Proietti: un dialogo amoroso tra il mattatore e il pubblico di Marinella Venegoni

Proietti: un dialogo amoroso tra il mattatore e il pubblico Proietti: un dialogo amoroso tra il mattatore e il pubblico Due ore a imperversare da solo sul palcoscenico e, si dice, quasi trecentomila spettatori in meno di due anni, le critiche sempre positive: sono le « referenze », eloquenti, di Luigi Proietti, in scena al Teatro Alfieri con il suo spettacolo A me gli occhi, please. Citando i dati del successo, lui si schermisce e dice di non essersene chiesto le ragioni: « Questo spettacolo è un riassunto professionale mio, uno sfogo. Riguarda l'attore, ma non è per niente uno spettacolo didascalico; l'unico modo per parlarne è mettersi sul palcoscenico usando se stessi come spartito ». Gigi Proietti ha 37 anni. E' stato cantante in un complesso, poi attore di prosa, di commedia musicale (Alleluia brava gente, con Rascel), di televisione, di cinema (Le farò da padre, L'eredità Ferramonti, Casotto), doppiatore di film stranieri. Adesso sembra di nuovo tornato all'amore per il teatro: « Questo spettacolo ha fatto cambiare molto in me: ha confermato l'impressione che si può fare teatro cancellando molti "orpelli" fra pubblico e attore, che si può e si deve ridimensionare la scenografia e le ridondanze. E poi mi sono reso conto di come l'attore, se si sente libero di mtioversi, prima o poi trova una dimensione che non troverebbe in un altro modo. In fin dei conti, è un riaggancio con la commedia dell'arte, con molta improvvisazione ». Ormai in tanti lo definiscono attore con la a maiuscola, e i suoi progetti futuri sembrano confermare l'insofferenza per certe regole e con venzioni: « Per quel che mi riguarda, non vorrò che esista la figura carismatica del regista. Sono per una ricerca di drammaturgia popolare, di sollecitazione reciproca con la gente che sta a guardare». E già in A me gli occhi, precisa, ci sono modificazioni continue, dettate dall'umore e dalle reazioni del pubblico: « Perciò, nonostante faccia questo spettacolo da tanto tempo, non ho nessuna voglia di lasciar perdere, perché il clima in sala è sempre diverso. Sento che questa è una proposta giusta. E anche se sono senza voce, non mi lamento: stando in scena da solo, fatico meno ». Dunque, è vero. Gigi Proiet¬ ti istrione, senza il gusto della coralità che non venga dal pubblico. Animale da palcoscenico, mattatore, come ormai lo si definisce, il successore di Gassman? « Il termine mattatore è un'etichetta — dice lui — se significa fare l'attore essendo il più completo possibile, allora sì. Ma se significa che faccio l'attore in modo narcisistico, certamente no. Non vorrei dover stare nei ranghi per non farmi chiamare così». L'insofferenza per le etichette lo porta a muoversi in modo del tutto per- sonale nei progetti pratici per il futuro: « Voglio trovare pochi attori bravi che vengono dal cabaret. Ma prima, voglio assicurarmi la collaborazione di tre o quattro autori in cui credo ». Soprattutto di Lerici, autore di A me gli occhi, please, nel quale entrambi hanno fatto e distrutto parti per crearne altre. E il mattatore « gioca » per due ore a fare l'attore. Recita, fa la parodia di quelli che recitano, diventa Petrolini («.Perché rappresenta un certo modo di fare l'attore»), Gassman, Bene, Brecht, un cantante americano, un comico meridionale, un professore di educazione sessuale. «E' l'unico modo di parlare dell'attore — ripete — ì discorsi sul ruolo dell'attore-avanguardia, dell'attore che lancia messaggi, sono logori. Del teatro si parla facendolo: è assurdo interrompere il gioco scenico con parti didascaliche, anche nel teatro "politico"». Ma il suo è uno spettacolo politico? « Io non voglio dare giudizi: andate a vedervelo ». Non si capisce bene se è solo un invito, o anche una provocazione. La raccolta di proposte che l'attore ha messo insieme con un continuo lavoro di perfezionamento non pare una costruzione più o meno approssimativa per il solo gusto della recitazione, o per la verifica d'un ruolo «personale» nella gran macchina del teatro. Ma certo è ! anche questo. Gigi Proietti sii difende: « A me piace il con- \ tatto diretto con il pubblico», ma lascia capire in qualche modo che, dietro, c'è ben altro che il gusto del divertimento teatrale. « Non mi sento portatore di nuove filoso-\ fie», dice. E mentre parla, re- j i cita il Grande Istrione. ' Marinella Venegoni ! Proietti protagonista assoluto sul palcoscenico dell'Alfieri

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