Aziende-scuola di Germania di Sandro Doglio

Aziende-scuola di Germania PERCHÉ NON VUOL ESSERE LOCOMOTIVA D'EUROPA Aziende-scuola di Germania Sono più di 160 - Non producono nulla di concreto, ma occupano 10 mila persone, che bollano la cartolina e ricevono uno stipendio per "allenarsi" a lavorare in aziende "vere" "Un metodo per prevenire la crisi' (Da) nostro inviato speciale) Norimberga, marzo. Con regolare etichetta sulla porta, c'è in Germania una fitta rete di «società fantasma»: nulla però di illegale e sospetto. Nessuno le combatte, nessuno minaccia di chiuderle; al contrario sono considerate benemerite nella lotta contro la disoccupazione e per la preparazione professionale. Sindacati, enti governativi e statali, aziende «vere» ci investono quattrini e uomini. Sono società in cui tutto appare in regola: il lavoro si svolge normalmente, per quanto riguarda sia produzione che amministrazione; trattano con altre imprese all'interno e all'estero; i libri contabili sono ineccepibili, di tanto in tanto piomba persino la visita di un severo controllore del fisco; i dipendenti bollano la cartolina e ricevono una regolare retribuzione. La sola differenza tra queste «società fantasma» e le altre aziende — quelle «vere» — è che a fine giornata le pratiche, i lavori, i documenti amministrativi, le offerte e i contratti potrebbero essere gettati nel cestino della carta straccia, senza alcuna conseguenza. Infatti non producono nulla di concreto. I tedeschi le chiamano Uebungsfirmen; Uebung è il compito degli studenti a scuola: si potrebbero definire «imprese per allenarsi». Non sono una invenzione recente: l'idea di un lavoro «simulato», ai fini di addestramento, risale a prima della guerra e negli Stati Uniti fa parte dei corsi superiori di istruzione manageriate. Ma in Germania, oggi, il fenomeno ha assunto proporzioni notevoli; e fisicamente queste aziende pesano sulla struttura sociale del Paese. Queste «società fantasma» sono più di centosessanta, e occupano più o meno diecimila persone. Sono diventate un'arma per tentare di equilibrare il mercato del lavoro, che è abbastanza teso anche qui, con un buon milione e mezzo di disoccupati, e una asprezza che sembra crescente nei rapporti tra i partners sociali. A margine della sempre florida economia della Germania di Bonn, grazie a queste aziende - fantasma, è nata insomma una piccola economia fittizia, non classificabile con cifre di giro d'affari, che non incide sul prodot- to nazionale, ma che ha società di produzione, di vendita; un sistema di sicurezza sociale, propri — falsi — percettori delle tasse, persino banche, e addirittura una sua fiera, organizzata una volta all'anno ad Amburgo. In realtà questa catena di Uebungsfirmen — sostengono gli esperti dell'Ufficio federale del lavoro di Norimberga e gli stessi sindacati — rappresenta «un modo nuovo di lotta contro la crisi economica». «Dato che le cose, anche se poi finiscono nel cestino della carta straccia, vengono fatte molto sul serio», sostiene un dirigente della DAG, il settore sindacale che si occupa degli impiegati, «è facilmente intuibile che il lavoro può essere utile; anzi, da queste aziende fantasma provengono anche dirigenti e funzionari di gran valore, oggi stabilmente inseriti nella struttura economica "vera"». A sostenere le spese di impianto e di gestione delle aziende fantasma sono in primo luogo l'Ufficio federale del lavoro e i governi regionali -ma una certa quota di spesa viene coperta anche dalle organizzazioni sindacali. Con vocazione, dunque, sia didattica che occupazionale, le aziende • fantasma tedesche assumono soltanto disoccupati. L'impiego è a termine (sei mesi al massimo); lo stipendio è pari all'80 per cento di quelli stabiliti dai contratti per un'analoga, effettiva occupazione. «Prima di assumere chicchessia», precisa Hans Peter Mueller, responsabile del settore «società ■ fantasma» della DAG, «abbiamo un abboccamento molto serio con i candidati, che sono moltissimi; e ciò per togliere una qualsiasi impressione di gioco dalla faccenda. Chi lavora in queste aziende, deve farlo sul serio, pronto al limite, a pagare di persona se sbaglia». Ci sono stati, infatti, anche casi di licenziamento per «scarso rendimento». Passiamo un mezzo pomeriggio in una azienda-fantasma, in un grosso centro fra Norimberga e Monaco. La società produce e vende — precisa la dizione ufficiale, riportata sulla carta intestata — cuscinetti a sfere. Un settore nel quale pare ci sia una certa concorrenza. La fabbrica vera e propria è naturalmente ridotta: un capannone nel verde, dotato però di tutte le attrezzature più sofisticate, con una decina di operai agli ordini di un ingegnere e di un «capo». Producono effettivamente cuscinetti: «La maggior parie», rileva l'ingegner Leys, «dobbiamo rifonderli o farli rettificare, perché, essendo i primi lavori di persone che fanno questo mestiere da pochissimo tempo, sono imperfetti. Ma un certo numero riusciamo addirittura a venderli, e proprio a quelle fabbriche che, sulla carta e nella finzione, dovrebbero essere nostre concorrenti». Negli uffici, ci sono alcune decine di persone tra impiegati e funzionari. Lavorano con la collaborazione di una grande industria tedesca di prodotti meccanici di precisione, che fornisce dati, prezzi, indagini di mercato, situazione all'estero, andamento delle materie prime, e via dicendo. «La collaborazione con aziende reali dello stesso settore è una delle condizioni indispensabili per il buon funzionamento delle nostre aziende-fantasma: nessuno pensa di perdere il proprio tempo se collabora con noi. Tra l'altro la nostra attività serve da straordinario banco di prova per le aziende che operano effettivamente sul mercato ». L'esistenza di una piccola rete di aziende-fantasma pure in Svezia, in Svizzera e in Austria, consente spesso alle Uebungsfirmen di cimentarsi anche nel gioco delle esportazioni e delle importazioni. A Heidelberg esiste una organizzazione cui fanno capo tutte queste aziende fasulle per trovare corrispondenti, clienti e concorrenti: ci spiegano che molte grandi aziende «vere» hanno ormai creato proprie succursali-fantasma e partecipano a questo gigantesco gioco di simulazione per avere i vantaggi che sembra nascano da queste specie di «laboratori» economici, sia dal punto di vista professionale che da quello delle conoscenze che se ne possono trarre. La Bayer ha creato una azienda-fantasma specializzata in approvvigionamento di materie prime; a Ludwigshafen, la Easf sta per dare l'avvio all'attività di una «società fasulla» che simulerà una specializzazione nella chimica di base. Molte banche accettano di aprire conti con capitali inesistenti a favore di queste finte aziende, e il personale controlla e tie¬ ne aggiornati i depositi e i «castelletti», come si trattasse di denaro vero, mentre in realtà si tratta in genere di assegni sui quali è stampato «training Pirmen», cioè azienda di esercitazione. La finzione si spinge, si è detto, addirittura a simulare presenze e controlli del fisco. A Heidelberg le poste tedesche hanno aperto un ufficio per i conti postali riservati alle società-fantasma, che non versano un solo pfennig, ma che hanno una attività rigogliosa di bollettini di versamento e di prelievo. A Dortmund esiste addirittura una speciale sezione del tribunale di commercio che istruisce e sentenzia, molto seriamente, su vertenze tra società «non vere». Viene quasi da sorridere; è difficile nascondere un innato scetticismo e non pensare a quanto riescano a essere seri i tedeschi anche quando si mettono a fare finta di fare le cose. «Ma credete davvero che i dipendenti delle "vere" aziende vedano le merci che vendono o che producono? Pensate che un funzionario, quando istruisce una pratica, riesca davvero a rendersi conto di che cosa c'è dietro le parole che scrive? Perché allora il nostro lavoro, fondato soltanto su "cose" esistenti sulla carta, dovrebbe essere meno serio?». E' un ragionamento che forse non verrebbe spontaneo a un latino, ma i fatti sono là a dimostrare con certa evidenza, che chi lavora nelle aziende-fantasma si impegna e si prende sul serio; che un certo numero di risultati concreti viene raggiunto; che il fenomeno non è un momento di moda o la dolce utopia di qualche teorico dell'organizzazione sociale e del lavoro. Al contrario, non è da escludere che uno dei segreti del «miracolo economico» tedesco, che dura in crescendo ormai da parecchi lustri, consista anche nel prender sul serio iniziative che pos] sono sembrare frivole, a spingere un gioco fino ai limiti dell'assurdo, al punto da crederlo vero. In ogni caso, da questo «gioco» i tedeschi riescono a trarre dei veri vantaggi. Sandro Doglio ^^^^^ :Mr'mtm Mmtm Berlino Ovest. Le birrerie restano simbolo di benessere (Ap)

Persone citate: Hans Peter Mueller, Heidelberg