"Cessate il fuoco" unilaterale degli israeliani nel Sud Libano di Igor Man

"Cessate il fuoco" unilaterale degli israeliani nel Sud Libano L'ordine di Weizman dopo un'azione d'artiglieria "Cessate il fuoco" unilaterale degli israeliani nel Sud Libano (Dal nostro inviato speciale) Tel Aviv, 21 marzo. // ministro della Difesa israeliano Weizman ha ordinato alle truppe israeliane in Libano di cessare il fuoco. La decisione unilaterale d'Israele è un gesto di buona volontà che per ora lascia aperti gli altri problemi; soprattutto si attende di conoscere quale potrà essere l'assetto del Libano meridionale dopo la decisione dell'Orni di inviare i «caschi blu». Potranno passare «settimane o mesi» prima che Israele ritiri le sue forze dal Libano meridionale. «Sulla scorta delle passate esperienze, riteniamo che i negoziati con Israele saranno difficili e prolungati»: così ci ha detto un funzionario del «quartier generale» dell'Orni a Gerusalemme. Lo stesso generale finlandese Siilasvuo. comandante dei caschi blu nel Medio Oriente, ieri sera, al termine di un estenuante colloquio con il ministro della Difesa israeliano, Weizman, aveva, del resto, definito «molto complicato» il suo compito. Siilasvuo è stato iutl'oggi a Beirut, per concordare con quelle autorità un «efficace piano di azione» (mentre trasmettiamo dovrebbe essere tornato a Gerusalemme). Nella capitale libanese, invasa da torme di profughi, regna pressoché il caos: abitazioni vengono requisite per dare alloggi alla gente fuggita dai villaggi musulmani del Sud. A Gerusalemme, a Tel Aviv, in lutto Israele c'è aria di festa: è già cominciato il puiim, il carnevale ebraico. Ad Adloyada è sfilato un carro allegorico in testa al quale marciavano due ragazzi mascherati da lìegin a da Sadat; una scritta diceva: «Begin e Sadat visitano le piramidi». Sotto la fotografia, un giornale pubblica la notizia dal Cairo secondo cui il Presidente egiziano afferma di voler continuare i suoi sforzi per la pace «nonostante l'invasione del Libano». Si continua dunque a parlare di pace, in Israele, pur ammettendo che la questione libanese — in aggiunta al problema palestinese e alla interpretazione controversa della 242 — potrebbe ritardare «questa radiosa, sognata conquista». Per cominciare a chiudere il dossier libanese, bisognerà innanzitutto arrivare a una tregua generale. Ancora oggi l'artiglieria israeliana ha picchiato sulle sempre attive posizioni palestinesi a Nord del Litani; poi, improvvisamente, a mezzogiorno, il ministro della Difesa israeliano Weizman ha ordinato alle truppe di stanza nel Libano di cessare il fuoco. Il cessate il fuoco generale, dunque, è il primo obiettivo che si prefigge il generale Siilasvuo. L'Olp non intende sospendere le ostilità, sicché il finlandese non può che sperare nella «mediazione» della «Fad» (Forza araba di dissuasione), vale a dire della Siria, Se, infatti, la Siria riuscirà a imporre all'Olp il cessate il fuoco, si potrà cominciare a studiare l'applicazione del piano di Siilasvuo. Codesto piano, si nota con aperta soddisfazione a Gerusalemme, coincide quasi perfettamente con quello israeliano, anticipato in sintesi ieri sera dal ministro Weizman, nel corso della sua conferenza stampa. Vediamolo un po', sulla scorta delle indiscrezioni trapelate al «quartier generale» dell'Orni di Gerusalemme. Innanzitutto — lo abbiamo già detto —, raggiungimento del cessate il fuoco (finché i fedayn continueranno a sparare, Israele non muoverà un solo soldato). Poi la creazione di una «zona cuscinetto» di circa 800 chilometri quadrati: dovrebbe correre entro due linee parallele. La prima, in partenza da Tiro, sul Mediterraneo, dovrebbe costeggiare il fiume Litani sino alla sua fonte. La seconda, partendo da Ras El llayada, a Sud di Tiro, dovrebbe terminare a Eibel El Saki, a Nord della israeliana Metulla. La striscia di terreno situata entro questa seconda linea e la frontiera israelo-libanese, dovrebbe diventare una sorta di «zona di pace» i cui abitanti, attraverso la cosiddetta Good Fcnce (la buona frontiera) potrebbero continuare a convivere «cordialmente» con gli israeliani. I caschi blu dovrebbero sistemare posti di osservazione sui tre ponti del Litani (Kasniya, Akiya, Khardala), nonché sul ponte Shaka, che attraversa il fiume Hasban. Infine, sempre secondo le fonti dell'Orni a Gerusalemme, Siilasvuo suggerirebbe il pattugliamento e della zona cuscinetto e della zona di frontiera, da parte di forze miste: milizie locali (cristiane) e reparti dell'esercito libanese. In quanto alla «Fad», essa dovrebbe garantire la sicurezza a Nord del Libano, soprattutto a Nabatye. Abbiamo usato il condizionale, nell'esporre il piano che viene attribuito a Siilasvuo, non tanto perché dubitiamo delle nostre fonti di informazione ma soprattutto perché il piano stesso appare di difficile realizzazione. Tanto per cominciare non esiste un esercito libanese; e, poi, oserà la Siria, capofila del «fronte del no», imporsi ai palestinesi? Più che mai diviso, il mondo arabo si affanna a concertare un possibile summit per ricomporre l'unità e, però, mentre l'Egitto e l'Arabia Saudita intendono mettere l'accento sulla necessità di riprendere il negoziato sulla linea tracciata da Sadat, la Libia, l'Algeria, lo Yemen del Sud insistono sul rifiuto a oltranza d'ogni trattativa con Israele. Più sfumata la posizione della Siria che appare tentata di liquidare una volta per tutte la resistenza palestinese, anche se ostenta solidarietà con l'Olp e non tralascia di attaccare il «rinunciatario» Sadat. Insomma, come suol dirsi, il tempo sembra lavorare ancora una volta in favore di Israele. Certo i giuochi si fanno soprattutto a Washington, ma anche qui si sta giocando una grossa partita il cui esito appare finora incerto. La partita, ovviamente, riguarda l'arrivo dei caschi blu, condizionato, come si è visto, da un fatto preciso: la cessazione delle ostilità. Già l'Austria e la Svezia hanno fatto sapere che non invieranno contingenti in Libano se prima non verrà concluso il cessate il fuoco. Israele ripete di essere pronto a far tacere i suoi cannoni — e, di fatto, da mezzogiorno non sparano più — e a ritirarsi non appena «gli altri» finiranno di bombardare l'alta Galilea. Gli «altri» non intendono demordere. Non appare credibile che Carter possa imporre condizioni ritenute inaccettabili dagli israeliani, come un ritiro immediato, nelle attuali circostanze; potrebbe, invece, darsi che i siriani riescano a «convincere» i fedayn a starsene buoni. Comunque sia ci vorrà del tempo. Forse «settimane o mesi» per dirla coi funzionari del «quartier generale» dell'Onu di Gerusalemme . Igor Man

Persone citate: Begin, Sadat, Weizman