La vita e la morte d'un "nemico del popolo" di Roy Medvedev

La vita e la morte d'un "nemico del popolo" QUARANTANNI FA VENIVA FUCILATO NIKOLAI IVANOVICH BUCHARIN La vita e la morte d'un "nemico del popolo" IV Le deposizioni di Bucharin erano piuttosto insolite, comunque inducono a pensare. Esistevano in esse due diversi piani logici: per un cittadino comune ne risultava la figura di un nemico di Stalin e del potere sovietico. Ma per un attento e intelligente ascoltatore le dichiarazioni di Bucharin contenevano una quantità di osservazioni che facevano dubitare dell'intero processo. Pur riconoscendo di aver appartenuto all'organizzazione controrivoluzionaria denominata « blocco delle destre e dei trotzkisti », egli smentì in modo deciso di avere partecipato direttamente ad atti di spionaggio, all'assassinio di Kirov, di Kuibishev, di Gorkij, di Menzhinskij, nonché alla preparazione di un attentato a Lenin nel 1918. In risposta a Vishinskij, Bucharin disse: « Le confessioni degli imputati non sono indispensabili; la confessione degli accusati è un principio giuridico medievale ». E affermava questo in un processo costruito interamente sulle confessioni degli accusati. Anche se durante gli interrogatori Bucharin di solito si diceva d'accordo con le versioni dell'accusa, quasi sempre aggiungeva precisazioni che suscitavano la reazione irritata di pubblico ministero e giudici. In una delle sedute, il presidente, Ullrich, non riuscì a trattenersi: « Finora voi non avete fatto altro che girare attorno alla sostanza e non avete detto nulla dei crimini commessi ». Vishinskij osservò irritato: « Evidentemente voi state seguendo una tattica precisa e non volete dire la verità, vi coprite con un torrente di parole, ri- correte ai cavilli spaziando nel campo della politica, della filosofia, della teoria; e, tutto ciò dovete invece dimenticarlo una volta per tutte. Perché voi siete accusalo di spionaggio e secondo tutti gli elementi raccolti nel corso delle indagini siete agente di un servizio spionistico. Smettete quindi di cavillare ». I quotidiani sovietici scrissero le stesse cose. Nella seduta mattutina dell'I 1 marzo 1938, Vishinskij pronunciò la requisitoria finale, dedicata quasi per un terzo a Bucharin. Per lui e per la maggioranza degli altri imputati chiese la pena di morte. La seduta pomeridiana e l'intera giornata del 12 vennero riservate alle arzinghe dei difensori (se cuaì possiamo chiamarli, visto che i loro interventi non si differenziavano molto dalle requisitorie del pubblico ministero) e alle ultime dichiarazioni degli imputati. Inaspettatamente, l'imputato Rosengolz, ex commissario al Commercio estero, che si era riconosciuto colpevole di sabotaggio, spionaggio, sottrazione di valuta per finanziare attività trotzkiste e persino di avere preparato assieme a Tuchacevskij, Uborevich e Jakir un colpo di stato contro il potere sovietico, cominciò a parlare dei servigi resi al partito durante la rivoluzione e la guerra civile. Poi si mise a cantare una nota canzone: Vasta è la mia iena natia con molti campi, boschi e fiumi. Altro Paese non conosco ove tanto libero respiri l'uomo. La maggioranza dei presenti, pubblico e agenti dell'Nkvd, balzò in piedi, senza sapere come comportarsi. Rosengolz terminò la canzone e singhiozzando tornò a sedersi al suo posto, [agoda pronunciò la sua ulti- ma dichiarazione, cercò ancora di negare ogni appartenenza al nucleo dirigente del « blocco » e di essere stato l'organizzatore dell'assassinio di Kirov, anche se riconobbe altri crimini. Alla fine si avvicinò al punto in cui era piazzato il microfono segreto, di cui era il solo a sapere l'esistenza tra gli imputati, ed esclamò con voce spezzata: «Compagno Stalin, compagni celtisti, risparmiatemi se potete!». A tarda sera, il 12 marzo, i giudici si ritirarono in camera di consiglio. Vi rimasero per sei ore. Alle 4 del mattino del 13 la seduta venne riaperta e spet¬ a l » e e a i ee d : e». i a i 3 t¬ tatori, agenti, imputati si sedettero stancamente ai rispettivi posti. Mosca era deserta, non c'era nessuno nei pressi della casa dei sindacati. La leggenda secondo cui migliaia di moscoviti avessero atteso la sentenza fuori dell'edificio vale quella che attribuisce a Bucharin confessioni sprezzanti su Stalin durante il suo viaggio a Parigi nell'estate del 1936, quando in nessun momento fu lasciato solo dagli agenti dell'Nkvd che erano incaricati di accompagnarlo. La lettura della sentenza da parte del presidente durò una trentina di minuti: tutti l'ascol¬ tarono in piedi. Diciotto imputati (Bucharin, Rjkov, Jagoda, Krestinskij, Rosengolz e altri) furono condannati « alla pena massima, la fucilazione, con la confisca di tutte le proprietà personali ». Il medico Pletnev venne condannato a 25 anni di reclusione. Rakovskij e Bessonov rispettivamente a 20 e 15 anni di reclusione. Neila notte tra il 14 e il 15 marzo, Nikolai Ivanovic Bucharin venne ucciso insieme con i suoi compagni di sventura nei sotterranei della Lubianka. Dal giorno, meglio, dalla notte in cui Buchnvin venne fuci- | lato sono trascorsi 40 anni. E' I impossibile enumerare tutti gli ' avvenimenti verificatisi in questo tempo, nemmeno per quanto concerne i fatti che indirettamente hanno a che vedere con il « caso Bucharin ». Subito dopo il processo venne arrestata la moglie. Anna Larina ha trascorso 18 anni tra carcere, campo di concentramento e confino. Il figlio di Bucharin, Yuri, fu allevato dalla sorella della madre, che viveva negli Urali. Per vent'anni non seppe chi erano i suoi veri genitori. Oggi madre e figlio vivono a Mosca e da molti anni, finora senza successo, cercano di ottenere una riabilitazione formale per Bucharin. L'intero processo è stato da tempo denunciato anche sulla stampa sovietica. Sono stati pienamente riabilitati Krestinskij, Ivanov, Cernov, Grinko, Zelenskij, Ikramov, altri imputati ancora del processo. Dalla tribuna del congresso degli storici sovietici, svoltosi nel 1964, Pospielov, membro della segreteria del pcus, ha detto, in risposta ad una domanda, che né Bucharin né Rjkov erano sabotatori o spie. Ma contro ogni logica, entrambi non hanno ancora avuto una riabilitazione né come cittadini né come comunisti, la condanna pronunciata nei loro confronti il 13 marzo del 1938 è formalmente ancora valida. Concludendo la sua requisitoria, Vishinskij aveva detto: « Passeranno gli anni. Cresceranno i cardi e la gramigna sulle tombe degli odiati traditori, oggetto dell'eterno disprezzo della gente onesta, di tutto il popolo sovietico... E il nostro popolo continuerà la sua marcia sulla strada ripulita dalle ultime immondizie del passato, capeggiato dal nostro grande duce (vozhd) e maestro: il grande Stalin ». In molte cose Vishinskij si sbagliava. Né Bucharin né la maggioranza degli altri imputati sono stati dimenticati dal popolo sovietico. Bucharin non è dimenticato né come uno degli artefici della rivoluzione d'ottobre, né come figura del movimento comunista internazionale. In Europa e negli Stati Uniti su di lui sono stati pubblicati molti lavori importanti, sia libri che articoli. Per la maggioranza dei comunisti occidentali Bucharin non ha più bisogno di essere riabilitato, ma in generale i cittadini sovietici non conoscono Bucharin, un tempo uno dei più popolari dirigenti della rivoluzione. Non hanno mai letto i suoi scritti, nella nuova Enciclopedia sovietica Bucharin non viene nemmeno menzionato. Così, per il momento, ha ragione Vishinskij. Oggi, ad oltre 20 anni dal XX Congresso, quando tutto il mondo conosce gli spaventosi crimini di Stalin, uno dei quali fu appunto l'assassinio di Bucharin, noi non abbiamo nemmeno una tomba di questo grande dirigente del nostro partito. Sappiamo però dov'è slato sepolto il suo accusatore, Vishinskij, una delle figure più perverse dell'epoca staliniana. I suoi resti riposano presso il muro del Cremlino, dietro il mausoleo di Lenin e il busto eretto sulla sua tomba ci ricorda che nel nostro Paese non tutto il male dello stalinismo è cosa del passato. Roy Medvedev PINE Bucharin accanto a Stalin all'epoca del XV Congresso (archivio « La Stampa ») rsB

Luoghi citati: Europa, Mosca, Parigi, Stati Uniti, Urali