Le truppe di Addis Abeba entrano a Gode ultima città dei guerriglieri in Ogaden di Francesco Fornari

Le truppe di Addis Abeba entrano a Gode ultima città dei guerriglieri in Ogaden L'Ktiopia ha ristabilito il controllo in tutta la regione Le truppe di Addis Abeba entrano a Gode ultima città dei guerriglieri in Ogaden (Dal nostro inviato speciale) Mogadiscio, 21 marzo. Il ministro delle Informazioni ha comunicato nei giorni scorsi che è stato ultimato il ritiro delle truppe regolari di Mogadiscio dal territorio dell'Ogaden. Contemporaneamente L'Avana ha confermato ufficialmente di aver inviato soldati in Etiopia. Radio Addis Abeba, infine, ha annunciato la conquista di Gode, l'unica città dell'Ogaden meridionale rimasta nelle mani dei guerriglieri dopo l'offensiva russa di febbraio. La scorsa settimana erano state rioccupate altre sei località: soltanto pochi villaggi in prossimità della frontiera sono ancora controllati dai guerriglieri. Gode, a 95 chilometri dal confine e da Belet Huen, che dista 330 chilometri da Mogadiscio, a cui è collegata con una larga strada parzialmente asfaltata, era stata una delle prime città « liberate » dai guerriglieri nel luglio '77: un mese fa ero andato a visitarla, accompagnato da esponenti del Fiso che mi avevano fatto vedere con orgoglio le opere che erano state realizzate in questi pochi mesi. Prima fra tutte una scuola elementare per i bambini nomadi, un ospedale, centri di assistenza. Al tempo del Negus vi era stata costruita, con l'assistenza americana, un'importante base aerea che permetteva all'aeronautica etiopica di controllare l'intero territorio somalo. L'avanzata delle unità corazzate sovietiche e dei commandos cubani, seguiti da reparti di etiopici a cui sono stati affidati compiti di rastrellamento, non ha praticamente trovato alcuna resistenza. Scendendo lungo due direttrici, la «task force» russa ha raggiunto e riconquistato, una dopo l'altra, Segag, Kebri Dehar, Korahe, Aware, Bokol Maya e Dolo, che si trova all'intersezione delle tre frontiere fra Somalia, Etiopia e Kenya. I carri armati di Mosca hanno percorso indisturbati oltre 500 chilometri in quattro giorni: qualche disperato tentativo di resistenza da parte di gruppi di guerri¬ glieri è stato stroncato nel sangue. A Nord, nel territorio dell'ex Somalia inglese, i commandos cubani hanno riconquistato la città di Aysha, lungo la ferrovia Addis Abeba-Gibuti, ed ormai si può affermare che le truppe etiopiche sono praticamente arrivate a ridosso dei confini somali sia a Settentrione che a Meridione. Gli resta da riconquistare l'enorme triangolo desertico compreso fra questi due vertici: un'impresa che però non sembra presentare difficoltà per i soldati di Addis Abeba che controllano quasi tutti i pozzi della zona punti obbligati di passaggio per i nomadi che vanno ad attingervi acqua. E' sufficiente che i soldati etiopici stiano ad aspettare: prima o poi i partigiani saranno costretti a tentare azioni disperate per cercare di procurarsi l'acqua indispensabile per sopravvivere. E sarà una carneficina. Si è appreso intanto che nei tre terribili giorni della battaglia di Giggiga, cinque brigate dell'esercito somalo sono state distrutte. Circa seimila uomini sono stati massacrati dal massiccio sbarramento di artiglieria attuato dai cubani e dalle oltre 130 incursioni aeree. Non si conosce ancora a quanto ammontano le perdite fra i ^artigiani e la popolazione civile: cifre non ufficiali, ma tragicamente attendìbili, parlano di «oltre diecimila vittime». Giggiga non esiste più, i cingoli dei carri armati sovietici hanno spianato anche le rovine. Radio Addis Abeba ha dato ieri una notizia sconcertante: i primi soldati etiopici entrati nella città hanno trovato fra le rovine i cadaveri di 56 ufficiali dell'esercito somalo, con le mani legate dietro la schiena. Secondo l'emittente etiopica, nei giorni precedenti la battaglia molti ufficiali si sarebbero ribellati perché non volevano più combattere e sarebbero stati fucilati. La notizia, ovviamente, non trova conferma a Mogadiscio, dove tuttavia circolano voci sempre più insistenti circa un diffuso malcontento fra le alte sfere dell'esercito e fra gli stessi soldati. Nell'Ogaden settentrionale è in atto un vasto rastrellamento da parte delle truppe etiopiche, mentre continua l'esodo delle popolazioni. Ogni notte decine, centinaia di profughi varcano il confine con la Somalia per sottrarsi alla rappresaglia degli abissini. Ma ogni notte la fuga verso la salvezza diventa più difficile. Fonti governative di Addis Abeba hanno comunicato per la prima volta che la Giunta militare sarebbe disposta ad avviare trattative con la Somalia per una soluzione duratura del problema dell'Ogaden, a patto che il governo di Mogadiscio rinunci alle rivendicazioni territoriali su Gibuti e la regione settentrionale del Kenya. Una proposta irrealizzabile poiché la costituzione somala prevede l'annessione di quelle regioni per la creazione della Grande Somalia e sembra molto improbabile che il presidente Siad Barre voglia modificare la costituzione del Paese. A Mogadiscio è arrivato intanto il segretario americano aggiunto per gli affari africani, Richard Moose, chj ha discusso fino a notte inoltrata col presidente somalo i rapporti fra i due Paesi e la situazione del Corno d'Africa. Si è appreso che è stato firmato un accordo per la fornitura alla Somalia di aiuti economici per sette milioni di dollari: 25 mila tonnellate di cereali dovrebbero essere consegnate entro settembre. Francesco Fornari

Persone citate: Bokol Maya, Negus, Richard Moose, Siad Barre