Tutti intorno a Brecht fra l'arte e la politica di Benedetto Marzullo

Tutti intorno a Brecht fra l'arte e la politica Un congresso di studiosi a Berlino Est Tutti intorno a Brecht fra l'arte e la politica A Berlino capitale della Repubblica Democratica Tedesca, ha avuto luogo dal 10 al 15 febbraio, uno straordinario congresso. Per l'inquietante tema, per la perfetta quanto finalizzata regìa, per la massiccia ed impegnata partecipazione internazionale. Sono convenuti centocinquanta specialisti, da oltre quaranta Paesi: non piccola parte dall'Estremo Oriente, dal cosiddetto (e anzi, arrogantemente detto) Terzo mondo. Si tratta di un nuovo « Brecht-Dialog », dieci anni dal precedente, a cinque anni da una fruttuosa « Settimana brechtiana nella RDT ». Una crescita di interesse sembrerebbe, o di inquietudine politica oltre che esistenziale. L'argomento proposto era « Arte e politica », un rapporto che sfida alla identificazione, almeno quanto alla farisaica distinzione. Costituisce del resto un assillo pungente non solo nel Brechi della maturità, diventa parola d'ordine in ogni cultura progressista, un imperativo nelle democrazie socialiste. Di qui la solennità dell'incontro, il coinvolgimento delle istituzioni, la robusta esperienza collettiva, il successo intelligentemente perseguito. Promotrice, infatti, era la AICT (Associazione internazionale critici teatrali): la sezione berlinese è implacabilmente governata da Ernst Schumacher, che venticinque anni fa inaugurava, con una fondamentale opera, gli studi brechtiani, e che oggi tiene cattedra di Scienze del teatro. Gli si è ovviamente affiancato il Brecht-Zentrum, appena inaugurato (custodisce oltre ventimila cimeli del poeta). Ma la risonante responsabilità ufficiale è passata nelle mani dello stesso Ministro della cultura, spalleggiato dalla Università « Humboldt », dalla Accademia delle scienze, dalla Accademia delle arti, dalle Associazioni Operatori di Teatro, Film, Televisione. Una coalizione di Stato, dunque, inimmaginabile altrove, improponibile nella ciacolante Italia. L'occasione, del resto, poteva apparire pretestuosa: l'ottantesimo della nascita di Brecht. E' senza precedenti una commemorazione, con tutta evidenza impaziente del convenzionale secolo. Non si è voluto né un Festival né una volenterosa riesumazione; malgrado due e più spettacoli quotidiani (di provocatorio livello), incalzanti tavole rotonde, collaterali iniziative abbiano efficacemente realizzato la celebrazione. Si è scherzosamente parlato di « canonizzazione », con accentuata ironia di « imbalsamazione »: il ritualismo severo dei col¬ leghi tedeschi, la austerità che contraddistingue quegli orientali, autorizzavano queste ed altre impertinenze. Si è trattato in verità di una pubblica « espropriazione », motivata quanto salutare. Brecht diviene per la RDT, ma soprattutto per la Berlino, suo ultimo rifugio ed arengo, un simbolo politico, più ancora che ideologico o culturale. La sua dilagante valenza morale trova un fermissimo punto di irradiazione. Concede a questa Berlino, dignitosamente levatasi dalle macerie, una meritata leadership ideale, aggressivamente operativa. Il « Brecht-Dialog » non si è solo svolto interrogando Io scomparso e pur vitalissimo poeta, non ha riproposto a teatrologi e critici della più varia estrazione e convinzione, problemi specifici o metodologici. Lo ha confermato come vessillo di un Paese che, malgrado sanguinose incertezze, egli aveva prescelto quale estrema tribuna. Ha prepotentemente sollevato Brecht al di sopra delle contingenze, di ieri e di oggi: lo ha dichiarato, a nostro vedere, un « classico ». Più di cinquant'anni fa, Feuchtwanger lo aveva definito « il primo classico del terzo millennio ». La profetica intuizione risulta niente affatto azzardata. Rinunciando (alcuni di noi, per anagrafiche ragioni) al prossimo millennio, proprio da questo compatto incontro, dalla stessa caparbietà delle opposizioni, dalla determinata lungimiranza dei politici, la dimensione del « classico » sembra imporsi. Una struttura che galleggia al di sopra dell'opinabile, che sollecita centrifugate opinioni, che persiste, e addirittura si chiarifica e irrobustisce, malgrado ogni abuso. La forza dei classici, dobbiamo concludere, è paradossale: si lasciano serenamente strapazzare, comunicano a dispetto di « rumori », di strumentali manipolazioni. Lo constatiamo quotidianamente, con il teatro dell'antichità, con Shakespeare, con Molière. Brecht ironicamente resiste, si depura: si conferma socratico maestro, non di idealità o di comportamenti, ma di umanità. La terrena vicenda lo affascina, la rivive con razionale, talvolta sarcastico distacco, con profonda, addolorata pietà. Soltanto nella capacità di riconoscersi, nella antidogmatica coscienza del proprio divenire e modificarsi, egli vede il conforto se non la salvezza dell'uomo. La funzione « ufficiale » attribuitagli lo avrebbe di sicuro divertito, ma anche ed onestamente smarrito. Benedetto Marzullo

Luoghi citati: Berlino, Berlino Est, Estremo Oriente, Italia, Repubblica Democratica Tedesca