Maigret e il giallo che c'è nel mondo di Stefano Reggiani

Maigret e il giallo che c'è nel mondo LOSANNA, I SETTANTACINQUE ANNI DI GEORGES SIMENON Maigret e il giallo che c'è nel mondo Il celebre commissario è andato in pensione, ma il suo autore politica e della violenza: "Gli scrittori non offrono soluzioni, non perde il gusto dell'indagine - Dialogo sui problemi della c'è solo un'ipotesi fondamentale, che i potenti siano pazzi" \ i (Dal nostro inviato speciale) Losanna, marzo. Ci sono diciassette pipe sulla mensola del caminetto; un'altra la tiene in bocca ed una in tasca. Georges Simenon fuma rapido, con gusto, annebbiando il bel viso di vecchio pungente e goloso, difendendosi nell'odore semidolce del tabacco Dunhill. Sull'attaccapanni dell'ingresso ci sono quattro cappelli flosci, molto eleganti, fuori della vetrata c'è un giardino con un grande albero e intorno c'è il silenzio di Losanna, nel punto dove scoscende verso il lago, abbastanza tranquilla, abbastanza brutta, abbastanza svizzera. Georges Simenon, noto in tutto il mondo come creatore del commissario Maigret (primi nelle statistiche i lettori francesi, italiani, tedeschi e spagnoli, con una grande rimonta dei russi) ha compiuto nei giorni scorsi settantacinque anni. Ma sarà proprio quest'occasione celebrativa che ci porta, in tanti, a Losanna? Il carnet di appuntamenti è fitto: giornali, radio e televisioni europee. Tutti sanno che Maigret è andato in pensione sei anni fa e che l'autore ha la ferma intenzione di non scrivere più una riga su di lui. Adesso ogni mattina detta per alcune ore al magnetofono ricordi e impressioni, grani di saggezza che le se¬ gretarie il giorno dopo bat- | tono a macchina. Lui rileg- i ge, fa appena qualche correzione, manda alle stampe. I libri di memorie hanno superato la decina, cominciò qualche anno fa, con una i « Lettera alla madre ». Lo | stile fluido che ha inseguito \ per anni Maigret per i quarI tieri di Parigi, il gusto della I ripetizione, della descrizione, ! dell'aneddoto (una scom• messa letteraria contro te j trappole del poliziesco) si i sono come rarefatti, le fra! si sono più strette, gli spa[ zi più bianchi. Da tempo Simenon ha ab! bandonato un'abitudine divenuta famosa tra i slmeno; niani: lo champagne rosé, I bevuto in forte quantità fin dal mattino, come rimedio alle malattie. Ha abbandonato anche la grande villa di Epalinges, che richiedeva undici servitori, ed era stata acquistata soprattutto per i quattro figli. Adesso solo il più giovane, di diciannove anni, abita con lui. Sul tavolino, al posto dello champagne, ci sono grandi bicchieri di succo d'uva. Tra una boccata e l'altra di fumo, Simenon beve con metodo. Ogni tanto s'allontana per fare pipì. E' allegro, simpatico, il nostro amico fotografo lo chiama signor Maigret. « Prego, signor Maigret, un poco di lato, ecco la pipa, mi raccomando la pipa ». Lui gentile sorride dentro il fumo. All'università di Liegi, sua città natale, c'è un Centro di studi Georges Simenon. Lo scrittore ha regalato tutti i suoi manoscritti. C'è un repertorio di tutti i volumi pubblicati, di tutte le traduzioni, delle tesi di laurea: una grande sala piena di scaffali. Non capita a tutti gli scrittori viventi, forse non è capitato a nessuno. La compagna di Simenon, Teresa, dolcissima curatrice del mito, di nascita italiana (da 16 anni con lui), si china e bisbiglia: « E' il secondo autore come diffusione, dopo Carlo Marx ». Ma la ragione vera per cui siamo qui sono i settantacinque anni del secondo scrittore dopo Marx? Tra il fumo, a denti stretti per sorreggere la pipa, Simenon spiega: « Maigret se n'è andato. L'ho fatto invecchiare lentamente, ho incominciato a scrivere di lui che avevo 27 anni, ho smesso ai settanta. Adesso è in pensione, come ogni buon commissario di polizia. Non lo odio, non lo amo. Ci siamo fatti buona compagnia. Continua a indagare nelle ristampe, nei film, nei cicli televisivi, ma mi interessa poco. Non vado mai a vedere i film su Maigret, non so, non mi piace scoprirgli questo o quel volto. Magari, mi diverto a certe fotografie, come questa arrivata dal Giappone ». C'è un Maigret giapponese con occhi stretti e baffi spioventi, anche il bavero dell'impermeabile rialzato. E c'è la signora Maigret, in camicetta e pantaloni, come la diva di un film sexy. E' passato il tempo di Maigret, come poliziotto: eppure resiste nella fantasia dei lettori. L'autore spiega: «Resiste come uomo, piace .dap--pertutto perché somiglia a tutti. Chi è Maigret? Un piccolo borghese molto onesto, molto puntiglioso, ama mangiare, ma è forse l'unico piacere che si concede, come i poveri. Non va quasi mai al cinema, non vede la televisione, non ha l'automobile. Non mette in soggezione neppure i ladri, anche se lo rispettano. Commissari così devono andare in pensione per forza, oggi ». Come giudica i poliziotti del dopo Maigret? « Non so, non li frequento. Mi pare, tuttavia, da quello che leggo, che sparino troppo in fretta. Tutto qui, Loro sparano troppo in fretta ». Appunto, anche la violenza è cambiata. Simenon sogghi¬ gna, una boccata di pipa, un sorso di succo d'uva. Si sa che è venuto in Svizzera, una ventina d'anni fa, per stare tranquillo. Informa: « Ci sono 3500 disoccupati in Svizzera, 280 a Losanna. Non ci sono bidonvilles, periferie miserabili. C'è il denaro, ecco. Io non voglio dare giudizi sul Paese, mi comporto come un ospite. Tuttavia i borghesi non mi piacciono ». Lui come si considera? Fa un gesto. Suggerisce Teresa: « Un artigiano ». Lui dice: « Ho imparato a scrivere le cose che la gente capisce. Non è facile. Ho scritto storie popolari con tanti pseudonimi, poi ho imparato. Invece, fuori dei libri, c'è gente che non impara mai ». Piano, piano vengono fuori le segrete curiosità della nostra visita, come se Simenon fosse un investigatore e il mondo un grande intrico giallo. Si difende: «Non mi sono mai occupato di politica. Neanche Maigret ha mai fatto politica; d'accordo con Clemenceau che diceva: chi fa politica, alla lunga si sporca le mani ». Ma Maigret, adesso in Francia, per chi voterebbe? Si stringe nelle spalle: « Maigret è un personaggio da fronte popolare, da programma delle sinistre. Quanto a me non so, non voto. Soltanto, ho poca simpatia per Giscard d'Estaing, è una di quelle persone che cercano falsi titoli di nobiltà ». Andiamo avanti, coi politici. Come li scheda? « Insomma, c'è gente che studia da politico fin da ragazzo. Per esempio, in Francia, le buone scuole, gli istituti giusti, la carriera. Tutto, senza apprendistato. Bisognerebbe che un politico, prima di essere ammesso ad esercitare, abitasse per sei mesi in una casa popolare con la paga del disoccupato, col sussidio. Imparerebbe qualcosa ». Lui, Simenon, ha qualche modello in mente, una pista da seguire? Risponde: « La pista degli Stati Scandinavi. Perché in un Paese ci sia giustizia bisogna che non ci siano miliardari. Dove ci sono miliardari, ci sono anche miserabili, c'è la rivolta inevitabile ». Tira fuori la pipa di bocca, magari pensa ai suoi diritti di autore. A voce alta continua: « Io mi sono ritirato in queste tre stanze ». In un angolo del salotto c'è un letto coperto di pellicce. Ha mai esaminato la violenza politica, le sue ragioni? Ci ha mai riflettuto, con quel serrato buon senso di Maigret? Simenon fa cenno di sì, dice infatti: « La violenza c'è sempre stata, dura come adesso, forse di più. Una volta c'erano le bande armate che assaltaval no le diligenze. Una volta c'era Vapache, adesso il voyou, è tutto eguale ». Ci ripensa: « No, adesso, dietro una gran parte della violenza c'è un disegno politico. Se io spavento i francesi, li spingo a chiedere l'ordine, a rispettare gli interessi dei gruppi più forti. Credo che capiti così anche in Italia. Non mi stupirei che c'entrassero la Cia, il Kgb, le multinazionali ». Certo, è un bel giallo; ma forse mancano alcuni personaggi. « Mancano dal panorama i rivoltosi puri, gli idealisti senza attenuanti, come quelli della banda Baader in Germania. In un romanzo li vedrei soli, assetati di una perfezione che non esiste, peccato ». Simenon scaccia la nube di fumo, stringe gli occhi: « Noi scrittori non abbiamo la soluzione di questo giallo che è diventato il mondo, fabbrichiamo parole, consolazioni. Non possiamo cambiare nulla. A meno che... ». Esita sogghignando: « A meno di non supporre che ci sia una colpa d'origine, una chiave del giallo, la più semplice ». Quale? « Tutti quelli che ci governano sono pazzi, solo la follia di pochi costringe i lettori di Maigret, in tutto il mondo, a non fare pace tra loro ». Certo, Simenon, avremmo scoperto gli assassini; dopo, bisognerebbe solo arrestarli. Stefano Reggiani » -, w 7};*> pi gp Losanna. Simenon, durante l'intervista, nel suo giardino (Foto La Stampa-Liprandi)