Concerto del «Garbarino» con Webern e Schönberg

Concerto del «Garbarino» con Webern e Schönberg Concerto del «Garbarino» con Webern e Schönberg Il complesso strumentale messo insieme e diretto dal clarinettista Giuseppi; Garbarino sta diventando un autentico valore internazionale nella esecuzione di musica moderna, e va elogiato anche per l'informazione e il rigore con cui ne esplora i momenti alti, senza indulgenze verso esperimenti dubbiosi. Ai Lunedi del Piccolo Regio si è presentato con un programma omogeneo, culturalmente proficuo, dove i pezzi non stavano come noci buttale in un sacco, ma si recavan luce l'uno con l'altro grazie ad un opportuno assortimento. Per cominciare, il Concerto op. 24 per novo strumenti, una delle opere meno eseguite di Webern, e una delle più stupefacenti operazioni combinatorie a cui la tecnica seriale abbia mai dato luogo. La serie fondamentale del pezzo, infatti, consta di quattro gruppi di tre note, che fra di loro già osservano la regola delle quattro posizioni seriali — ordine diretto, retrogrado, inverso, retrogrado dell'inverso — e, caso più stupefacente che mai, questa strutturazione riesce abbastanza percepibile anche all'ascolto, grazie specialmente all'asluzia di distribuire ogni apparizione della cellula di tre note a uno dei nove strumenti. A parte quéste e altre prodezze di natura enigmistica, per le quali pare che Webern si fosse ispirato al quadrato magico dei graffiti di Pompei e di Dura Europos (Salar Arepo lene: Opera Rolas), un tempo lento di pura, autentica poesia, cosa che le sapienti analisi di Houlez e di Stockhacrsen si guardano bene dal rilevare. Seguiva, per la voce di Liliana l'oli e cinque strumenti, Palmstròm, massima prova nell'impegno stilistico di quel musicista massimamente impegnato sul versante politico, che fu Hanns Eisler; sono cinque pezzi di « Sprechgesang ». di chiara derivazione schoenberghiana. Poi i Quattro pezzi op. 5 di Alban Bcrg consentivano il piacere di riascoltare Garbarino come clarinettista, bene accompagnato dalla pianista Maria Isabella De Carli. Unico numero del programma deviarne dall'asse della Scuola viennese, ma non per questo meno afferente al tema centrale del concerto, il Fruttaitànz op. 10, sette quadretti medioevali d'un giovanile e ancora alquanto scolastico Kurt Weill, su alcuni dei lesti usati con ben altro spicco da Orff nei Carmina limami. Infine Liliana Poli, che nel Frauemanz aveva potuto cantare senza restrizioni, si cimentava di nuovo col maltusiancsimo canoro del capostipite e capolavoro d'ogni « Sprechgesang », cioè col l'ierrol lunaire di Schocnberg, fulcro ideale dell'intero programma. L'argentina voce sopranile di Liliana Poli non è. per natura, la più adatta a questo testo sacro della moderna vocalità, che siamo soliti collegare, forse senza ragione se non di consuetudine, a vocioni gravi tipo Greta Garbo. Ma con la sua intelligente esperienza della musica moderna Liliana si aggiusta le cose a modo suo, escogitando soluzioni inedite che possono talvolta lasciare perplessi (« Rote furstliche Rubinen » a velocità da scioglilingua, senza nulla di quegli espressionistici strascicamenti a cui ci avevano abituati \ le Erike Freund e compagne). ma che conseguono nell'insieme una loro interna coerenza estetica. Ottimo successo e caldi applausi, salvo che dopo Palmstrbm ci fu un imbarazzato silenzio, dato che nessuno sapeva che fosse HI nito. Perché i programmi di sala | del Piccolo Regio sono così lacunosi e non riferiscono le suddivij sioni interne dei pezzi? E che scn' so ha preseniare composizioni voj cali sconosciute, in lingua straniel ra. senza fornirne in qualche mo' do. per iscritto o a voce, i testi? m. m.

Luoghi citati: Pompei