effimere riviste del suo tempo. ta vie contemporaìne — è quello di aver avuto il curioso destino di essere stata fino ad ora ignorata anche dai biografi più scrupolosi e trascurata dal suo stesso autore che, dopo averla esclusa con fondate ragioni da Les plaisirs et les jours, mostra una sola volta il desiderio di rileggerla e ne chiede per lettera all'amico Robert de Flers. In quell'occasione, la chiama «mie nouvelle imbévile», e se l'aggettivo ha qui il suo valore etimologico, non si può che ammirarne la pertinenza: il racconto dell'improvvisa presa di coscienza da parte di Madeleine de Gouvres dell'amore irrazionale e inopportuno che nutre per il refrattario e mediocre Lepre, attratto a sua volta dalle «femmes ignobles» e perciò indifferente al fascino aristocratico della giovane vedova, è infatti condotto con blanda approssimazione psicologica e giovanile impaccio stilistico. Certo, con benevola pazienza, anche in questo spoglio canovaccio si possono intravedere alcuni temi della grande sinfonia della Recherche, ma tutta la finezza e la dottrina che Kolb prodiga per metterli in luce non apporta¬ ; no che un supplemento di prova alla verificatissima convinzione che Proust sia stato lo scrittore infaticabile di un solo libro pazientemente riscritto per tutta la vita e servono solo a dare la misura dell'abisso che separa un modestissimo accordo giovanile dalla superba orchestrazione finale. Dopo aver potuto frugare, con fean Santeuil, in quella che Gianfranco Contini ha felicemente chiamato l'«infanzia della Recherche», gli studiosi dispongono ora anche di uno dei suoi primi vagiti neonatali; ma c'è il sospetto che, così reclamizzata e presentata, questa «scoperta» non cerchi tanto il consenso dei filologi e degli happy fews che si sanno appagare del profumo di cattleya che già spira da queste pagine o di un primo timido accenno di quella particolare cristallizzazione dell'amore che Swann saprà compiutamente illustrare, quanto la riconoscenza di quella foltissima schiera di lettori che troveranno in questo accessibilissimo (e deludente) assaggio una ragione di più per evitare di cimentarsi con i quindici tomi della Recherche. Giovanni Bogliolo