Tito tenta la mediazione fra Washington e Mosca di Frane Barbieri

Tito tenta la mediazione fra Washington e Mosca L'incontro del ministro Minic con Breznev Tito tenta la mediazione fra Washington e Mosca Il "non intervento" americano in Africa e la possibilità di un incontro al vertice fra le superpotenze sono alla base della nuova diplomazia jugoslava - Più che mediatore, Tito si propone come "suggeritore" (Dal nostro inviato speciale) Belgrado, 28 marzo. Un inviato di Tito ha avuto oggi un lungo incontro con Breznev al Cremlino. A portare il messaggio del presidente jugoslavo non a caso è stato prescelto Milon Minic, il ministro degli Esteri. Mosca si aggiunge come tappa logica alla sua appena conclusa missione diplomatica nel triangolo incandescente Kartum-Addis Abeba-Mogadiscio, dove ha portato messaggi personali di Tito ai capi di Sudan, Etiopia e Somalia. Il peregrinare di Minic acquista un'importanza ancora superiore quando si considera che è stato deciso dopo la visita di Tito a Washington, dove Minic lo ha accompagnato. Infatti è stato Tito il primo statista a cui Carter abbia confidato l'intenzione degli Stati Uniti di rinunciare a qualunque forma di intervento militare in Africa, compresa la fornitura delle armi, se Mosca si impegnerà a ritirare, magari gradualmente, le proprie forze e quelle cubane. Le impressioni riportate dal ministro jugoslavo sono state di ordine duplice, e abbastanza contraddittorie. A Kartum, Addis Abeba e Mogadiscio, i rispettivi capi hanno convenuto con Tito che le diatribe africane devono essere risolte fra africani, in base alle frontiere esistenti, senza offrire la possibilità alle grandi potenze di inserirsi nei conflitti ed estendere al Continente nero la loro battaglia per le zone di influenza nel mondo. Allo stesso tempo, Minic ha potuto constatare in loco come le zone di influenza delle superpotenze si siano praticamente già estese in quel continente, inasprendo i conflitti locali, invece di placarli. In Etiopia i consiglieri, gli ufficiali e i tecnici sovietici, assieme alle truppe cubane, hanno posto già una pesante ipoteca anche politica sulla condizione della nuova repubblica rivoluzionaria dei maggiori e dei tenenti colonnelli. Negli uffici governativi, dove Minic è stato ricevuto, dominavano sulle pareti le parole d'ordine scritte addirittura in russo, come la tv jugoslava non ha tralasciato di sottolineare con le immagini. D'altro canto a Mogadiscio la frustrazione per la sconfitta militare e il rancore per il ruolo decisivo che i russi hanno avuto nella vittoria etiopica hanno fatto nascere una forte spinta antisovietica, sfociando nelle richieste sempre più pressanti a Washington di intervenire a sua volta. Minic, a quanto si è potuto sapere, porta dal triangolo africano impressioni abbastanza allarmanti: anche se le armi tacciono per il momento, nell'estremo lembo orientale dell'Africa si stanno accumulando i presupposti per un conflitto di dimensioni incalcolabili; per smontarlo preventivamente non ci sarebbe altra soluzione che il disimpegno delle grandi potenze. Questo dovrebbe essere anche il contenuto dei suggerimenti inviati da Tito a Breznev tramite il testimone più diretto e fresco di quella situazione esplosiva, che è appunto Minic. Trasmettendo le sue preoccupazioni, Tito ha comunicato, a quanto si informa, anche il contenuto dei suoi colloqui con Carter e l'impegno americano di non intervenire nelle vicende africane con armi e uomini. Malgrado la intensa attività, tengono a sottolineare a Belgrado, la Jugoslavia e Tito non intendono fungere da mediatori. Forti della loro posizione fra i non allineati, vorrebbero bloccare in tempo l'incursione delle superpotenze in quell'area, rivendicando per gli stessi non allineati l'iniziativa per una composizione pacifica (e ad ogni modo non aggravata dal gioco delle zone di influenza) dei conflitti che stanno scoppiando a catena nel Terzo Mondo. Il secondo tema, connesso strettamente al primo, del colloquio di Minic con i capi sovietici è quello dei rapporti tra Washington e Mosca. Durante il recente viaggio in America Tito aveva constatato che questi rapporti stanno raggiungendo la punta più bassa di tutto il dopoguerra. Pur avversando il bipolarismo mondiale, il capo jugoslavo aveva suggerito a Carter di stabilire al più presto un contatto diretto con Breznev. Senza i contatti diretti tra i capi delle due superpotenze il mondo starà continuamente sull'orlo del precipizio, avrebbe dichiarato a Carter. Un simile suggerimento Mi¬ nic, con ogni probabilità, ha trasmesso oggi pure a Breznev. L'occasione propizia per il nuovo vertice, senza che nessuna delle due parti (oggi piuttosto fredde e offese) muova il primo passo sarebbe l'assemblea straordinaria dell'Onu sul disarmo, richiesta ed ottenuta dai non allineati. Breznev si recherebbe a New York per pronunciare un discorso, data l'importanza del tema. Carter, data la vicinanza, farebbe altrettanto e i due si incontrerebbero. All'assemblea, a quanto si preannuncia, sarebbe presente anche Tito: non da mediatore, che non vuole essere in nessun caso, ma da suggeritore prestigioso, accettato da ambedue le parti. Una missione, questa odierna di Minic, di importanza mondiale, ma con tutto ciò di esito alquanto incerto, almeno per tre ragioni. Primo, non risulta chiaro se l'inasprimento della politica sovietica viene soltanto come reazione alla linea oscillante e contraddittoria della nuova politica carteriana e perciò se può essere considerata reversibile o mene in seguito ad un'«avance» positiva del Presidente americano. Secondo, i rapporti tra i differenti gruppi al vertice sovietico ri- sultano più che mai instabili, il Paese attraversa una crisi economica che per la prima volta acquista connotati politici più netti, si parla delle fermentazioni nelle province, e di conseguenza una linea più dura all'esterno può essere applicata anche per compensare la fluidità della situazione interna. Terzo, non è facile valutare quale impatto può avere oggi un'iniziativa jugoslava al vertice sovietico. Breznev ha tenuto sempre molto ai consigli di Tito. I rapporti bilaterali, di cui Minic oggi pure si occuperà, formalmente si sviluppano bene. Tuttavia la Jugoslavia si trova alla vigilia dell'XI Congresso della Lega dei comunisti e le tesi programmatiche preparate non corrispondono per niente alla dottrina sovietica del socialismo: malgrado il silenzio, risulta che non piacciano a Mosca anche per la possibile influenza nei Paesi comunisti limitrofi. In più, il partito jugoslavo ha normalizzato i suoi rapporti con il partito comunista cinese e una delegazione di Pechino si trova a Belgrado proprio in questi giorni, cioè nel momento in cui Hua Kuofeng (la cui visita a Belgrado si aspetta entro l'anno) ha respinto le proposte di Breznev per la ripresa e la normalizzazione dei rapporti. Durante il prossimo Congresso jugoslavo la delegazione del pcus potrebbe trovarsi per la prima volta dopo 15 anni nella stessa sala con una delegazione cinese. E' tuttora imprevedibile quanto questo possa piacere a Mosca: è più che probabile che non piaccia. Su questo Minic probabilmente dovrà pure discutere con i capi sovietici. Frane Barbieri