Andreotti ottimista gli altri un po' meno di Luca Giurato

Andreotti ottimista gli altri un po' meno Cominciata la difficile trattativa sul programma Andreotti ottimista gli altri un po' meno Buon avvio sull'economia - Le parti sono distanti invece sul problema dell'ordine pubblico, in particolare sul sindacato di polizia - Oggi vi saranno altre due riunioni Roma, 20 febbraio. Da Palazzo Chigi, dove Andreotti ha cominciato oggi gli incontri con gli esperti dei sei partiti sul programma, giungono segnali contraddittori, a volte cautamente ottimisti, a volte quasi sfiduciati. Il più ottimista di tutti, almeno ufficialmente, continua a essere il presidente incaricato. Venerdì scorso, fu l'unico a definire « molto positivo » il vertice. Oggi, vede dipinti quasi in rosa non solo i rapporti con i partiti, ma anche quelli con i sindacati. Per i partiti, Andreotti ha detto in una intervista a L'Espresso che « le posizioni, che erano molto distanti, si sono riavvicinate ». Per i sindacati, ha precisato che « una intesa non dovrebbe essere difficile. Si tratta di immaginare un meccanismo efficace dì collaborazione ». Noi non sappiamo quale «meccanismo » stia immaginando il presidente del Consiglio. Naturalmente, ci auguriamo che sia tra i più efficaci. Sappiamo, perché viene detto e ripetuto in continuazione, che, almeno per ora, i sindacati sono scontenti, che respingono la bozza di programma, che accusano il governo di « chiedere troppo » cori le sue ipotesi di austerità. Vi sono, però, ancora buoni margini d'intesa e vedremo nei prossimi giorni come Andreotti saprà sfruttarli. Anche i partiti sono scontenti. Ma in modo meno netto dei sindacati. Lo si è capito sia dagli incontri di oggi, sia da quanto sta avvenendo in altri « palazzi del potere », e in particolare a piazza del Gesù, dove Moro ha iniziato la « riflessione » che potrebbe portarlo, se Andreotti riuscirà a mettere insieme un buon programma, a una nuova, piccola apertura al pei. Lo si comprende anche da una constatazione fondamentale: al di là delle polemiche spesso aspre, nessuno dei sei vuole rompere; tutti, anzi, stanno dando prova di molta buona volontà e comprensione verso esigenze diverse, che spesso portano quasi naturalmente più allo scontro che all'incontro. « Tutti contribuiscono lealmente a cercare soluzioni adeguate », ha dichiarato, non a caso, Giulio Andreotti. « Vi sono difficoltà, vi sono divergenze, ma treni'anni di storia non si cancellano con un colpo di spugna », ci ha detto stasera Gerardo Chiaromonte prima di entrare a palazzo Chigi. Che impressione avete? La de e Andreotti, secondo voi, procedono uniti in questa nuova, decisiva fase della crisi? «Questo è il punto più interessante da capire. Comunque, presto lo vedremo », ha risposto il numero due delle « Botteghe Oscure ». Il « confronto » ha mosso i primi passi stamane, avventurandosi, con molta prudenza, sul terreno impervio dell'economia. Con Andreotti, c'erano le delegazioni dei sei partiti al completo (vicesegretari ed esperti), tranne quella liberale, bloccata da un ritardo di aerei. Alla fine, Napolitano (poi) ha subito precisato che «non sono state discusse misure di carattere fiscale ». Ciò non vuol dire che tali misure non occuperanno una parte di rilievo nel nuovo programma. « Si tratta di vedere se la composizione sia della entrata che della spesa è attendibile — ha detto Giorgio La Malfa — se valga la pena di raccogliere nuove entrate per tremila miliardi con la manovra fiscale oppure procedere ad un ulteriore taglio della spesa pubblica ». « Noi — ha precisato l'esponente repubblicano — propendiamo per la seconda tesi. Se vogliamo liberare risorse per il Mezzogiorno e per gli investimenti, bisogna tagliare più coraggiosamente sulle spese correnti già previste». Signorile (psi) è apparso il più soddisfatto: «Il fatto che sia venuto per la prima volta alla luce tutto il deficit sommerso del nostro paese, è estremamente importante ». Di economia si parlerà ancora domani, nella speranza di « stringere » su alcuni punti molto concreti entro la settimana. Niente di « sommerso » nel problema che è stato al centro dell'incontro vespertino tra Andreotti e le delegazioni, nelle quali è cambiata solo qualche faccia di esperti: l'ordine pubblico. E' naturale, per non dire scontato, che si parli anche di riforma di polizia, del sindacato delle forze dell'ordine. Temi che scottano, tanto che poco prima dell'appuntamento di Palazzo Chigi c'è stata una dura polemica a distanza tra esperti de, psi e pei. I democristiani Segni, Zolla e Felici hanno proposto di discutere la riforma ma « di accantonare, per due anni, il problema della smilitarizzazione e del sindacato ». Il socialista Accame si è detto nettamente contrario. Ancor più dura la dichiarazione di Pecchioli (pei): «La de aveva accettato il principio della smilitarizzazione nella trattativa del luglio scorso. Ora, in modo francamente stupefacente. Segni, Zolla e Felici affermano che deve in sostanza, rimanere corpo militare. Quest'idea noi la respingiamo, come respingiamo la smilitarizzazione parziale ». Si è andati avanti nella notte, sin verso le 23, parlando anche di referendum e di mo¬ difiche alla legge Reale. L'atmosfera è stata tesa, ma Andreotti ha già affermato che « dopo Caporetto ci fu Vittorio Veneto ». Gli altri protagonisti hanno fatto osservazioni completamente slegate da bollettini sia di vittoria che di sconfitta. Hanno insistito quasi all'unanimità sul « carattere interlocutorio» della riunione. Hanno fatto capire in modo molto chiaro che le questioni più delicate, dal sindacato di polizia alla legge Reale, sono ancora completamente aperte e, per chiuderle, ci vorrà tempo e una notevole dose di buona volontà. Domani, si continua con l'economia; mercoledì si riprende con i temi giuridicoistituzionali. Anche la de insiste sulla « politica delle cose ». L'on. Piccoli ha detto che l'intesa sul programma può sciogliere il nodo politico. Una dichiarazione sottolineata da « l'Unità », che proprio stamane, con Bufalini, mostra « comprensione per le difficoltà della de, per il travaglio serio, importante, di questo partito ». Si osserva anche che tanta comprensione non può tuttavia comportare tempi che entrino in contraddizione con le urgenze della crisi del Paese. Ma alle « urgenze », quando Moro chiede e ottiene tempo per riflettere, nessuno crede più. Luca Giurato

Luoghi citati: Caporetto, Roma, Vittorio Veneto