Andreotti: per risolvere la crisi "solidarietà parlamentare" a sei di Luca Giurato

Andreotti: per risolvere la crisi "solidarietà parlamentare" a sei Contrastata riunione dei gruppi de (Camera e Senato) Andreotti: per risolvere la crisi "solidarietà parlamentare" a sei Dovrebbe essere "effettiva e straordinaria": è questa la formula del presidente incaricato per il rapporto con il pei - Per la polizia, un sindacato apolitico e divieto di sciopero per legge - Oggi l'intervento di Moro Roma, 27 febbraio. Al gran raduno dei senatori e dei deputati de, che ha avuto inizio oggi a Montecitorio, Andreotti ha proposto una « effettiva e straordinaria solidarietà parlamentare;» ha proposto, in altre parole, quella maggioranza chiara ed esplicita che pei, psi, pri e psdi sollecitano per risolvere la crisi di governo. Poco prima, il presidente dei senatori, Bartolomei, aveva invece dichiarato di ritenere «positivo l'esito della crisi nel caso di convergenze politicamente autonome». In altre parole: nessun accordo politico con il pei. La maggioranza dei parlamentari dovrebbe essere schierata con Andreotti; quella del presidente incaricato è poi la linea della dirigenza de, da Zaccagnini, a Moro, a Fanfara. Contro ogni ipotesi d'intesa politico-parlamentare con i comunisti sono sicuramente schierati deputati e senatori del gruppo dei « Cento »; quasi sicuramente i doro tei, anche se il loro leader, Flaminio Piccoli, ha fatto oggi un intervento breve quanto cauto. Nella notte, sono in corso riunioni di tutte le correnti e di ogni leader. V'è grande attesa per il discorso che Aldo Moro terrà domani. Ancora una volta, la de e con essa il mondo politico guarda all'ideologo principe del partito più forte, l'uomo dei « tempi lunghi », delle «visioni lunghe», ma anche l'uomo dei momenti difficili. I tempi lunghi, dopo l'esplicita proposta di Andreotti, sembrano ormai esauriti. Vedremo dall'esito del dibattito se Moro ha ancora nel suo partito quel potere carismatico che gli viene sino ad oggi riconosciuto quasi all'unanimità. Il grande raduno s'è aperto con gli interventi di Piccoli e Bartolomei. Il presidente dei deputati ha preso subito di petto il dilemma che aveva movimentato la vigilia del dibattito: votare o non votare per uno o più documenti finali. Non è un dilemma formale. Chi vuole il voto sul documento è contrario ad ogni apertura politica al pei, chi non lo vuole è con la dirigenza del partito. « Ci sono pervenute — ha detto Piccoli — alcune richieste di presentazione di documenti e di ordini del giorno. Il parere del senatore Bartolomei e il mio è che sarebbero da evitare, in questa assemblea, procedure che in qualche modo si risolvano in un irrigidimento di posizioni, mentre si dovrebbe privilegiare un dibattito serio, ampio ed impegnato». Piccoli ha voluto spiegare il significato che la dirigenza de dà all'assemblea, significato che contrasta con le intenzioni di molti suoi colleghi. « E' chiaro — ha detto — che noi ci riuniamo per dare un contributo importante agli organi del partito, cui spetta di prendere le autonome decisioni sulla soluzione della crisi ». Subito dopo il presidente dei deputati ha però fatto una precisazione molto importante: « Se, comunque, malgrado il nostro appello, documenti e ordini del giorno saranno ugualmente presentati, è evidente che essi dovranno riferirsi a ciascun gruppo, in modo distinto, e potranno trovare una forma di valutazione finale, anche per ciò che riguarda le diverse procedure, in riunioni immediate e separate nella sede di ciascun gruppo ». Una osservazione. Se, come dice Piccoli, i documenti verranno ugualmente presentati, i tempi della crisi subiranno un'ulteriore imprevista dilatazione. Chiusa l'assemblea congiunta, dovranno infatti riunirsi, e separatamente, i gruppi della Camera e del Senato. La direzione de (prevista per dopodomani) e il vertice a sei (per giovedì-venerdì) slitteranno quindi alla prossima settimana. Il capo dei senatori, Bartolomei, ha chiesto « grande fermezza» sul sindacato di polizia e sulla legge Reale. Si è quindi soffermato, non a caso, sulla « posizione d'isolamento in cui si troverebbe l'Italia in seguito all'ingresso del pei nell'area del potere». Quindi, ha fatto la sua proposta pei la soluzione della crisi, con « le convergenze politicamente autonome ». Ha chiesto ancora che « si tenga realisticamente conto delle esigenze di breve termine dell'economia e dell'ordine pubblico. Ciò — ha spiegato — al fine di evitare che da qui a qualche mese, rinascano contestazioni ed esercitazioni più o meno furbesche, con cui si cerca sempre di far pagare alla de il prezzo di crescenti contraddizioni altrui». L'intervento di Andreotti è su una linea completamente diversa. Ecco, per prima cosa, la proposta politica del presidente incaricato: «Al no al governo di emergenza e ad alleanze politiche generali occorre far seguire una risposta chiara, nei contenuti e nelle forme, su un tipo di effettiva e straordinaria solidarietà parlamentare che del resto a me sembra corrispondere agli indirizzi con cui la direzione del nostro partito ha impostato, in armonia con i gruppi, l'atteggiamento da seguire nella risoluzione della crisi ». Andreotti ha anche proposto la contestualità dell'ac¬ cordo programmatico e di quello politico: «Anche se il contenuto di un accordo è base essenziale per poterne dare un giudìzio, è chiaro che nessun partito dice la sua parola decisiva sui temi più spinosi se non nel contesto conclusivo di un discorso collegato a quello politico dei diritti-doveri e dei limiti dell'accordo parlamentare da pattuirsi». E' stato meno netto e chiaro sui due nodi principali della crisi, la riforma della pubblica sicurezza e il sindacato di polizia. Per la riforma ha proposto una sorta di distinzione tra agenti burocratici e agenti in servizio di ordine pubblico. I primi potrebbero essere civilizzati; i secondi militarizzati. Ed ecco le sue parole sulla sindacalizzazione: « Occorre che il modello di sindacalizzazione, oltre ad essere assolutamente atipico e vietare ex lege lo sciopero, non possa comunque sottrarre gli operatori dell'ordine pubblico a quella estraneità da ogni particolarismo poli¬ tico, che ne comprometterebbe il prestigio, la libertà d'impiego e la più completa indipendenza ». Par di capire un « no » al sindacato con una cauta apertura a nuove soluzioni. Un no (o un « ni ») che non dovrebbe piacere ai socialisti, ma che potrebbe trovare interlocutori autorevoli nel pei. Ieri a Torino Berlinguer ha parlato di « possibilità di una libera autotutela sindacale », di un « nuovo status giuridico moderno » senza mai pronunciare parole come sindacato aderente alle tre confederazioni. Forse, c'è uno spiraglio. Stasera Galloni ha detto ohe esistono divergenze « in ordine alle quali vanno registrate le proposte alternative del pei». Sugli altri punti del programma sia Andreotti sia il quarto autorevole oratore della giornata, Galloni, hanno fatto capire che l'intesa è possibile. Andreotti si è detto nettamente contrario alle elezioni anticipate. Luca Giurato

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