Lavorano quando vuole il padrone

Lavorano quando vuole il padrone IL METODO FRANCESE PER UN'ECONOMIA "GARANTITA,, Lavorano quando vuole il padrone Centinaia di migliaia di francesi sono "a disposizione" degl'imprenditori - Tutti sembrano soddisfatti del sistema: l'industriale ha meno guai col personale, i lavoratori guadagnano bene e hanno più tempo libero - Le esitazioni del sindacato (Dal nostro inviato speciale) Parigi, febbraio. L'azienda dà lavoro ad alcune migliaia di persone in tutta la Francia. Ma sede e uffici sono tutti raccolti in due stanzette intercomunicanti al terzo piano di un vecchio edificio dalle parti di place de la République. Alcune ragazze per rispondere ai telefoni o al telex, un impiegato, una vecchia signorina per le fatture e il direttore, che sulla scrivania ha soltanto uno schedario. Squilla il telefono, una delle ragazze prende qualche appunto, risponde «provvediamo in giornata», e saluta. Gli appunti passano subito al direttore, non c'è burocrazia. Il direttore scorre il foglio, dà un'occhiata allo schedario, segna un numero, passa a sua volta il foglio all'impiegato, il quale consulta un registro, scrìve qualcosa, ripassa il foglio alla ragazza, che chiama al telefono un certo monsieur Mallet. Risponde la moglie, alla quale viene lasciato un messaggio: «Le fonderie Z. cercano per tre settimane un tornitore. M. Mallet deve presentarsi domattina alle 7. Avverta subito se ha difficoltà». La moglie assicura che non ci saranno difficoltà. Il foglio, con nuovi appunti, finisce sul tavolo dell'anziana signorina, che fra tre settimane spedirà una fattura alle fonderie Z. per il lavoro del signor Mallet, il totale sarà integrato dalle percentuali che spettano all'organizzazione. La pratica è virtualmente chiusa. Centinaia di migliaia di persone, ogni giorno, lavorano o aspettano un lavoro come il signor Mallet. Decine e decine di organizzazioni si occupano di trovar loro un impiego facendo fronte alle richieste sempre più fitte di aziende che hanno bisogno di personale per sostituire qualche dipendente in malattia, per far fronte a un momento di lavoro straordina- I rio, per eseguire attività li | mitate nel tempo. E' la grande catena degli «intérimaires», degli interinali: uno dei fenomeni piii curiosi e significativi del mondo francese del lavoro oggi. Ha cominciato qualcu- no offrendo per qualche ora \ o per qualche giorno una segretaria a chi ne era rimasto momentaneamente _ senza: nelle imprese non sempre è facile e comodo sostituire l'impiegata che resta a casa per un raffreddore o per maternità: può essere comodo far appello a qualcuno dall'esterno, che viene fa il suo lavoro, e se ne va senza pretendere assunzione o altro. Anche se costa qualche franco di più. Dalle segretarie alle com- ! ; ! | i messe, alle impiegate di concetto: pareva che il fenomeno dovesse restare quasi esclusivamente femminile, giacché a molte donne faceva comodo avere un'occupa- \ zione saltuaria, senza impe- gno regolare, con giornate o ! anche settimane libere per ; pensare alla casa, al marito, ! ai propri affari. Ma il si| stema stava provocando una i domanda sempre maggiore. Oggi fra gli «intérimaires» sì può trovare di tutto: dall'esperto in soft-ware al giardiniere per le potature di marzo. Uomini e donne, centinaia di migliaia di persone (la cifra esatta forse nessuno la conosce) raggruppate attorno a centinaia di agen- zie, pronte a lavorare da poche ore ad alcuni mesi, a Parigi o in qualsiasi posto della Francia, o all'estero. Da qualche tempo a questa parte — accusano alcuni industriali francesi — si verificano addirittura casi di «dumping» del lavoro: in certe regioni si registra improvvisamente carenza di manodopera in una certa specializzazione, e ci si rende conto che l'unico modo per far fronte a certi tipi di lavoro è ricorrere agli «intérimaires», disponibili e abili. In molte aziende si verificano dimissioni a catena di certi specialisti, e l'impresa per sostituirli, dopo aver fatto vanamente appello al mercato tradizionale del lavoro, deve ricorrere agli interinali, per spesso accorgersi di ritrovarsi di fronte i suoi vecchi dipendenti che hanno scelto questo nuovo modo di lavorare: quando e se fa comodo all'azienda, certamente; ma anche quando e se fa comodo al lavoratore. Il bilancio economico si chiude in attivo per le due parti: l'azienda spende certamente più di un salario normale, ma non ha problemi eccessivi di contabilità, paga soltanto per il lavoro fatto, non registra assenteismo, e finito l'impegno chiude il conto senza strascichi o personale semi inutilizzato a carico. Il lavoratore non lavora forse lutti i giorni di tutte le settimane del mese, ma guadagna altrettanto se non di più — perché le tariffe di un interinale sono alte e sfuggono alle regole dei contratti — e quando vuole può godersi giornate di vacanza. Inoltre, senza vincoli fissi per la stessa azienda, cambia sede di lavoro, a volte cambia città e regione, sfuggendo alla monotonia, conoscendo gente nuova. Nulla gli impedisce, quando trova un'azienda che gli offre un buon salario e il lavoro che preferisce, di abbandonare la catena degli «intérimaires» e di tornare a un impiego stabile e regolare. Gli industriali paiono soddisfatti di questo sistema, che — pur non avendo ancora le dimensioni di un fenomeno tale da modificare la struttura della società — si sta rapidamente diffondendo. I lavoratori interinali sostengono di essere soddisfatti anche loro. E i sindacati? Abbiamo avuto risposte vaghe o imbarazzate: il sindacato vede il pericolo del sistema, lo paragona in certi casi addirittura al «lavoro nero», accusandolo di favorire le speculazioni imprenditoriali e di non offrire sufficienti tutele per il lavoratore. Ma apertamente non lo combatte, rendendosi conto che molti iscritti preferiscono questo sistema a quello classico. Se sono vere le accuse fatte da certi imprenditori, alcuni sindacati starebbero addirittura sfruttando essi stessi questo metodo interinale per introdurre nelle aziende meno sindacalizzate dei loro iscritti, al fine di sommuovere le acque di quella grossa fetta di industria francese che pare tetragona alle rivendicazioni e al progresso del mondo del lavoro. Soltanto il 17 per cento dei lavoratori francesi sono iscritti a un sindacato; è la più bassa percentuale di sindacalizzazione in Europa. Un'indagine effettuata ai primi di gennaio 1978 dalla Sofres per il settimanale Le Pèleren, sostiene che su mille persone interrogate, addirittura 570 si sono dichiarate favorevoli a una riduzione dei tempi di lavoro anche con diminuzione del salario, e ciò per potersi occupare meglio della casa, degli affetti, dei figli, per potersi ri¬ posare, per partecipare ad attività culturali e associative. Il 43 % dei francesi, stando alla stessa indagine, è favorevole al «tempo parziale» di lavoro (che in Francia è previsto dalla legge, va da 20 a 34 ore la settimana, e occupa un milione e mezzo di lavoratori soprattutto nel settore pubblico e nazionalizzato). Il lavoro interinale è ancora qualcosa al di là del tempo parziale, dei contratti a termine, dell'orario ridotto. Cercando di uscire dalla polemica immediata, ho chiesto ad alcuni rappresentanti del mondo del lavoro se si può immaginare il lavoro parziale o quello interinale come un sistema efficace per risolvere i problemi attuali dell'occupazione e dell'economia nel mondo occidentale. Lucien Bedos, professore di sociologia, sostiene che il lavoro interinale «può risolvere molti problemi, anche se non tutti. In ogni caso è nell'organizzazione attuale uno strumento complementare, ma indispensabile, per riequilibrare tensioni e conflitti nel mondo del lavoro». Jean Lapierre, imprenditore tessile a Lille, è senz'altro del parere che il lavoro interinale sia l'unico modo per «evitare la crisi di personale o la crisi delle aziende in certi settori industriali: il costo e più ancora i vincoli del lavoro sono tali che si deve altrimenti inventare un qualche marchingegno che non ci riduca tutti al fallimento o alla disoccupazione». La signora Hélène Misoffe, segretario di Stato del governo Barre per la politica della famiglia, ha detto a un settimanale che la formula del lavoro parziale «può interessare non soltanto le donne, ma anche gli studenti, i lavoratori prossimi alla pensione e i minorati fisici». Un sindacalista della Cgt infine, dopo essersi fatto promettere che non avremmo citato il suo nome, ammette che nel sistema del tempo parziale soprattutto, ma anche nel sistema interinale, ci possono essere elementi positivi e da sviluppare in avvenire, ma — aggiunge — «è prima indispensabile che venga assicurata una conveniente istruzione ai giovani, che siano potenziati i sistemi di preparazione al lavoro, che ci siano soprattutto garanzie, anche economiche, per far pronte ai periodi di crisi». C'è addirittura qualche futurista che immagina aziende senza dipendenti che attingono, secondo le esigenze del momento, alle riserve di lavoratori pagati dallo Stato, che a sua volta farà pagare gli utilizzatori di questa manodopera. E' senza dubbio un'idea per garantire un reddito a tutti. Ma è anche una garanzia per il lavoro? Sandro Doglio (JèÈÈàiihùt- *"» »»•!• •tifili ✓w:.r Uri WÉÉSSt^HUr' IL I \ ■ ■ M St. Amand-les-Eaux. Il direttore Alain Deloeil e una parte degli operai hanno investito l'indennità di licenziamento e i loro risparmi per acquistare la fabbrica nella quale lavoravano e che era stata chiusa (Foto di Grazia Neri)

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