Forme e manifesti dell'industria

Forme e manifesti dell'industria Forme e manifesti dell'industria Nizzoli-«Maga», manifesto per le Ceirano A parte il fenomeno, indubbiamente fondamentale, della nascita del «design» di carrozzeria automobilistica nell'ambito della Fiat e della Lancia, nonché della Ceirano (presente con un manifesto di Nizzoli), le arti decorative e industriali a Torino fra le due guerre riflettono soprattutto il volto e il mito della città «elegante», raffinata, della produzione e dei consumi legati alle industrie della moda, dolciarie, alcoolìche, dell'arredo della casa e del negozio «d'avanguardia», ma comunque medio-alto borghese. Pur segnando interessanti anticipi (documentati alla mostra) nell'ambito della cultura razionalista europea degli estremi Anni 20, questo carattere d'elite — in fondo ereditato dalla Torino giolittiana capitale del «modernismo» nel primo decennio del secolo — è il carattere distintivo della cultura torinese rispetto al centro razionalista milanese degli Anni 50, animato da personalità come Persico e Pagano Pogatschnig precedentemente operanti a Torino, che allargherà la medesima tematica del rapporto fra architettura e arti industriali a più larghe cerchie di consumatori. Altro carattere significativo, parimenti ereditato dal modernismo, è l'interesse e l'applicazione di artisti figurativi dei vari gruppi progressisti, dai casoratiani ai «Sei» ai neofuturisti, alle arti decorative e all'arredamento. Anche qui agiscono tradizioni anteriori alla prima guerra mondiale: la formazione di Casorati nell'ambito del Secessionismo mitteleuropeo veneto, molto tttento al rapporto viennese e monacense fra pittura e decorazione e arredo; i rapporti fra il futurismo romano di Balla, Depero, Prampolini, ricco di analoghe attenzioni, e il neofuturismo torinese. La sezione della mostra illustra questi vari aspetti accentrandosi su alcune produzioni significative, il manifesto, il mobile metallico, le ceramiche della «Lenci». Quasi ad emblema della sezione, sono presentati all'inizio tre pezzi originali dell'ultima partecipazione torinese alle Triennali di Milano, con la Pagina a cura di Marco Rosei e Angelo Dragone G. Levi Mor.talcini e G. Pagano Pogatschnig, Sgabello d'ufficio (1929) «Sala d'estate» del 1933: il grande pannello dipinto a trittico da Gigi Chessa, l'armadio «d'oro» di Turino, il tappeto disegnato da Paulucci. Alla fine della sezione dell'informazione, e ad essa connesse, due pareti ospitano manifesti, prevalentemente di manifestazioni, scelti per particolare pregnanza visuale-ideologica, mentre alle loro spalle si distende la parte alta della parete-velario, discendente per altri due piani, visibile in sequenza continua dalla scala che congiunge le tre sezioni del primo piano con quella di architettura e urbanistica e con quella di musica e spettacolo: la parte-velario è coperta da un centinaio di manifesti, in massima parte merceologici (industria della moda, dolciaria, degli alcoolici, elettromeccanica, automobilistica e relativi accessori), con ampia presenza di Cappiello, e inoltre di Dudovich, Mauzan, Golia, Sepo, Nizzoli e della ditta italo-francese «Maga». La presenza degli artisti-artigiani casoratiani alla Biennale di Monza del 1927 è documentata dal modello in gesso della Mattanza del toro di Casorati, tradotta in marmo nel «negozio di macellaio», e dal scenografico bozzetto di Chessa per la «farmacia» (tutta torinese era la «via dei negozi» di quella Biennale), cui è accostata una poltrona in legno, fra folklorìca ed espressionista, di Levi Montalenti di quello stesso 1927. Diulgheroff è presente soprattutto con bozzetti di manifesti astratto ■ futuristi. La qualità di geniale protagonista di Chessa, non solo come pittore, ma come ideatore e operatore nelle arti decorative e industriali, fu subito riconosciuta da Persico: la varietà e qualità di applicazioni è ben documentata, dagli studi per l'arredamento del «Teatro di Torino» nel 1925 a bozzetti merceologici, dal bozzetto per il «padiglione dei fotografi» al Valentino nel 1928 alle raffinate ceramiche Lenci, fino a quello che ritengo il più originale «design» ìlei primi Armi 50 (in quanto meno tributario da modelli razionalistici «Bauhaus» e francesi), la sedia e il tavolino in cromalluminio e cristallo ttSecurlt» per il Bar «Fiorino» del 1952, arredato assieme all'architetto Cuzzi. Il peso culturale di quei ino- F. Menzio, Filippo Burzio (olio, cm 50,5 x 73,5) dell'i è indubbiamente evidente nei mobìli metallici di Levi Montalenti e Pagano, di cui è comunque da sottolineare l'assoluta primizia in Italia, a partire dal 1929, cioè nello stesso anno in cui quel tipo di produzione riceve a Parigi il suo «lancio» europeo. Di Levi Montalenti sono presentati anche disegni progettuali per arredamenti e due modelli in gesso di statue decorative per il salone degli spettacoli al Valentino 1928, mentre di Pagano M. Sturani, Primavera (Ceramiche Lenci, 1929) sono esposti mobili per casa Villa — pubblicati da Levi Montalcini in «Casa Bella» 1929 — e mobili in ferro cromato e legno rivestito in «buxus» della scuola commerciale Sist, presentata dallo stesso progettista su «Casa Bella» del 1952. La sezione si conclude con mobili e argenti degli Anni 50 di Carlo Turino e con esempi della produzione ceramica della «Lenci». Marco Rossi . x.n. G Levi Mortalcini e G Pa

Luoghi citati: Italia, Milano, Monza, Parigi, Torino