L'assurdo in sketches col teatro della Bolens

L'assurdo in sketches col teatro della Bolens Lo spettacolo in scena al Nuovo L'assurdo in sketches col teatro della Bolens Due rarità, due opere egualmente deliziose ed egualmente poco frequentate si possono vedere in questi giorni al Teatro Nuovo. Si tratta di Un coniglio molto caldo di René de Obaldia e de La suonata e i tre signori di Jean Tardieu. Due opere brevissime, quasi due sketches, diverse nei temi ma accomunate dall'appartenenza al cosiddetto «Teatro dell'assurdo», di cui Tardieu è certamente uno degli anticipatori e di cui de Obaldia rappresenta il coté ironico, l'anima irridente e al tempo stesso lucida. Di luì alcuni ricorderanno il «western da camera» Del vento fra i rami del sassofrasso, applauditissimo alcuni anni fa. Le due operine rappresentate dalla «Compagnia Anna Bolens» potrebbero essere paragonate a una casa di vetro in cui tutti possono guardare e vedere raccolti i temi costitutivi dei due drammaturghi. Al tema della morte di de Obaldia (ma la morte è il motivo dominante di quasi tutto il Nouveau théfitre^ s'accompagna il tentativo, caratteristico di Tardieu, di risolvere il linguaggio in musica, di togliere alla parola il compito di significare, poiché, come dice il commediografo in Un gesto per l'altro, «noi parliamo spesso per non dire niente... Molto sovente i movimenti del corpo, le intonazioni della voce e le espressioni del volto la dicono molto più lunga delle parole». Ed ecco quindi, ne La suonata e i tre signori (interpretata da Roberto Acconterò, Franco Olivero e Guido Jaeger), un dialogo apparentemente insignificante, senza un sostantivo che riesca ad uncinare una situazione reale, un evento. Tre signori, vestiti di scuro, raccontano «ciò che è accaduto» in un pezzo di musica che hanno ascoltato ad un concerto. Non c'è altro. Tardieu trasforma questa conversazione in una partitura musicale, la divide in tre movimenti: largo, andante, finale; e fornisce così una preziosa chiave registica che la Bolens sfrutta adeguatamente. Anna Bolens non si limita però ad imporre tre diversi ritmi alla recitazione, ma sottolinea (o arricchisce) questa «musica in parole», talvolta sovrabbondante di lirismo, con passi di Le "prime" della settimana danza che il giovane Marino esegue dinanzi ai tre signori in nero che, quasi ossessivamente, vanno ripetendo: «Cominciava con una grande distesa. - Sì, una grande distesa d'acqua. - Una grande distesa d'acqua a sera». Se pur meno complesso, se pure schematico, non meno interessante appare il brano di de Obaldia. Qui, due donne sembrano incontrarsi per caso in un parco. Una delle due è vedova e parla all'altra del marito, dapprima con parole dolci, con voce che sembra velata da una pellicola di mandorla. Poi, d'improvviso, il ritratto perfetto del defunto si deturpa. Il caro estinto si rivela un mandrillo che insidiava indifferentemente uomini e donne. Ma c'è ancora una sorpresa. L'incontro che sembrava casuale è in realtà abituale, è divenuto una specie di gioco e non è detto che i due personaggi non siano alla fine una sola persona. Le donne sono interpretate, com'è ormai consuetudine, da due uomini, Roberto Accornero e Franco Olivero, vestiti in abiti liberty. Essi sostengono il dialogo con sensibile professionismo. Meno giuste ci sembrano le musiche di Roberto Musto che, se pur suggestive, appaiono dissonanti con la cadenza dello spettacolo. o. g.