L'ultimo della "banda Giuliano" è in libertà, povero e ammalato

L'ultimo della "banda Giuliano" è in libertà, povero e ammalato Graziato, racconta i lunghi anni di carcere L'ultimo della "banda Giuliano" è in libertà, povero e ammalato Palermo, 19 febbraio. «Ai giovani estremisti che ho conosciuto a Volterra l'ho detto più volte: non fatevi influenzare da nessuno, non credete alle false promesse, altrimenti vi succederà quello che è accaduto a noi. Siamo stati illusi ed abbandonati». Francesco Pisciotta, 54 anni, 29 dei quali trascorsi in carcere, uno degli ultimi componenti della «banda Giuliano» ancora in vita, sintetizza così le sue esperienze in quell'oscuro periodo del dopoguerra in una Sicilia percorsa da fremiti indipendentistici. In libertà dal 18 gennaio scorso, malato, pensionato per invalidità, Francesco Pisciotta vive a Palermo, in una casa popolare, ospite di una sorella vedova da sei mesi. Cammina a piccoli passi, un'abitudine contratta nel lungo soggiorno in spazi limitati, si muove a fatica, soffre di amnesie. «Ha bisogno di cure — dice la sorella — dovrebbe essere visitato in istituti specializzati dell'Italia settentrionale, ma per fare tutto questo ci vogliono tanti soldi, che non abbiamo». Francesco Pisciotta annuisce, ed aggiunge: «Io vorrei lavorare, ma come faccio? Chi assumerebbe un uomo nelle mie condizioni?». Contadino fino a 18 anni, mentre le truppe italiane si ritirano da tutti i fronti, riceve la cartolina precetto: «La guerra sta finendo, mi di- cono in paese, a Montelepre, — ricorda — è meglio nascondersi, non presentarsi in caserma». Per qualche mese Francesco Pisciotta vive sulle montagne del Palermitano, poi «un giorno — dice — chi mi aiutava mi consigliò dì aggregarmi a Giuliano. Rimasi con lui fino al '46, poi quattro anni di latitanza, di paure, sino all'arresto». Del «processone» di Viterbo Pisciotta ricorda poco: «Mi accusarono di tante cose — aggiunge — ed io chiesi che venissero fornite prove. Invece si concluse tutto in fretta, fui condannato senza sapere perché. Di quegli aiuti di cui talvolta sentivo parlare, quando ero sulle montagne, non ebbi più notizie. Poi fu avvelenato in carcere a Palermo Gaspare Pisciotta, il luogotenente di Giuliano, che aveva detto più volte di voler parlare e le nostre vicende furono dimenticate». In carcere Francesco Pisciotta ha fatto il sarto, il fornaio «e — aggiunge — tanti altri mestieri. Mai un rilievo dei direttori o del personale di custodia. Sono stato sempre trattato con umanità. Ho un solo rimpianto: quando morì mia madre, da tempo ammalata, chiesi, mentre era in agonia, di vederla per l'ultima volta. Ero a Termini Imerese allora, vicino a Palermo: ma non fu possibile ottenere un permesso». «Ho avuto la grazia, sono tornato libero — conclude — voglio solo vivere in pace; purtroppo vedo che anche oggi i giovani commettono gli stessi errori di 30 anni fa». (Ansa)

Persone citate: Francesco Pisciotta, Gaspare Pisciotta, Graziato, Pisciotta

Luoghi citati: Italia, Montelepre, Palermo, Sicilia, Termini Imerese, Viterbo, Volterra