49 difensori per 49 imputati
49 difensori per 49 imputati Ecco gli avvocati di fiducia e quelli nominati d'ufficio 49 difensori per 49 imputati Per i 49 imputati al processo delle Brigate rosse, la difesa schiera altrettanti legali. Altri otto avvocati rappresentano i due sequestrati dall'organizzazione eversiva, il magistrato Sossi di Genova e il sindacalista della Cisnal, Labate, costituitisi parte civile con gli avvocati Marcellini (Genova), Tortonese, Lageard, Badellino, Ronco, Ennio e Andrea Galasso e Rovito (Torino). Il dirigente della Fiat Amerio, altro sequestrato dalle Br, ha rinunciato alla costituzione di parte civile (avvocato Del Grosso) in occasione del primo tentativo di processo alle Br, il 16 maggio del 1976. Tra i 49 avvocati difensori c'è una distinzione fondamentale da fare: nove tra essi sono stati nominati d'ufficio dalla corte d'assise, il 16 maggio del 1976, dopo che i brigatisti avevano rifiutato i loro legali di fiducia, «per contestare il sistema borghese e il regime che ci governa». Si tratta dei legali torinesi Vittorio Chiusano (difende il latitante Gallinari), Geo Dal Fiume (Franceschini), Antonio Foti (Ferrari), Graziano Masselli (il latitante Mica letto), Aldo Albanese (Lintrami), Luigi Balestra (Paroli), Francesco Gilardoni (Brio- schi Mariacarla), Valerio Durante (Curcio), Vittorio Negro (Bertolazzi). Dal Fiume, Foti, Balestra, Albanese, Gilardoni sono penalisti: i loro nomi compaiono spesso nei processi in assise per i delitti più gravi; Masselli è stato parte civile nel processo «Ipca» (la fabbrica del cancro); Chiusano è spesso parte civile nei processi per sequestri di persona (l'ultimo in ordine di tempo, per l'uccisione dell'imprenditore edile di Cuorgnè, Mario Ceretta ); Durante e Negro si dedicano ai processi civili. La loro connotazione politica va dalla sinistra (Negro è consigliere del pei. Durante e Masselli militano nello stesso partito) al centro (tutti gli altri). Oggi formano un blocco unico, perché analoga è la loro posizione processuale, pur difendendo imputati diversi. Investiti della nomina di difensori dei brigatisti, dopo il rifiuto di molti loro colleghi, hanno dovuto studiare le carte della voluminosa requisitoria dei giudici Coccia e Caselli (più di 500 pagine). La minaccia delle Brigate rosse non è stata rivolta direttamente contro la loro persona ma contro chiunque avesse accettato l'incarico. Ci sono poi i 41 difensori di fiducia. Dopo la revoca avvenuta nell'aula dell'assise torinese, costoro continuano a difendere i brigatisti in altri processi, alcuni dei quali sono stati unificati all'inchiesta torinese. Tra essi vi sono nomi che accompagnano la storia delle Brigate rosse fin dal primo processo per costituzione di banda armata: gli avvocati Giannino Guiso di Nuoro, Eduardo Di Giovanni di Roma, Sergio e Giuliano Spazzali di Milano e altri. Considerano il detenuto politico un uomo privato di tutti i diritti civili. Scrive Giannino Guiso nel suo libro «L'uomo senza diritti: il detenuto politico»: «In sostanza questo processo (alle Br) che la stampa quotidiana e di partito ha cercato di presentare come un processo democratico, rispettoso delle regole del contraddittorio processuale e delle norme costituzionali, è stato politicamente strumentalizzato per offrire la dimostrazione della saldezza irreale delle istituzioni "democratiche", che si rivelano, invece, solo più efficientistiche in senso repressivo e disancorate dai principi costituzionali che presidiano il nostro diritto positivo». L'abilità professionale di questi legali è fuori discussione. L'unica eccezione di conflitto di competenza sollevata da Eduardo Di Giovanni è stata accolta dalla Corte di Cassazione che ha bloccato per più di un anno il primo processo di Torino per unificarlo con l'analoga istruttoria milanese Accanto a loro, i legali degli imputati a piede libero (gli avvocati Bianca Guidetti Serra, Anna Maria Fusari, Anna Rosa Oddone, e altri). c. cer.
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