Organizzazione della città

Organizzazione della città Organizzazione della città Uno dei settori della mostra «Torino fra le due guerre» è stato impostato sul tema dell'organizzazione urbana: l'architettura, intesa nei modi correnti, non è però assente, rivista — come è — all'interno di un discorso che trascura i ritratti di alcuni protagonisti — ingegneri e architetti — e riconsidera invece fenomeni economici e politici, alla base delle trasformazioni di Torino durante il fascismo. La grande sala al piano terreno del settore mostre temporanee, annesso alla Galleria d'Arte Moderna, ospita quindi un insieme di studi diversi, incentrati su di un solo argomento: i mutamenti — fenomeni e cause — avvenuti nel contesto urbano torinese durante il fascismo; di questi mutamenti solo alcuni sono qui esemplificati, interpretati sulla base di fonti autentiche, aperti ad una illustrazione didattica (ove per didattica non si intenda la ripresa e la ripetizione di alcuni luoghi comuni). L'intreccio dei documenti e delle rielaborazioni dovrebbe fornire ai visitatori qualche utile strumento per penetrare i nodi più significativi della storia urbana torinese fra le due guerre e precisamente: le riforme nel campo dell'istruzione professionale (ripresa a cura di Elena Tamagno), l'analisi sugli interventi delle società immobiliari nel settore delle abitazioni di tipo medio (condotta da Rocco Curto), il ciclo continuo di operazioni immobiliari su terreni già dell'Ansaldo (indagato da Anna Frisa e Bruno Bianco), la ricostruzione di via Roma (rivisitata nelle sue matrici economiche, nei suoi aspetti singolari da Luciano Re e da Giovanni Sessa), il contesto segregato delle case popolari (illustrato da Alberto Abriani). Quasi a dimostrare visivamente l'estensione e la penetrazione capillare dei fatti, sta — al centro del salone — una planimetria posata sul pavimento: lì l'esteso cadavere urbano è vivisezionato, nei luoghi centrali e periferici, durante il trascorrere del fascismo, quasi specchio di una condizione della città, che andava rapidamente degradando. Detto così brevemente quanto si sono proposti i curatori del settore «forme di organizzazione urbana durante il fascismo», interessa forse sapere cosa essi si attendano dai visitatori: qualche minuto di attenzione davanti ad ogni tabellone (la lettura delle brevi didascalie è necessaria), una certa disponibilità a indagare i fenomeni dell'urbanistica e dell'architettura alle loro radici (economiche, soprattutto legate come essi sono a interessi fondiari, a tipi di organizzazione produttiva) e non soltanto nei loro aspetti formali (tuttavia evidenti, specie per via Roma), una notevole vivacità nel confrontare le strade, le case, viste nella loro realtà di oggi, rispetto alle loro origini anche remote. Dicendo «visitatori» pensiamo non tanto a singole persone (più o meno attente, o più o meno frettolose), ma a gruppi, che possano cogliere argomenti di discussione, di raffronto, di innesto sulle realtà attuali. C'è. nel fondo, il tentativo di stimolare una certa curiosità, di rendere attiva la memoria, per meglio usare la nostra città, conoscendola e quindi vivendola consapevolmente, anche nelle difficoltà di oggi. A sostenere l'attenzione si può rintracciare, nelle specifiche parti, qualche spunto vivace: come la presenza nelle scuole professionali di metodi per l'organizzazione scientifica del lavoro — di netta impostazione statunitense —, l'attività crescente di società immobiliari impegnate a fornire alloggi ai ceti medio-alti, l'incidenza delle industrie di guerra nello sviluppo di un vasto settore urbano — i terreni Ansaldo a San Paolo —, il violento c immediato allontanamento dal centro degli inquilini di via Roma, la ridestinazione delle proprietà rilottizzate a favore di grandi società finanziarie — benemerite per la pronta adesione agli inviti del Podestà —, la segregazione delle case per le classi meno abbienti — già allora innescata e realizzata pienamente solo in questo dopoguerra. Roberto Gabetti

Persone citate: Alberto Abriani, Anna Frisa, Bruno Bianco, Elena Tamagno, Giovanni Sessa, Luciano Re, Roberto Gabetti, Rocco Curto

Luoghi citati: San Paolo, Torino