Quelle famose riviste di S. R. Giovanni Spadolini

Quelle famose riviste LA "NUOVA ANTOLOGIA„ E LA CRISI Quelle famose riviste Roma, 8 marzo. Servono ancora le riviste di cultura? Dice Giovanni Spadolini: «Bisogna conquistarsi il posto e il pubblico ogni giorno. Non ci sono privilegi assegnati dal ruolo o dalla fama. Le riviste classiche, interdisciplinari, di varia umanità debbono combattere anche la concorrenza dei giornali che hanno aperto le pagine a temi e dibattiti prima esclusi dalla riflessione immediata». Una volta era diverso: «Nel dopoguerra ci fu una fioritura fervida, quasi necessaria, dalla Nuova Europa di Salvatorelli all'Acropoli di Omodeo, fino al Ponte, l'unica che sia sopravvissuta tra mille difficoltà. Poi la grande stasi, la quiete opaca degli Anni 50». E adesso? Spadolini, che presiede al Senato la Commissione della Pubblica Istruzione, è coinvolto, come uomo di cultura, in un caso emblematico, la crisi della Nuova Antologia, prestigiosa rivista, erede nel nome della tradizione fiorentina di Vieusseux, ancora ricca di abbonati (tira 7 mila copie), ma minacciata seriamente di chiusura per il crescente divario tra costi e ricavi. Ce la farà, non ce la farà? In questi giorni è sorto sui giornali un dibattito che può non riguardare *olo la Nuova Antologia, ma il posto e la legittimazione sul mercato della cultura delle voci più diverse, nuove e vecchie. Quando ci si chiede se le riviste culturali servono, bisogna anche domandarsi quali modelli si hanno in mente, quali scopi. Spadolini dirige la Nuova Antologia dal '72, ma di fatto la dirigeva già dal '56, chiamatovi da Luigi Einaudi, poiché c'era «un rapporto, allora, tra II mondo di Pannunzio e la tradizione laica della rivista». Dice di non aver mai avuto preclusioni; «Sulla Nuova Antologia hanno scritto uomini di sinistra come Argan e Carlo TullioAltan, o come Garin, insieme con cattolici come Jemolo, con letterati come Montale». Non è in crisi, allora, il concetto di rivista interdisciplinare, il concetto stesso di varia umanità? Qual è oggi lo scopo di chi dirige, come Spadolini, una rivista di lettere scienze ed arti? Risponde: «C'è l'obiettivo di offrire al lettore una pausa di riflessione, dopo la nevrosi dei fatti quotidiani, dopo le analisi affrettate. Il criterio antologico è appunto ne- cessario, a mio giudizio, perché il lettore colto o curioso ritrovi un panorama meditato di quello che accade durante l'anno senza affidarsi al collage magari contraddittorio dei ritagli di giornale». Veniamo al nocciolo della | questione: negli ultimi anni sono nate, sulla traccia delle riviste classiche del dopoguerra, riviste militanti, cioè decisamente politiche, strumenti e stimolo anche alle scelte immediate. Non saranno queste che rubano lo spazio anche alla Nuova Antologia? Spadolini dice che c'è posto per i due tipi di testimonianza e spiega: «L'importante oggi è che siano salve tutte le aree culturali; anzi, proprio di fronte alla legittima militanza diretta, c'è bisogno di riviste non partigiane, non apodittiche, non seguaci dichiarate di una tesi. C'è un rapporto di complementarità che non va distrutto». Giriamo la domanda, nel modo un poco semplificato e sbrigativo sollevato dalla polemica di questi giorni: una rivista come la Nuova Antologia non rappresenta un fenomeno inattuale nella cultura italiana? Spadolini approva: «Certo, inattuale, ma in un senso alto, non in senso antiquariale». Riassumiamo in altre parole: ci sono oggi riviste come II Ponte, La cultura, la Nuova Antologia che rappresentano con la tradizione, con la continuità d'una linea ideale, anche momenti di meditazione e di confronto (sempre pacatamente accademico, non solo erudito). Que¬ ste riviste sono, per i realizzatori, l'unico luogo possibile del dialogo non affannato, non stretto dai tempi: e gli studiosi di diversa estrazione non temono di apparirvi affiancati perché li unisce una segreta complicità di dialogo. Rivendica Spadolini: «Sulla Nuova Antologia siamo stati i primi a iniziare il dibattito sul Concordato». Appunto, la discussione sulle leggi, sulle istituzioni: davanti a queste pagine non si intravede un pubblico di «fans», ma una serie di biblioteche pubbliche, di circoli culturali, di università. Un esempio spadoliniano: «Abbiamo mille abbonati all'estero, tutte Università, in America e in Inghilterra. La raccolta completa della nostra rivista adesso non ha prezzo, la mia l'ho comprata dagli eredi di Sidney Sonnino, tutta rilegata in pergamena fino al 1914, anno in cui Sonnino divenne ministro degli Esteri; dopo non ebbe più tempo per le rilegature». Adesso anche la tv s'occuperà della Nuova Antologia in un ciclo di trasmissioni. Ce la farà, non ce la farà? La faccenda potrebbe diventare una piccola sfida culturale. Con un nuovo editore, Le Mounier, senza dipendenti e retribuzioni ( «cultura e tasse sono incompatibili»;, senza chiedere aiuti statali ^«niente sovvenzioni»;, senza appoggiarsi ai partiti (c'erano state delle offerte di protezione), insomma senza nessun'arma segreta la Nuova Antologia vuole vincere la sua battaglia e continuare, per la felicità degli studiosi pacati e degli storici. Noi, che abbiamo ascoltato le ragioni e visto luccicare gli occhiali di Spadolini, a questo punto abbiamo pochi dubbi: la Nuova Antologia ce la farà. s. r. Giovanni Spadolini

Luoghi citati: America, Inghilterra, Nuova Europa, Roma