Cara Giggiga di Guido Ceronetti

Cara Giggiga Cara Giggiga (Campagne d'Africa e parole) Il mio valoroso archivio mi comunica: « L'armata del degiac Nassibù, battuta a Sassabaneh, è in rotta lungo la carovaniera di Giggiga ». Il titolo, a tutta pagina, riassume asciuttamente: « Nassibù in rotta verso Giggiga ». E' La Stampa di Alfredo Signoretti, 2 maggio 1936. Giggiga! Oh Giggiga! Siamo tornati nell'Ogaden, dove Giggiga e stata ripresa ai somali da un generale russo, che comanda cubani che combattono per gli abissini diventati etiopici, e forse atei, dopo essere stati a lungo Etiopi, e cristiani monofisiti. Ma che cos'è un degiac? Mi si perdoni se sbaglio: un Ras. Nel nostro linguaggio, dell'ultima campagna d'Africa, soltanto ras abbiamo incorporato; cosi ci sono i ras del cinema, i ras dei ministeri, i ras della finanza, gente rispettata e temuta. Ras vale boss, esattamente, eppure, in Sicilia e in Calabria, prevale il boss, il ras è ignoto. E guai a chiamare boss il Presidente egiziano, che è un Rais: ma un rais non è che un ras — in arabo le due forme sono usate indifferentemente — e un ras è un boss: il cerchio si chiude. In italiano autentico si direbbe capo. Per dare la misura della mia scienza, ricorderò un'altra parola, che dalle campagne d'Africa crispine è arrivata ad impiantarsi nel dialetto degli Allobrogi italiani: gorba. Qualcuno di quei famosi soldati piemontesi, tornato da Giggiga con un boy, l'avrà chiamato, giustamente, nella lingua dei Galla, gorba (bambino, ragazzo). Vedendo spuntare, nel suo delirio di veterano, facce abissine dappertutto, avrà visto, in ogni ragazzino monferrino o canavesano, un gorba nero. La parola piacque e fu adottata, come quel gorba, tanto da sembrare nata in Piemonte. Pavese la introduce in Paesi tuoi come fosse del Belbo: i gorba, i gorbetti. (C'è anche il curioso plurale maschile le gorbe). L'italiano, subito pronto ad accogliere il ras e il boss, non ha finora voluto saperne dell'innocente gorba, che gli darebbe frescura. Invito il nostro capocronista ad arrischiare qualche titolo come « Duecento gorba rifiutano la refezione scolastica ». E' più affettuoso; coi gorba si è solidali. Inutile dire che fanno bene a rifiutare la refezione scolastica. La foto, quel giorno, in prima pagina, era degna dell'Aida: lunghi fez, braca corta, ecco « Uno dei reparti della divisione libica impegnata nell'Ogaden ». Quei libici erano i nostri cubani; ma oggi la gente viaggia di più. Le truppe di colore dell' Urss partono addirittura dall'Avana, mentre le armi arrivano nell'Ogaden da tante parti che si perde il conto dei fornitori. ★ * Svaporato in fretta il nostro squilibrio mentale nazionalista e lumpen-imperialista, possiamo guardare con una certa saggezza a questo incarognirsi, oggi, di altri popoli e potenze per Giggiga, che non è Valbus ciinnus di Elena di Troia. Di nuovo, che cosa c'è? Non soltanto, al posto di Graziani, un ras (o un boss) russo, e molte più armi; al gassoso Varietà italiano è subentrato un barare occulto, una volontà di potenza più cauta e più sordida, incommensurabilmente più forte, mentre i contendenti locali appaiono completamente orfani di cervello: minuto pesce, fatto per essere mangiato dal grande Pescecane di Moscovia, l'unico squalo che non sia cieco, l'unico pirata che possa pirateggiare il mondo infischiandosene delle deplorazioni morali, perché in fatto di morale universale è il padrone di quasi tutti i tamburi. La propaganda sovietica è una straordinaria maga Micomicona: può rovesciare in un punto insignificante un tremendo oceano di luce o fare il buio in un emisfero, a enormi strepiti alternare smisurati silenzi; penetra e agisce in tutti gli orienti e gli occidenti. E ogni partito comunista può, se vuole, con la sua bacchetta, fare uscire da una landa deserta l'urlo di seicentomila vergini violate; un attimo dopo, il loro gemito come una sigaretta I che in fumo se ne va è sva nito: vergini? chi le ha mai viste? La formula geniale e filantropica crear dos, tres, muchos Vietnam non si è perduta tra le chitarre: le camicie verdi castriste la stanno puntigliosamente applicando insieme ai gorba, armati da cento arsenali, del Ras di Addis-Abeba; ma il nuovo Vietnam non sveglia i moralismi di massa, perché i detentori della bacchetta che li suscita preferiscono escluderlo dalle giurie popolari; un silenzio che dà sollievo, rotto ogni tanto dal grido Cile. Lasciamole intervenire dove vogliono, le superpotenze, risparmiando gli scrupoli e i tormenti morali per il nostro personale bisogno quotidiano di averne. L'amoralità dello Stato pone la necessità dell'antagonistica moralità del cittadino, come l'amoralità della Natura ren¬ de straziantemente necessaria la moralità della coscienza. Finiamola di versare indecenti lacrime sulla scarsa morale degli enti astratti, dei governi, dei corpi senz'anima! Bocca chiusa, ed esame di coscienza. Il resto, sono fantasmi. Ci sarà qualche italiana, oggi più che quarantenne, che si chiami Giggiga? Se c'è, mi scriva. Di Adue ce n'è parecchie; ogni casa di tolleranza ne aveva almeno una. E perfino, nate nel 1912, di Libie! Chiamarsi Libia, invece di Livia! E qualcuna, del Trentanove, si chiama Nizza! Che padri, quei padri! Cara Giggiga, noi stiamo bene, e tu? Hai potuto sviluppare la tua creatività? Il problema, come sai, è di creare dos, tres, muchos Vietnam, al napalm, al triclorofenolo, al fosgene, al neutrone... Noi non ce la sentiamo più, abbiamo perso a Guadalajara, ci siamo ritirati dalle Ambe, perfino dal Moncenisio... Creali tu i Vietnam, Giggiga mia. ★ ★ Martedì 7 marzo, che cosa mi dice la mia cara Stampa? « Giggiga riconquistata ». Di nuovo? Ma da chi? Da dos, tres migliaia, o milioni, di mercenari? Eppure costano cari! Il titolo, su tre colonne, dice: « I guerriglieri dell' Ogaden travolti dai tanks russi ». Ne hanno fatta di strada, dopo aver sfondato a Stalingrado! Dal Volga e dal Baltico alla Sprea, al Danubio, alla Moldava... — Sono i carri della grande madre Russia! — disse un ufficiale russo a uno slavista italiano che fuggiva da Praga il 22 agosto 1968 e non vedeva in quei carri dei cimeli tolstoiani. Dalla Moldava al Sinai, all'Angola, all'Ogaden... La Russia è una troika che corre, una troika chiliastica che corre verso la notte, verso la voragine, è la visione di Gogol, e anche di qualche mite ammutinato contemporaneo. Visione razionale, perché tutti i carri di tutte le grandi madri (anche quello della Magna Mater, Cibele) si sa che la notte e la voragine li inghiottiranno, alla fine. Torniamo alle nostre gloriose truppe all'epoca dei loro trionfi nell'Eden... Lapsus: volevo dire Ogaden... Non importa; ero un gorba, mi martellavano in testa il Posto al Sole, il caffè dell'Harrar, le banane dei Galla, i datteri della Siberia, l'oro dell'Uebi Scebeli... C'era con me, a scuola, un nipotino del generale Baratieri... Correvo alle stazioni di provincia ad abbracciare i reduci.., Ecco un titolo incredibile: «Visita a un cagnasmac ferito nella battaglia di Selaclacà» {Gazzetta del Popolo, 7 marzo 1936). Sotto, il sogno romantico, la prosa dell'italico Sturm-und-Drang: « E la Brigata Eritrea già ha valicato il Taccazè, avanza oltre il fiume nello Zellemti, chiuso dall'altissima giogaia del Semien... Il respiro è enorme... ». E oltre: « Ormai il sole basso addolcisce con lunghe ombre la pianura laggiù, alleggerisce il cielo dietro le belle colline morbide sedute sul piano. Torniamo verso Selaclacà ». La firma è Paolo Monelli. Ma il modello sembra essere il Flaubert cartaginese: C'était à Mégara, faubourg de Carlhage, dans les jardins d'Hamilcar. Chi avrà oggi, laggiù, la Pravda? Certo, nessuno che sappia far sognare come Paolo Monelli! Un grigio impostore che non sa parlare del cagnasmac ferito! Ma che cos'è un cagnasmac? Un suffeta? Un boss? Uno staretz? Certo, non un gorba. « Via libera ad Andreotti » è il grande titolo di prima di oggi 7 marzo, Giggiga ha una fetta minore. Ma quando Nassibù era in rotta, Giggiga aveva per sé tutta la prima! Adesso c'è l'avanzata di Andreotti, che ha appena valicato il Taccazè, senza incontrare l'altissima giogaia del Semien. Sabato 14 marzo 1936, La Stampa: « Il generale Graziani sul fronte dell'Ogaden». Qui si parla dell'imminente fuga della popolazione da Giggiga, del suo cercare ricovero « nelle boscaglie della regione ». Un ricovero sano, nel verde, tra le banane e il karkadè — e oggi, davanti ai carri della grande madre Russia che avanzano da nord, dove saranno andati gli abitanti di Giggiga? Graziani era un Colleoni, puntava su Harrar, gli indigeni fuggivano nelle boscaglie... L'Ogaden andrcottiano è per me una boscaglia ancora più dura e lontana. Vedo i ras e i boss, là dentro, agitarsi, mentre qualcuno con la faccia in ombra, senza tanks, sta occupando silenziosamente Giggiga. Niente edeniche banane, nello sfondo: una Seveso sterminata, che si sforzano d'infettare di più e meglio numerose Icmese protette da maggioranze instabili ma permanenti. Non so perché abbia tanti simpatizzanti, tra i disinteressati, questo Terzo Mondo. Sarà Terzo, però è mondo, e il mondo è un farabutto vecchio e triste, indegno di fiducia, sempre. Il mondo da preferire resta quello che chiamiamo classico, adorabile perché fermo e spento. Anche laggiù, in quell'Africa dove Nassibù era « in rotta verso Giggiga » mentre Graziani occupava Dagabur « situata a più di duecentocinquanta chilometri dalle basi di partenza », uomini abbacinati, confusi e deboli sognano la bomba onnipotente, l'ugualitarismo gerarchico e l'avanzata irresistibile del Niente. E vogliono il fuoco distruggitore, quello della canzone di Giarabub, richiesto al colonnello invece dell'acqua vile, e il fuoco arriva, chiuso in milioni di casse, subito pronto, mongolico, texano, migliore delle banane, più delizioso del dattero; mordilo, imbecille. In nessun luogo è Eden, cari gorba; non cercatelo né 11 né là. Addio, Giggiga. Guido Ceronetti