La legge, l'ordine e la democrazia

La legge, l'ordine e la democrazia La legge, l'ordine e la democrazia Questo momento è fra i più tristi e difficili nella storia della Repubblica. Non ci riferiamo tanto alle condizioni economiche, giacché il rallentamento delia crescita non impedisce che, di fatto, il tenore di vita degli Italiani sia il più alto che hanno mai avuto: non abbiamo attorno a noi segni di miseria diffusa, semmai è vero il contrario. Il Paese è però sovrastato da una crisi acuta, politica, sociale e psicologica. Gli Italiani sono angosciati dalle continue violenze, non soltanto politiche; sono assillati da molteplici paure; sono profondamente turbati dalla triste sensazione che questa società sia in via di disfacimento, senza che i partiti sappiano dare una risposta rassicurante a tutte queste ansie. Quando lo Stato appare incapace di assicurare la legge democratica e di garantire l'ordine civile il disagio dilaga, la vita diventa sgradevole per tutte le classi sociali, ci si chiede come mai questo civile Paese sia diventato così « invivibile ». Al centro delle discussioni ed analisi è la questione della violenza e del terrorismo, dell'anarchia che esplode, ora in questa ora in quella istituzione: specie nella scuola, specie nelle grandi città. Sulle cause, i pareri dei sociologi, dei politici, degli storici, variano. Vi è chi attribuisce il dilagare della violenza, soprattutto a fatti strutturali, come l'inurbamento caotico o la crisi economica, che crea disoccupazione giovanile. Altri indica le radici dell'anarchia nel crollo dei valori tradizionali, soprattutto familiari e religiosi, non sostituiti da valori civili nuovi. Qualcuno ritiene che la causa fondamentale della crisi italiana sia politica: il mancato ricambio e rinnovamento della classe politica per la non alternanza dei partiti al governo, e inoltre il « tradimento » delle attese rivoluzionarie, a lungo nutrite dalla sinistra marxista con un linguaggio erosivo ed estremista, cui fa oggi seguito la proposta di un'alleanza politica con la de, simbolo del «vecchio potere», spiegherebbero l'esplosione di tensioni a lungo accumulate e il sorgere improvviso di una nuova sinistra, distruttiva e nichilista, violenta e armata, nemica di tutti i partiti e di tutta la società. Il buon senso dice che vi è del vero in ciascuna di queste spiegazioni, e in altre ancora, più semplici forse, che additano la ragione principale della nostra crisi nelle colpe degli uomini e dei partiti, nelle riforme mai fatte, nella diffusa corruzione, nel mancato ammodernamento delle istituzioni preposte alla difesa della legge, magistratura e polizia. Quest'ultima serie di cause, identificabili e attaccabili con azioni immediate, sembra meglio prestarsi ad interventi urgenti. Per modificare le strutture produttive, per assicurare il lavoro ai giovani, per costruire fabbriche, scuole, ospedali, come per ricostituire valori sociali e morali nuovi, occorrerà tempo. Ma non c'è molto tempo da perdere: bisogna percorrere anche questa via lunga, ma non solo questa. L'esperienza storica insegna che i popoli più civili e di istinti più democratici finiscono per trovare, oltre certi limiti, intollerabili il disordine, l'anarchia, la violenza. A un certo punto, le grandi masse, di tutte le classi sociali, chiedono allo Stato di assolvere, con qualsiasi mezzo, la sua funzione originaria e primaria, che è appunto di garantire la legge, la sicurezza nelle città, l'ordinato funzionamento degli istituti sociali e produttivi. Si commette uno sbaglio forse fatale se non ci si rende conto che grandi masse di Italiani sono vicini all'esasperazione, spesso disposti ad accettare le misure più dure pur di tornare a vivere in una società ordinata. Chi voglia il ritorno alla legge e all'ordine, ma democratici, farebbe bene a convincersi del fatto che l'autorità delle istituzioni re¬ pubblicane, costruite con tante fatiche, e tanti morti, deve riaffermarsi presto, che il tempo per agire rimane poco. Noi continuiamo ad essere fermamente convinti che non occorrono «leggi speciali», che quelle esistenti bastano per frenare la cieca violenza, sostanzialmente fascista e squadrista, che aggredisce le istituzioni civili e turba in modo intollerabile la vita delle grandi città. Ma occorre la volontà ferma di far fronte subito a una situazione di emergenza ormai acutissima. Nella sinistra si discute tra chi ritiene che soltanto un'«alternativa di sinistra» possa sciogliere i nodi profondi della nostra crisi, offrendo sbocchi democratici alle tensioni estremistiche, e chi sostiene invece che all'emergenza si può rispondere soltanto con una « storica » alleanza fra tutte le forze politiche. Ciascuna delle due tesi vanta qualche buona ragione e può trovare il suo momento. Oggi però non conta tanto dare al Paese un governo di un tipo o dell'altro, ma semplicemente dargli un governo, che abbia larghe basi politiche. La de e il pei sanno benissimo dove si collochi il punto di incontro tra le loro opposte esigenze: che lo raggiun¬ gano presto, perché il vuoto di potere potrebbe travolgere insieme tutti i partiti. Sarebbe tanto più colpevole non condurre presto a conclusione la crisi ministeriale, in quanto sono moltissimi i segni di sbandamento, di disagio, di disorientamento nelle stesse forze estremistiche. Queste sono in realtà piccole minoranze divise, geograficamente circoscritte, coscienti del fatto (ne danno testimonianza i loro caotici dibattiti e i loro duri scontri interni, mentre lo ammettono apertamente i loro giornali) che la «prospettiva insurrezionale » è fallita, e che la loro azione non ha alcuno sbocco politico. L'estremismo armato e violento può disseminare vastissime paure e fare molti danni, ma non ha domani: può soltanto preparare esiti totalitari. Gli estremisti, che terrorizzano grandi masse di Italiani, sono nel fondo, essi stessi, terrorizzati e insicuri. Basterebbe una minima dose di fermezza e di durezza democratica, per far rispettare la legge, per tenere aperte le scuole e l'università, per stroncare sul nascere le manifestazioni violente, e le piccole schiere di disperati sarebbero presto ricondotte a più civili comportamenti.