Un americano a Roma di Angelo Dragone

Un americano a Roma LE MOSTRE D'ARTE A TORINO Un americano a Roma Ad un lustro di distanza ricompare a Torino Robert Carrol, diviso questa volta non più tra «La Bussola- e >l Portici- (dove nel '73 tornò peraltro sempre con opere in prevalenza grafica), ma tra «Davico» (galleria Subalpina) e «Tuttagrafica- (piazza Carlina 19) dove Valente espone le venti acqueforti delle sue «Passeggiato romane» edite dalla «Grafica dei Greci» in una tiratura di 75 più XXX esemplari. Nato a Painesville, Ohio, nel 1934, Carrol è uscito dall'Istituto d'arte di Cleveland e dalla Scuola estiva d'Arte dell'Università di Yale, Norfolk, dove studiò con Rico Lebrun. Nel 1954 fece parte di una spedizione dell'Università di Western Reserve che lo portò in Messico a rilevare le impronte dei bassorilievi Maya e a copiare una serie di pitture murali, ma Carrol sentì poi il bisogno dii prolungare quel suo soggiorno, attraversando a cavallo la giungla messicana, sino al Guatemala. Dopo il servizio militare, prestato come tecnico elettronico nucleare, si trasferì in Europa, stabilendosi fin dal 1959 a Roma dove a lungo la sua pittura sembrò conservare l'Iconologia dei. miti Maya come facesse parte di j un ricordo ancestrale. Da allora Carrol (sposato alla scrittrice Simona Mastrocinque. figlia del regista) ha ormai avuto tutto il tempo di penetrare gli spiriti della città, che ha percorso in lungo e in largo, nei luoghi più segreti e «proibiti», sino a cogliere in un'aura tesa tra surrealismo e realismo, carica di fantasmagorici sogni, quell'atmosfera urbana che a volte sa di magia. Ne è scaturita una visione tutta echi e rimandi, frutto d'una poetica compressa, ma pronta a dilatarsi tutta, come accade in Foro romano, in Da piazza San Pietro, o in Piazza San Pantaleo. Se ci si sofferma dinanzi a Festa di San Giovanni, a Robivecchio, a Piazza Vittorio, con venditrice di lumache, o di fronte a Lungo Tevere Ripa (con quel cielo scipionesco sulla città che limpidamente vi si scandisce oltre l'argine del fiume) meglio si coglie la romantica violenza della luce che alle sue immagini dà il senso di una allucinata bellezza, in un mondo che i dipinti esposti da «Davico» mettono poi in particolare evidenza. Le sue composizioni conservano qui pur sempre un loro mistero, anche al di là delle più colorite apparenze figurali: e non soltanto quando si tratta di evocare l'episodio sul quale l'artista ritorna nelle sottili impaginazioni delle Spirali, ma soprattutto nell'indiscreto scandaglio di chi ceica di far sentire attraverso le occhiaie delle finestre aperte, la vita che nelle case si svolge dietro le facciate; di quelle immagini saturando subito ogni valenza esistenziale. * ★ Con le «Mostre dell'800» da oltre trent'anni allestite nel tardo autunno, le selezioni dedicate in primavera al «900 Piemontese» da un paio di lustri costituiscono l'altro cardine dell'attività esposltiva della galleria Fogliato (via Mazzini 9), e quasi il terreno più propizio se non proprio alla riscoperta di artisti che ognuno ha pur conosciuto da vicino, ad un nuovo approccio capace di dare maggior spicco a ceite personalità. Ciò che è tanto più vero quando si tratta di nomi che una certa egemonia politica di fazioni artistiche aveva di fatto quasi emarginato, o là dove queste rassegne riescono a ripercorrere vecchie tappe raffigurative di artisti che le più giovani generazioni hanno conosciuto invece nel loro impegno In campo astratto o neofigurale. Ed è subito il caso di Albino Galvano di cui la nuova rassegna dei Fogliato propone una Natura morti del '36 che avrebbe figurato molto bene accanto all'altra che lo rappresenta in questi giorni alla Galleria d'arte moderna in «Torino tra le due guerre» dove avremmo pur voluto un paio di altre opere che I Fogliato hanno viceversa preferito tenere per tonificare la loro rassegna, che In buona parte si colloca nello stesso periodo, senza precludersi i decenni che poterono precederlo o seguirlo. Spazia infarti da una tela di Carena e da un Maggi del 1909 sino ai Calierno di cui ripropone l'opera in una piccola scelta di poetici documenti della sua pittura a dieci anni dalla scomparsa. In mezzo, nonostante qualche zona piuttosto grigia o d'un marcato provincialismo, e II pezzo in cui la firma vai certo più della pittura, spiccano buoni saggi di Bosia, la chiara Campagna di Noie di Buratti, La strada che porta al mare di Carletti, le due Nature morte di Chessa, ed ancora Case a Torino di Deabate, Lo Via Lattea di Depetrls, il Bosco di Ferro, Pays Noir di Gariazzo, il Persiano di Reviglione, il Costume per Valchiria di Casorati con altri dipinti di Levrero, Malvano, Allimandi, Martina, Menzio, Manzone, Boccalatte, Merlo, Oriani, Rho, Petrella, Peluz zi, Quaglino, Cravanzola, Terzolo, Sartorio, Grande, Rovero, Sobrero, Tribaudlno (Figure), Vellan, Solavaggione e Valinotti. Con un'ampia retrospettiva allestita alla galleria «Plrra» (corso Cairoli 32) Edgardo Corbelli che, senza minimamente dimostrarli, nel prossimo autunno compirà sessant'annf, dà finalmente conto d'una lunga vicenda pittorica Iniziata per lui a quindici anni, sotto la guida di Emilia Ferrettlni Rossotti, ch'era stata tra le ultime allieve di Delleanl. Ci fu un periodo in cui Corbelli rimase Incerto tra la medicina e la pittura che Infine scelse facendone l'espressione della propria umanità. Questa s'era intanto arricchita delle esperienze più diverso maturate in prigionia, nei cumpl di concentramento tedeschi come nell'incontro con Kokoschka alla Scuola di Salisburgo (1958); in quel suo starsene in quasi scontrosa solitudine, pur avendo insieme un bisogno profondo di contatti umani, da riversare poi nel suoi quadri dominati dalla foga espressionistica con cui ogni volta sembra volersi calare nel modello, per interpretarne il carattere. ★ ★ A vent'anni dalla sua prima ■ personale» (Benevento 1958) Mary Morgillo, torinese di elezione e di predominante formazione artistica, espone alla Galleria «Dona- (via Andrea Dorla 21) dove ad una trentina di dipinti aggiunge una vasta esemplificazione della sua feconda opera grafica. Proprio in questi fogli appare più conclusa la ricerca formale, solitamente spregiudicata, nelle loro figurazioni di chiara ascendenza espressionista, mentre nei dipinti s avverte il senso, e forse II gusto, d'una esperienza perennemente in fieri, colma di sentimenti e viva nelle sue proposte, dettate sempre da un impeto sincero e da una sicura autenticità. Angelo Dragone