L'ultimo Rossellini
L'ultimo Rossellini Film inedito sul Beaubourg L'ultimo Rossellini Ci voleva la buona volontà del Centre Culturel franco-italien, e lo spirito dì ricerca del Kinostudio, per farci conoscere l'ultimo lavoro di Roberto Rossellini: un documentario di 55 minuti sull'inaugurazione del Centre Georges Pompidou a Parigi, destinato, per la sua natura stessa, a non trovare circolazione fuori dalla cerchia degli amatori. Rossellini lo realizzò tre mesi prima di morire; e oggi quelle immagini avrebbero probabilmente assai meno significato se non fossero l'estrema testimonianza della sua opera, involontario — e perfino illegittimo — approdo di una parabola d'artista. Chiamato dalla tv francese a illustrare l'attività del Beaubourg, il regista che, in altri tempi, aveva rinnovato il linguaggio cinematografico e quello televisivo, sembra si sia voluto adattare alla più umile dimensione del cronista. Il suo, più che un documentario, è un reportage, preoccupato di non lasciar sfuggire nessun particolare dell'avvenimento, con diligenza minuziosa e qualche volta eccessiva. La teoria del cinema come didattica, da lui formulata, e ostinatamente perseguita negli ultimi anni, arriva qui agli estremi, e forse non necessari, risultati. La macchina da presa arriva al centre Beaubourg per lenti giri, secondo una ben calcolata tecnica preparatoria, che inquadra, prima, lo sfondo di Parigi, si fissa su tetti e mansarde, scende nei cortili, si abbassa a cogliere uno squarcio di traffico, indugia sui rossi delle gru, sugli azzurri dei tubi, e finalmente centra il grande edificio ideato come tempio ufficiale della nuova cultura francese. C'è l'atmosfera del vernissage, con gli operai che sballano le casse, e i funzionari che controllano i pezzi in esposizione mentre la folla preme fuori dalle vetrate, attirata dalla novità. Rossellini non si preoccupa di inventare nulla, e neppure di ritagliarsi, all'interno del quadro, qualche angolo particolarmente espressivo. Sembra quasi lasciarsi guidare dalla cosa che avviene, succubo del fatto in sé. Ma, quando si arriva al museo di arte moderna, si sente d'improvviso, la mano dell'antico maestro. Da Cézanne e Gauguin alla pop-art, un secolo dì movimenti artistici ci sfila davanti in una lunghissima carrellata sulle pareti, che non consente indugi né ripetizioni. Lo spettatore-visitatore ha l'impressione di addentrarsi in un castello ariostesco, pieno di svolte, sorprese, anditi imprevedibili. Forse era questa la «didattica» a cui Rossellini si riferiva davvero, al di là delle dichiarazioni ufficiali. E riusciva a renderla operante, perfino in un lavoro su commissione, per un ente governativo, che doveva celebrare un'iniziativa culturale di Stato. g. c.
Persone citate: Gauguin, Georges Pompidou, Roberto Rossellini, Rossellini
Luoghi citati: Parigi
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