Piange angosciata la moglie del capo dc davanti ai corpi degli agenti assassinati

Piange angosciata la moglie del capo dc davanti ai corpi degli agenti assassinati Accorsa sul luogo della strage pochi minuti dopo il tragico annuncio Piange angosciata la moglie del capo dc davanti ai corpi degli agenti assassinati Da mesi li conosceva uno a uno ; li ha chiamati per nome, fra le lacrime ; poi è tornata a casa, nel silenzio Roma, 16 marzo. Eleonora Moro è scesa e lentamente ha fatto il giro delle auto entro le quali giacevano i corpi insanguinati della scorta di suo marito. Piangeva e si metteva le mani nei capelli e li chiamava per nome, perché per nome da mesi li conosceva, cinque uomini che avevano finito col formare l'unico cordone ombelicale tra la vita politica e la vita privata dell'on. Aldo Moro, presidente della de. Oltre quei nomi, dei poveri morti crivellati dentro le auto, altro non ha detto, non ha parlato del marito, è rientrata in casa e nel silenzio. «La famiglia è una cosa e la vita politica un'altra». Con questa frase la signora Eleonora tracciò ufficialmente, molti anni fa, il limite davanti al quale il mondo pubblico di suo marito doveva fermarsi. Una barriera sempre custodita gelosamente e con fermezza: un funzionario della presidenza del Consiglio (carica in quel momento occupata da Moro) che le chiese di lasciarsi intervistare e fotografare per i giornaili, si sentì rispondere: «Per quanto riguarda la vita privata, sarà bene che lei consideri mio marito scapolo o vedovo». Dietro questa cortina di discrezione è sempre vissuta la famiglia del presidente della de, dal matrimonio avvenuto nel '45 fino a oggi. Una sola volta l'obiettivo fotografico li colse tutti insieme, i genitori con le tre figlie e il figlio, nel 1965, quando furono ricevuti in udienza da Paolo VI. Allora il fotografo del Papa riuscì a comporre le immagini in bianco delle tre ragazze e del Pontefice, quelle scure di Aldo Moro e sua moglie, quella un po' sconcertata, nell'abito grigio troppo serio per i suoi sette anni, del piccolo Giovanni. Resta l'unica immagine ufficiale. A una rivista democristiana, che sulla famiglia del leader voleva fare un grande servizio e chiedeva perciò fotografie, la signora Eleonora rispose: «I figli sono miei, e non del partito». Eleonora conobbe Aldo a Roma, a un congresso della federazione degli universitari cattolici. Lui ne era stato eletto presidente nel '36, quando aveva vent'anni. Lei, nata nel '17 a Montemarciano, presso Ancona (Chiavarelli era il nome da nubile) era studentessa in lettere e segretaria del professor Vittorio Veronese, presidente dell'Azione Cattolica. Venne e finì la guerra, il matrimonio fu celebrato a Roma nel 1945 e subito la coppia si trasferì a Bari, nell'appartamentino di lui: due stanze stipate di libri. Ma presto tornarono a Roma, dove il professor Moro aveva accettato un posto di dirigente del Movimento laureati cattolici. L'assistente spirituale del Movimento era Giovanni Battista Montini; anche lui sarebbe comparso, vent'anni dopo, nell'unica foto di famiglia dei Moro. La via politica del professore era aperta, dal seggio all'Assemblea Costituente fino alla presidenza del Consiglio, nel '64, e alla presidenza del partito e soprattutto all'intangibile, ma non per ciò meno reale, ruolo di leader ideologico e carismatico indiscusso della democrazia cristiana. Nei primi tempi Eleonora aiutò il marito a sostenere l'impegno politico, battendogli a macchina i discorsi e, mescolata alla gente, sventolando un fazzoletto per avvertire Aldo che stava andando troppo per le lunghe e il pubblico si intiepidiva. Poi, nel 1946, nacque Maria Fida, e con essa il sipario che da allora separa il palcoscenico politico dell'on. Moro dalla scena in cui la famiglia Moro attendeva ogni sera il ritorno del professore. Mentre venivano altri figli (Anna nel '49, Agnese nel '52, Giovanni nel '58) si arricchiva l'aneddotica di questa privacy inviolabile. Vi è per esempio l'episodio che inaugurò la carriera parlamentare di Moro. Il giorno della sua elezione a deputato alcuni amici baresi andarono a trovarlo per far festa tutti insieme. Erano le nove e mezzo di sera. La signora aprì la porta e disse: «Mi dispiace, ma ho messo a letto mio marito mezz'ora fa. Era molto stanco, deve riposare». «Ma si tratta di pochi minuti — protestarono gli amici — , un brindisi e via». «Se volete — rispose la signora — a fare il brindisi vengo io, ma mio marito non può essere disturbato». La descrivono come una donna ferma fino alla durezza. Così nell'alimentazione «salutista» (.anni, per tutti, di abbondanti colazioni all'inglese e di pranzi leggeri) e nell'igiene; così nell'educazione dei figli e nell'impegno nel mondo della scuola. Anche se in quest'ultimo campo oggi è contestata; per la sua avversione all'introduzione di forme assembleari e di organi collegiali nelle scuole montessoriane e sperimentali che lei stessa promosse. Frattanto i figli sono cresciuti e si sono cercati la propria via. Maria Fida è laureata in legge e giornalista; Anna è pediatra, lavora in una cittadina toscana. Agnese e Giovanni studiano; cattolici entrambi, ma entrambi su posizioni politiche assai diverse da quelle del padre, aderiscono al «Gruppo Febbraio '74», di sinistra. Franco Mimmi della Svizzera italiana e chi ha chiamato ha lasciato inciso il seguente messaggio: «Corriere del Ticino di Lugano, telefono da Ginevra in merito al rapimento di Aldo Moro. Tenete a bada il confine di Jugoslavia e Grecia. Ieri sera a Ginevra ascoltato persone discutere sul rapimento. Parlavano della fuga in Grecia o Jugoslavia. Mio nome non è possibile dare. Prossimamente quando tutto sarà svolto vi telefonerò e vi darò il nome. Sono italiano e questo rapimento per me è una porcheria. Bisognerebbe prendere tutte le componenti "Brigate rosse" e fucilarli. Al prossimo telefono. Arrivederci ». La voce maschile che parlava si esprimeva, come si può osservare dallo stesso testo, in un italiano stentato ma senza particolari accenti che possano far pensare a persona straniera. Della telefonata il Corriere del Ticino ha subito avvertito la polizia di Lugano che ha fatto pervenire alla polizia italiana il testo della telefonata. L'unica immagine della famiglia Moro che risale al 1965 quando furono ricevuti al Vaticano da Paolo VI