In Brasile hanno fermato la storia di Igor Man

In Brasile hanno fermato la storia VIAGGIO NELL'AMERICA LATINA TRA LA PAURA E LA FAME In Brasile hanno fermato la storia I militari non riescono ad aiutare il Paese a uscire dai suoi conflitti - Brasilia, capitale della speranza e del futuro, si è trasformata in una città dove gli uomini vivono mortificati - Com'è nata questa metropoli, voluta da Kubitschek, presidente visionario (Dal nostro inviato speciale) Brasilia, febbraio. L'equazione Brasile = Rio de Janeiro — che ha resistito tanti anni grazie al turismo e a Hollywood — va cambiata. Oggi il Brasile è Brasilia, la solitaria capitale piantata nel Planalto, mille chilometri a Nord-Ovest di Rio. Quando il Brasile era un Paese libero, ancorché deliziosamente confusionario, la prima equazione reggeva anche se, in realtà, il vero Brasile bisognava andare a cercarlo nell'interno, nelle foreste sterminate, nei latifondi senza confini, nella «Siberia tropicale», nell'immenso vuoto umano dell'universo amazonico. Dal primo aprile del 1964, data del golpe, il Paese della tolleranza e dell'anarchia cordiale, trasuda «sangue e miseria» sotto la ferula dei militari. C'è chi vuole — e sono i più, in Brasile come nel resto del mondo —, che questo «continente nel continente» non differisse poi tanto, prima del 19S4, da quello odierno. La sua struttura di base, ieri come oggi, è sempre stata paternalistica, autoritaria. A tutti i livelli le relazioni umane erano di tutela e dipendenza: il fazendeiro con i suoi contadini, il padrone coi suoi operai, il boss politico con la sua clientela, la classe militare con la classe politica. La democrazia non esisteva praticamente perché la metà della popolazione — analfabeta — era privata del diritto di voto. E la famosa tolleranza era una vernice fasulla, scrive Charles Vanhecke. «Una governante che aveva rubato in casa del padrone veniva torturata dalla polizia come lo sono, oggi, sia pure con strumenti più sofisticati, i "sovversivi"». Tuttavia il Brasile aveva almeno il diritto di vivere i suoi conflitti; di «cercarsi», di esplorare le trasformazioni possibili. Sono arrivati i militari «e han messo la storia tra parentesi». E Brasilia, concepita dall'urbanista Lucio Costa e dall'architetto Oscar Nieme- yer — due poeti del cemento armato — come una cittadella ideale a misura d'uomo, è, oggi, la materializzazione allucinante di questa «parentesi» inesorabile aperta dai generali «anticomunisti». Paradossalmente quella che, secondo Malraux, doveva essere la «capitale della speranza e del futuro», si è trasformata in una sorta di città staliniana dove l'uomo vive mortificato dagli angoli retti e dalle superquadras, inchiodato a un presente che reprime ogni speranza nel domani. «Questa città è nata dal gesto di chi fissa un luogo dove porre un'opera da possedere: due linee che si incrociano ad angolo retto: vale a dire il segno della Croce», proclamava Lucio Costa e Oscar Niemeyer gli faceva eco enfaticamente: «In questo luogo agreste e solitario, una città sorge in pieno deserto come un fiore, come un messaggio permanente di | grazia e di poesia; una città che sotto il sole veste l'abito I nuziale». Una città nuova i per un «uomo nuovo», non j più condizionato dalla mollezza del Tropico, dal bagno ! turco di Rio, dalla dispera', zione del sertao arido. «Lucio & Oscar» sognavano una città che propiziasse la coeI sistema sociale, dove ogni j cittadino avrebbe potuto go| dere la sua parte di spazio ! collettivo e realizzare se j 1 stesso come homo faber, | nel segno della creatività, I della efficienza. «Sognavano di cambiare la vita cambiando la città». I La storia di Brasilia meri! ta d'esser raccontata. A vo] lerla fu il presidente-visionario Juscelino Kubitschek, ma già la prima Costituzione della Repubblica, nel 1891, prevedeva una capitale nell'interno per allontanare dalla costa, contaminata dagli stranieri, il «cuore della Patria». Brasilia fu costruita a tempo di record, dal 1957 al j angoscioso 1960, portando mattoni e acciaio per via aerea. Ma quando Kubitschek lascia il potere, Janio Quadros taglia i fondi alla società creata dal suo predecessore per la costruzione della nuova capitale definita «un fiasco da un miliardo di dollari». Joao Gulart, il presidente chiamato Jango, concede qualche credito ma non si installa a Brasilia, «città inumana». Con l'avvento dei militari al potere, il destino della nuova capitale sembra segnato: si scatena una campagna di stampa, i giornali scrivono che la città di Kubitschek «sarà la più bella rovina del ventesimo secolo». Ma dopo varie ricognizioni, il generale-presidente Castelo Branco decide di stanziare i fondi necessari al completamento della città. I militari giudicano infatti Brasilia la capitale ideale perché possiede il più alto «indice di sicurezza» del Paese. Due uscite sicure rappresentate da altrettante autostrade, un aeroporto, nessuna possibilità per il «nemico» di imboscarsi. La sua pianta consente un traffico ininterrotto grazie a sottovie, raccordi e quadrifogli facili da controllare. «A Rio, disse Castelo Branco, io lavoro ma trovo anche modo di riposarmi; a Brasilia non faccio che lavorare ». E da Brasilia, così lontana dalla realtà viva del Paese, i centomila tragici problemi del Brasile — dalla fame alla mortalità infantile —, è possibile considerarli con distacco, riducendoli a impersonali «pratiche» d'ufficio. Affinché gli uomini divenissero «amici e tutti eguali», Niemeyer aveva disegnato case collettive invece che singole: «Io voglio una città d'uomini felici, di uomini che sentano la vita in tutta la sua pienezza e in tutta la sua fragilità, di uomini che comprendano il valore delle cose pure...». Ma gli appartamenti delle superquadras di lusso lungo il violone che dall'aeroporto conduce al centro della città furono catturati dai parlamentari, dagli alti funzionari, dai loro protetti. Per tutti gli altri, l'anonimo squallore dei quartieri Nord, non lontani dalle favelas, le baraccopoli sorte anche qui a smentire il sogno egualitario di «Lucio & Oscar». Certo, vista poniamo da Rio, «Stige dell'affollamento, della degradazione e della morte precoce», Brasilia appare come il trionfo della razionalità, l'ideale geometrico della perfezione urbanistica. Il quartiere dei ministeri, il quartiere degli alberghi, il quartiere delle banche. Zone-dormitorio e zone-divertimento, zone commerciali e zone sportive. Ogni cosa e ciascuno al suo posto. Brasilia sembra uscita da un fumetto di Flash Gordon, dall'album dello scenografo futurista Virgilio Marchi. E' una Karnak moderna, dove però gli uomini non si vedono mai. Stanno chiusi nel palazzo del congresso, due alti blocchi gemelli a forma di H, sormontati da due cupole, una rivolta verso il cielo, l'altra verso la terra, a simbolizzare il sole sorgente, il sole calante. Stanno chiusi nei grattacieli di vetro dei ministeri, o nella cattedrale costruita nel sottosuolo come una catacomba bianca: quel che se ne vede in superficie è un'enorme corona di spine. Tutti gli edifici, e le innumerevoli status appaiono come dolmen «in un vuoto che s'allarga ai confini del cielo». E' una città perfetta ma non una città umana. Non si può vivere solo di spazio, l'uomo ha bisogno di conflitti, l'uomo ha bisogno di strade dove poter camminare a piedi. E invece a Brasilia non esiste il passeggio, si va in macchina da un punto all'altro della città o in autobus. E non c'è nulla di più della visione di immensi parcheggi di automobili e bus immobili sotto il sole nelle lunghe ore d'ufficio, vegliati da statue che sembrano robot. In realtà Brasilia non è una città futurista ma una città rubata all'utopia e trasformata dai militari in fortezza. E' soprattutto un simbolo, scrive Charles Vanhecke; il simbolo dello Stato padrone, «diventato, per volontà dei militari, un Essere supremo, inaccessibile agli intrighi regionali, ai clamori sociali». Eppure, dopo anni di bonaccia, anzi di torpore, è proprio a Brasilia che scocca la prima scintilla della contestazione. La città simbolo del potere assoluto e sicuro diventa la fucina del grande scontento popolare. Nell'aprile del 1977 il presidente Geisel, in forza del famigerato Atto Istituzionale n. 5 (AI5J, chiude il Parlamento per due settimane. E' successo che l'unico partito d'opposizione tollerato (l'M. D.B., movimento democratico brasiliano) si è schierato compatto contro il partito governativo (l'Arena), facendo cadere il progetto di riforma giudiziaria presentato dal governo. Il capo dello Stato va oltre: modifica il sistema di elezione dei governatori e di due terzi dei senatori, rendendo così impossibile la scontata vittoria dell'M.D.B. alle elezioni del 5 novembre 1978. Il cosiddetto pacote de abril provoca la reazione degli studenti. Occupano l'università di BrasiI lia, inalberano e scandiscono slogans senza precedenti: «assemblea costituente»; «ritorno allo Stato di diritto»; «democrazia»; «regime civi¬ le»; «libere elezioni»; «ritorno dei soldati nelle caserme»; «amnistia». L'agitazione degli universitari di Brasilia guadagna rapidamente tutto l'immenso Paese. Dovunque si susseguono meetings di giuristi e di cittadini contro gli arbitri del sinistro «squadrone della morte». Incitati dal coraggioso cardinale Arns, i sacerdoti e i giovani invocano il rispetto dei diritti umani. I ricercatori del Cebrap (centro brasiliano di pianificazione) pubblicano un rapporto sulla povertà di San Paulo (è diventato un bestseller ). Migliaia di scienziati criticano la polìtica economica del governo, il celebrato «modello brasiliano di sviluppo». Anche gli operai, in letargo dal 1968, sì muovono. Accusano, prove alla mano, il governo di aver manipolato gli indici del costo della vita al fine di contenere il rialzo dei salari. Non senza sgomento il «Palazzo» scopre che, ai margini dei sindacati di osservanza governativa, resistono gruppi marxisti sopravvissuti alle ricorrenti grandi purghe. Scopre soprattutto come la parola d'ordine lanciata dall'Ut. D.B., «assemblea costituente», abbia guadagnato praticamente tutto il Brasile. «E' un venticello provocatorio», dicono i militari duri che invocano la repressione. «Potrebbe diventare una tempesta», ribatte Geisel e, abilmente, anziché scatenare 10 «squadrone della morte», vara il «dialogo». Petronio Portello, presidente del Senato, viene incaricato di prender contatto con le «forze vive» della nazione. Infine, in novembre, il presidente Geisel annuncia al Paese che il «dialogo» consentirà di studiare i metodi per «perfezionare» la «democrazia relativa» in cui vive oggi 11 Brasile. Igor Man Brasilia. Uno dei tradizionali mercatini della domenica in vista dell'immensa cattedrale in cemento di Niemeyer p